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Macedonia: Il parlamento approva, l’albanese è lingua ufficiale del paese

Riccardo
Celeghini, East Journal, 20 marzo 2018

Lo scorso
14 marzo il parlamento della Macedonia ha approvato la nuova legge sull’uso
delle lingue.

Il testo,
figlio dell’intesa tra il primo ministro Zoran Zaev e i partiti rappresentanti
della comunità albanese, parte della coalizione di governo, eleva di fatto l’albanese
a lingua ufficiale del paese, insieme al macedone. Nonostante il rifiuto del
presidente della repubblica Gjeorge Ivanov di firmare la legge apra una crisi
istituzionale tra governo e presidenza, gli albanesi possono esultare per il
raggiungimento di un obiettivo a lungo inseguito, che punta a migliorare le relazioni
tra le comunità all’interno del paese.
Il
contenuto della legge
L’approvazione
della legge era ormai attesa da tempo, essendo parte dell’accordo di coalizione
tra i socialdemocratici di Zaev e i partiti della comunità albanese entrati
nella compagine di governo. La legge, difatti, rappresenta un passo avanti
consistente per quanto riguarda i diritti linguistici della comunità albanese,
che costituisce, secondo il censimento del 2002, il 25% della popolazione della
Macedonia. Alla lingua albanese erano state già garantite ampie tutele a
seguito degli accordi di
Ohrid
del 2001, ma la messa in atto aveva mostrato diverse lacune.
Con il testo
appena approvato, insieme al macedone, anche alla lingua parlata da almeno il
20% della popolazione (dunque, l’albanese) viene riconosciuto lo status di lingua
ufficiale del paese. Prima di questa legge, tale status era valido solo nelle
municipalità dove vivono gli albanesi, ma non a livello nazionale. La
principale conseguenza di questo riconoscimento è l’obbligo per tutte le
istituzioni statali di rapportarsi con i cittadini di etnia albanese nella loro
lingua. Tale obbligo si riflette anche in parlamento, aprendo alla possibilità
per i deputati di esprimersi in albanese. Un ispettorato sull’uso delle lingue
si occuperà inoltre di monitorare l’applicazione della legge.
L’opposizione
del presidente
La legge
sull’uso delle lingue era stata già approvata dal parlamento a gennaio, ma era
stata bloccata dal presidente della repubblica, proveniente dal partito
conservatore oggi all’opposizione VMRO-DPMNE. Il secondo voto, quello di metà
marzo, toglie però al presidente il potere di veto. L’annuncio
di Ivanov di non voler comunque firmare la legge, dunque, viola
la Costituzione e apre un ulteriore fronte di scontro con il governo a guida
socialdemocratica, in carica
da giugno 2017.
Le
motivazioni presentate da Ivanov, secondo il quale la legge mina l’unità del
paese favorendo una sola comunità, sono piuttosto deboli, e nascondono l’ultimo
tentativo del partito che ha governato il paese nell’ultimo decennio di ostacolare
l’esecutivo Zaev, come dimostrato dal tentativo
dei deputati della VMRO, guidati dall’ex premier Nikola Gruevski, di togliere
il microfono al presidente del parlamento per fermare il voto dell’aula. La
stessa VMRO si è attivata per mobilitare i propri supporter in una serie di manifestazioni
di piazza, nella speranza di mettere in difficoltà il governo.
Le
prospettive future
Se il
premier Zaev sarà in grado di respingere la forte reazione dell’opposizione e
di superare lo scoglio dello scontro istituzionale con il presidente della
repubblica, l’approvazione della legge può segnare un ulteriore rafforzamento
dell’esecutivo, dato che consolida l’asse tra i socialdemocratici e i partiti
della comunità albanese. Non a caso, lo stesso Zaev ha annunciato un rimpasto
di governo nelle prossime settimane.
Il
momento, d’altronde, è particolarmente delicato: la Macedonia è nel pieno dei negoziati con la
Grecia per risolvere la ormai ventennale questione del nome. Se dopo aver
migliorato i rapporti con la componente albanese della popolazione, il governo
Zaev risolvesse la disputa con Atene, aprendo la strada verso l’adesione alla
Nato e all’Unione europea, la Macedonia potrebbe davvero lasciarsi alle spalle
i fantasmi del passato e guardare al futuro con ottimismo.