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Dietro a ogni emergenza c’è un bambino. Non si può aspettare che la guerra finisca, 50 milioni di bambini hanno bisogno ora di aiuto

Andrea Iacomini 31/01/2018
Oggi nel mondo un bambino su quattro vive in un posto molto pericoloso, colpito da una catastrofe o da un disastro naturale.

Nel 2017 l’impatto della crisi umanitaria sui bambini ha raggiunto proporzioni catastrofiche: 50 milioni vivono sradicati dalle proprie case a causa di violenza, povertà o calamità e patiscono la fame, si ammalano, vivono separati dai propri cari. Parliamo di bambini che vivono in paesi quali la Siria, la Repubblica Democratica del Congo, l’Iraq, la Nigeria, il Sud Sudan e lo Yemen dove il lungo perdurare dei conflitti ha reso le condizioni di vita terribili, al limite della sopravvivenza; parliamo di Cuba, Haithi e le altre isole caraibiche colpite dagli uragani, così come del Bangladesh, dove la violenza crescente nello stato del Rakhine, nel Myanmar, ha portato più di 655.000 rifugiati Rohingya ad attraversare il confine e accamparsi in rifugi di fortuna.

Giorno dopo giorno l’Unicef lavora affinché i bambini che vivono in condizioni così drammatiche, insieme con le loro famiglie, possano ricevere tutto il supporto di cui hanno bisogno per sopravvivere.
Dietro a ognuna di queste emergenze, oltre ogni statistica e dietro ogni straziante storia di violenza c’è un bambino. Un bambino che, a prescindere da dove sia nato, dove siano i suoi genitori, se sia o meno un rifugiato, ha tutto il diritto di essere tutelato, di crescere e di andare a scuola. Per tradurre queste parole in azioni concrete, l’Unicef ha lanciato il Rapporto sull’intervento umanitario 2018 (Humanitarian Action Report) con un appello di 3,6 miliardi di dollari utili per garantire nel 2018 assistenza umanitaria a 48 milioni di bambini in 51 Stati attraversati da gravi crisi umanitarie (conflitti, disastri naturali, epidemie o emergenze di altra natura).
Ovunque si verifichi un conflitto o un disastro i servizi di assistenza di base sono tra i primi a interrompersi e i bambini sono i primi a pagarne le conseguenze perché molto più esposti a malattie legate all’uso di acqua non sicura, alla mancanza di servizi igienico sanitari, di cibo adeguato.
Circa l’84% (3,015 miliardi di dollari) dei fondi richiesti per il 2018 nell’appello umanitario serviranno per i paesi colpiti da conflitti armati. Il resto dei fondi saranno investiti per garantire accesso ad acqua sicura a 35,7 milioni di persone; raggiungere 8,9 milioni di bambini con istruzione di base formale e informale; vaccinare 10 milioni di bambini contro il morbillo; garantire supporto psicosociale ad oltre 3,9 milioni di bambini; curare 4,2 milioni di bambini colpiti da malnutrizione acuta grave.
Tutto questo servirà a salvare delle vite, servirà a proteggere un bambino.