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In Etiopia la povertà si combatte affidando alle donne capofamiglia delle capre

Renato
Paone, Huffpost, 05 Febbraio 2018

Un
progetto di microcredito “al femminile” per sostenere i villaggi
etiopi guidati da donne

 
Cisp

L’Etiopia
è uno dei paesi più poveri del Continente africano: su oltre 100 milioni di
persone, il 30% della
popolazione vive in condizioni di estrema povertà
, e i suoi abitanti
devono affrontare quotidianamente diversi problemi, come carenza di cibo, un
alto tasso di mortalità infantile e analfabetismo. Ed è in questo contesto che
si è sviluppato un particolare sistema di “microcredito al femminile”
per sostenere le famiglie dei vari villaggi sparsi nel paese che si basa
interamente sulla distribuzione di capre, un animale che rappresenta una vera e
propria fonte di ricchezza, oltre che di sostentamento.
Il
progetto è stato ideato dal Comitato
Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp)
, una ong attiva in
Etiopia dal 1986. Un progetto che sta riscuotendo un notevole successo,
soprattutto per la sua peculiarità, ossia di essere indirizzato esclusivamente
alle donne capovillaggio: “Ci rivolgiamo alle donne per una questione di
equità”, ha spiegato il presidente del Cisp, Paolo Dieci. “Spesso, in
Etiopia, queste non hanno titoli di proprietà – ha sottolineato – quindi
difficilmente potrebbero accedere al credito perché non hanno garanzie
patrimoniali da produrre nei confronti delle banche. Così facendo forniamo loro
strumenti di auto sostentamento e al tempo stesso facciamo sì che le donne
diventino soggetti economici attivi, tramite gruppi di risparmio che vengono
attivati grazie a queste attività”.
 
Cisp
Un
approccio che ha dato i suoi frutti: “In queste zone – ha raccontato il
presidente del Cisp – ci sono dei gruppi che son stati costituiti anche 10 anni
fa, e che ancora resistono. Attività che adesso sono gestite dalle figlie di
quelle donne con cui ebbe inizio il progetto ma che oggi sono anziane e quindi
non riescono più a seguirlo”. Questi gruppi sono nati in villaggi molto
poveri in cui il ruolo di capovillaggio è rivestito dalle donne:
“Normalmente in Etiopia, così come nel resto dell’Africa, il capofamiglia
è un uomo. Dove il capofamiglia è una donna è perché il marito non c’è: o
perché è andato via, o è morto o hanno divorziato”.
 
Cisp
Un
progetto che ha avuto quindi il merito di valorizzare la funzione delle
associazioni femminili etiopi, considerate non solo come beneficiarie finali
dell’intervento, ma anche come elementi portanti dello stesso. Queste, infatti,
svolgono diversi compiti all’interno della comunità, appoggiate dalle autorità
locali: prima di tutto selezionano le donne capofamiglia alle quali concedere i
prestiti; poi procedono alla sensibilizzazione e alla formazione delle donne
allo schema del fondo rotativo; infine, hanno il ruolo di collegamento tra le
donne beneficiarie e l’istituzione micro finanziaria legalmente riconosciuta.
 
AFP/Getty
Images
Nel corso
degli anni, si è proceduto alla distribuzione, in ogni distretto, di 200 capre
ad altrettante donne capofamiglia, secondo uno schema sostenibile e attraverso
l’attivazione di un fondo rotativo. Oggi, complessivamente, sono circa cinque
mila le capre distribuite nei vari villaggi. Oltre a creare i gruppi,
orientarli, dotare le donne delle capre, la ong ha anche provveduto alla
formazione di personale paraveterinario: all’interno di ogni gruppo di donne,
due o tre vengono formate come paraveterinarie e a queste spetta la
responsabilità di gestire i farmaci e gli equipaggiamenti di base necessari
alla cura del bestiame, che in un secondo momento si auto alimenteranno grazie
alle entrate del gruppo. Ogni donna contribuisce alle spese veterinarie del
gruppo in modo uguale, indipendentemente dalle cure richieste da ognuna di
esse.
 
AFP/Getty
Images
Il fondo
rotativo, poi, viene attivato tramite la restituzione in denaro del valore
delle capre ricevute, che ammonta a circa 300-400 birr (15-20 euro). Le
restituzioni avvengono su base annuale e le somme sono raccolte da
un’istituzione micro finanziaria legalmente riconosciuta dalla regione
interessata, che le destina a estendere questi prestiti in natura ad altri
beneficiari. In pratica, le donne beneficiarie ricevono le capre per poi
restituire, nell’arco di un anno e senza interessi, alle organizzazioni di
credito locali le somme finanziarie equivalenti. Questo per consentire al fondo
– di cui le donne stesse sono membri – di auto alimentarsi e replicare così
l’intervento.
“Così
facendo – ha concluso il presidente Dieci – questi diventano dei gruppi
ufficiali di risparmio, e i risparmi servono a sostenere a rotazione ognuna
delle capofamiglia del gruppo sulla base delle proprie necessità. Queste
risorse rimangono così a disposizione dello stesso gruppo di donne, normalmente
formato da cinque fino a dieci persone”. “Il sistema funziona, ha un
forte livello di sostenibilità e ha favorito l’adattamento economico di queste
persone in contesti estremamente poveri”.