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Pechino vuole un Islam di stato

Antonio
Albanese, AGC News, 12 marzo 2018

I
musulmani cinesi devono guardarsi dalla radicalizzazione; devono fare attenzione
anche alle moschee che copiano stili stranieri, e devono sforzarsi di praticare
la loro fede in modo più cinese.

La Cina
ospita circa 20 milioni di musulmani uiguri, molti dei quali vivono nella parte
occidentale del paese dello Xinjiang, e parlano la lingua turca del popolo Hui.
Nonostante
la Cina garantisca ufficialmente la libertà di religione, negli ultimi anni ha
inasprito i controlli in aree fortemente musulmane, per i rischi elevati di
radicalizzazione e violenza religiosa.
Parlando
al parlamento cinese, Yang Faming, capo dell’Associazione islamica cinese
vicina al governo, ha detto che l’Islam ha avuto una lunga e gloriosa storia
nel paese, riporta Reuters.
Ma Yang
ha lanciato l’allarme sulla serie di problemi oramai evidenti e iniziati negli ultimi
anni che non potevano essere trascurati, riporta Xinhua.
Nel discorso
di Yang si fanno chiari riferimenti ad influenze straniere
, in
diversi settori: «Ad esempio, lo stile di costruzione di alcune moschee imita
ciecamente i modelli stranieri. In alcune aree il concetto di halal è diventato
comune, e la religione interferisce nella vita secolare (…) Alcune persone
attribuiscono grande importanza alle regole religiose e molto meno al diritto
nazionale, sapendo solo cosa significa essere credente e non cosa comporti
essere cittadino. Dobbiamo certamente rimanere vigili», ha aggiunto Yang.
«L’Islam
in Cina deve affrontare l’esperienza positiva di diventare sempre più cinese,
essere guidato dai valori socialisti fondamentali e opporsi alla
radicalizzazione»; ha poi aggiunto che pratiche religiose, cultura e
architettura degli edifici religiosi deve essere cinese nella natura e nello
stile.
La Cina
ha accusato i militanti islamici di una serie di attacchi perpetrati negli
ultimi anni nello Xinjiang, che si trova ai confini dell’Asia centrale e del
Pakistan. I gruppi di difesa dei diritti umani affermano che i disordini sono
più una reazione ai controlli cinesi sui diritti religiosi e culturali degli
uiguri che vi abitano che altro, ma Pechino nega le accuse di repressione nello
Xinjiang.
L’immagine
della Cina tra le comunità musulmane di tutto il mondo è importante per
Pechino, in quanto aiuta a spingere l’iniziativa del Presidente Xi Jinping
della “Belt and Road” per investire miliardi di dollari nella costruzione di
infrastrutture che collegano Asia, Europa e Africa.