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Diritti umani non solo in campagna elettorale, ma un impegno morale e civile

Andrea Maestri 02/02/2018 
Ilaria Cucchi, giustamente, pone su HuffPost la questione delle battaglie sui diritti da condurre in campagna elettorale e, soprattutto, nel prossimo Parlamento.

Una preoccupazione legittima, perché scaturita anche dalla mancata ricandidatura di figure come Luigi Manconi; decisione su cui esprimo rammarico ma senza entrare nel merito: la questione riguarda un altro partito.

Ma c’è un punto che voglio evidenziare, non per vanità bensì per necessità: come deputato uscente di Possibile e come candidato di Liberi e Uguali, ho fissato in cima alle priorità il tema dei diritti. A testimonianza del presidio, continuo e ferreo, su questo tema c’è l’attività parlamentare, condotta spesso lontana dai riflettori dei media, in solitaria, con i compagni di Possibile. A volte più in solitudine che in solitaria. Perché ne sono consapevole: l’impegno quotidiano è fatto di studio costante, anche quando la luce mediatica è rivolta altrove.
Ricordo, per esempio, la denuncia dell’accordo Italia-milizie libiche. Lo abbiamo fatto con insistenza: è tutto consultabile negli atti parlamentari. E lo abbiamo fatto quando il ministro dell’Interno, Marco Minniti, veniva portato in trionfo dalla stampa per “aver ridotto gli sbarchi”, omettendo la conseguenza di quell’intesa: violenze e torture sui migranti. La distruzione totale dei più basilari diritti umani.
Tuttavia, l’obiettivo non è la rivendicazione di quel che è stato fatto, ma l’impegno di quel che bisogna fare. Penso allo Ius soli, alle politiche per l’ambiente, alla tutela dei diritti umani, in Italia – per evitare casi Cucchi, Aldrovandi, Budroni, Magherini, Uva – e nel mondo, per scongiurare nuovi “accordi libici”.
Non lo scrivo perché c’è il clima di campagna elettorale: lo ribadisco perché i diritti sono un impegno morale. Per questo la politica, almeno non tutta, non è disposta a rinunciare a certe battaglie.