General

L’israelofobia è la forma moderna di antisemitismo

Guido Castelli 26/01/2018
Non è possibile sottrarsi al lugubre peso che la Shoah ha caricato sulla storia umana.

La Giornata della Memoria è un atto etico e civile che ci impone di non dimenticare. Non è solo un rito, seppur doveroso, è una riflessione essenziale sull’antisemitismo di ieri e di oggi.

Sono tante le forme in cui oggi ritroviamo le manifestazioni dell’odio razziale, che ha trovato nel popolo ebreo la vittima preferita del carnefice della storia. Tante manifestazioni, all’interno delle quali tuttavia registriamo frequentemente l’omissione di una tematica tanto importante quanto obliterata, rimossa, esclusa dalla meditazione della Giornata. Mi riferisco a quella diffusa “israelofobia” che, pur dilagante nel mondo attuale, viene troppo colpevolmente taciuta. Un’israelofobia che è oggi una delle manifestazioni più odiose dell’antisemitismo contemporaneo.
L’odio perpetrato e diffuso contro lo Stato di Israele, contro le sue istituzioni e i suoi rappresentanti è una delle forme in cui si incarna oggi, nel 2018, il virus dell’odio contro gli ebrei. Un virus che in Europa trova ancora il suo ideale brodo di coltura. Come più di settant’anni fa. Un virus inoculato e riacceso oggi da quell’islamismo radicale che tanto “rispetto” ottiene dai tanti “intellos” occidentali (europei e non solo) che assistono inermi davanti al processo di terrorismo nichilista che sventola la bandiera che invoca all’Islam.
Un Islam radicale e radicalizzato, ma che nella sola Francia ha prodotto 250 vittime negli ultimi cinque anni. Quell’Islam radicale e radicalizzato che sta alimentando una nuova diaspora ebraica, se è vero che il 40% dei 500mila ebrei che abitano in Francia, sta progettando di trasferirsi in Israele, poiché le condizioni di vita nel grande paese culla dell’illuminismo non sono più abbastanza sicure: ci sono 800 sinagoghe sotto protezione.
Il virus dell’antisemitismo non è debellato, e oggi produce un odio crescente nei confronti dello Stato di Israele e degli ebrei integrati nelle nostre comunità nazionali. Gli ebrei sono i primi destinatari, oggi, non solo negli anni 30 e 40 del secolo scorso, dell’odio islamico radicale contro l’Occidente e gli occidentali.
Per superare l’incredibile balbettio di tanti intellettuali dei nostri paesi, per andare oltre i tentennamenti che finiscono per considerare legittimo scagliarsi contro lo Stato d’Israele, contro chi lo governa in base a un democratico mandato elettorale, occorre favorire l’incontro, il confronto, il dialogo, la frequentazione della cultura e dei riti.
Anche quest’anno nella mia città, Ascoli – e spero che accada in altrettante città del nostro bel paese – indosserò la kippah, parteciperò a iniziative culturali, musicali, artistiche che si ispirano all’ebraismo, alla storia di Israele, alla nascita e alla costituzione dello Stato di Israele, come elemento costitutivo di ogni piano di lotta contro l’odio antisemita. Fare memoria della tragedia di ieri impone di non sottovalutare i gravi rischi che corriamo oggi.