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Combattere il Gender pay gap si può, anche in Italia

Titti Di Salvo 09/02/2018
Fanno scalpore in questi giorni le cause che le donne inglesi stanno portando avanti contro le aziende per cui lavorano, denunciando di essere pagate meno degli uomini a parità di mansione.

Dopo la legge Islandese che prevede l’obbligo di un’equa retribuzione fra uomini e donne, anche in Inghilterra riemerge con forza il problema del Gender pay gap.
E in Italia?
Forse non tutti sanno che in Italia la parità salariale è garantita per legge. Il decreto legislativo 198/06, il così detto “codice delle pari opportunità” vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sul sesso rispetto non solo alla retribuzione ma anche all’accesso al lavoro, alla carriera, alle condizioni lavorative.
Questo è però tristemente il classico caso in cui le leggi non bastano: la disparità salariale fra uomini e donne è un fenomeno complesso, che si annida in dinamiche difficili da contrastare con una sola legge e che riguardano prima di tutto le responsabilità genitoriali, ancora tutte sulle spalle delle donne.
La differenza di retribuzione infatti emerge con l’arrivo dei figli, quando le donne per esempio usufruiscono dei congedi di maternità e parentali, magari escono dal lavoro e fanno fatica a trovarne un altro o quando prendono periodi di aspettativa o permessi per prendersi cura di genitori anziani.
Queste differenze nel percorso lavorativo fra donne e uomini vengono fotografate dalle pensioni delle donne, che sono più basse proprio perché rispecchiano vite lavorative più frammentate e difficili.
Dunque cosa possiamo fare per combattere il Gender pay gap?
Agire su questi fattori, come abbiamo fatto per esempio nella legislatura appena conclusa decretando che i periodi di maternità non contassero come assenza, e che quindi le donne non fossero escluse dai premi di produttività aziendale.
Lo si fa anche redistribuendo le responsabilità genitoriali fra uomini e donne: se non sono solo le donne a doversi far carico di bambini e anziani, con congedi e aspettative, ma anche gli uomini, le discriminazioni nei loro confronti diminuiscono. Ecco perché sono stati aumentati a 5 i giorni di congedo riservati ai papà e la proposta è arrivare almeno a 10 giorni di congedo obbligatorio nella prossima legislatura.