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Firenze, l’interrogatorio shock delle due studentesse americane che hanno accusato di stupro due carabinieri

Corriere della sera 14/02/2018
“Lei indossava gli slip?”. Questa è una delle domande degli avvocati della difesa a cui hanno dovuto rispondere le due studentesse americane che hanno accusato due carabinieri di averle stuprate a Firenze.

Dodici ore di interrogatorio in cui non si risparmia nulla alle ragazze. E che dà un ritratto di un paese, sottolinea il giudice, rimasto indietro di 50 anni. Il contenuto dell’interrogatorio è riportato da un articolo del Corriere della sera.

Avvocato Cristina Menichetti (difensore del carabiniere Marco Camuffo): «Prima di arrivare al rapporto sessuale non si era scambiata nessuna effusione con Camuffo, effusioni consensuali e reciproche?». Avvocato: «Durante questo rapporto il carabiniere l’ha mai minacciata, ad esempio urlando o con le mani?».
Risposta: «Nessuna minaccia esplicita però mi sentivo minacciata dal fatto che lui porta un’arma».
Avvocato: «Quindi ha usato la forza per sottometterla?».
Giudice: «Cosa intende per forza avvocato?».
Avvocato: «Se ha dovuto forzarla, esercitare una certa pressione, se è un gesto violento con una certa vis impressa nel gesto». Domanda non ammessa.
Avvocato: «Non ha lottato fisicamente? Volevo sapere se Camuffo ha esercitato violenza…». (A questo punto il legale scende nei particolari della presunta violenza sessuale, ndr).
Giudice: «Che brutta domanda avvocato. Sono domande che si possono e si devono evitare nei limiti del possibile, perché c’è un accanimento che non è terapeutico in questo caso… Non bisogna mai andare oltre certi limiti. È l’inutilità a mettere in difficoltà le persone, non si può ledere il diritto delle persone».
Avvocato: «Lei trova affascinanti, sexy gli uomini che indossano una divisa?». 


Giudice: «Inammissibile, le abitudini personali, gli orientamenti sessuali non possono essere oggetto di deposizione».

Avvocato: «Lei indossava solo i pantaloni quella sera? Aveva la biancheria intima?». Domanda non ammessa.
Avvocato Giorgio Carta (difensore del carabiniere Pietro Costa): «In casa avevate bevande alcoliche? Lei ha bevuto dopo che i carabinieri sono andati via?». (L’avvocato cita nuovamente in modo esplicito la presunta violenza sessuale, ndr).
Giudice: «Non l’ammetto, non torno indietro di 50 anni».
L’avvocato poi si informa sulle visite mediche di una ragazza:
Avvocato: «La ragazza si è sottoposta a una visita ginecologica sulle malattie virali. Possiamo sapere l’esito di questa visita?».
Giudice: «Sta scherzando avvocato? Questo attiene alla sfera intima non è ammesso questo genere di domande. Ripeto: non torno indietro di 50 anni, non lo consento a nessuno».
Avvocato: «Si può sapere se ha una cura in corso?».
Giudice: «No».
Avvocato: «È la prima volta che è stata violentata in vita sua?». Domanda non ammessa.
L’avvocato continua poi sulla vita personale di una delle due ragazze
Avvocato: «È stata arrestata dalla polizia negli Stati Uniti? Ha precedenti penali?».
Giudice: «Domanda non ammessa. Non si può screditare un teste sul piano della reputazione, lo si può fare sul contenuto delle dichiarazioni. Se un teste non è una persona sincera lo dobbiamo rilevare dal contenuto delle dichiarazioni».
Avvocato: «A che titolo risiede negli Stati Uniti? (la ragazza è di origine peruviana, ndr). Era preoccupata per il suo titolo di permanenza negli Usa?». Domanda non ammessa.
Avvocato: «Ha mai visitato un negozio di divise a Firenze?».
Giudice: «Ma che ci interessa! Non è rilevante!».
Avvocato: «Ha mai fotografato il volantino di questo negozio?».
Giudice: «Non è rilevante».
Avvocato: «Il carabiniere si è accorto che lei era ubriaca?».
Giudice: «Non va bene avvocato, stiamo chiedendo a una persona ubriaca, affermazione senza offesa visto che l’ha detto lei, se avesse la capacità di rendersi conto del suo interlocutore».
Avvocato: «Il carabiniere ha insistito per avere contatti con lei? Ha insistito silenziosamente, con gesti e parole, perché uno insiste a un no…».
Giudice: «Ha manifestato questo non gradimento con comportamenti espliciti?».
Ragazza: «No, non avevo forza nel mio corpo».
Giudice: «E con questa risposta non accetto più domande così invadenti».
Avvocato: «Perché dobbiamo privarci di scoprire la verità, la ragazza muore dalla voglia di dire la verità, sentiamola se è salita a piedi…».
Giudice: «Che ironia fuori luogo, ora sta andando oltre il consentito. C’è una persona che secondo l’accusa ha subito una violazione così sgradevole e lei fa dell’ironia? Io credo che non sia la sede».
Avvocato: «Cosa diceva esattamente la sua amica quando urlava? Erano urla di parole o semplicemente urla di dolore?».
Giudice: «No, fermiamoci qui, il sadismo non è consentito».