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Deportati da Ventimiglia al Sudan: Italia a processo per violazione dei diritti umani

Il secolo XIX 11 gennaio 2018
Roma – Il 24 agosto 2016, 48 migranti sudanesi furono prelevati a Ventimiglia per essere rimpatriati nel loro paese d’origine in base agli accordi tra le polizie dei due Paesi, firmato nel 2014.

Alcuni di loro furono detenuti in una caserma ligure, altri portati a Taranto e quindi rimpatriati dall’aeroporto di Torino Caselle. Un gruppetto, però, al momento di salire sull’aereo riuscì a fuggire, chiedendo poi – e ottenendo – la protezione internazionale. Proprio per questo, quando 5 dei rimpatriati furono rintracciati in Sudan dall’Asgi (l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e dall’Arci, gli avvocati pensarono subito a un ricorso alla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo. Ricorso che la Corte ha ammesso, ragion per cui l’Italia dovrà comparire per rispondere del suo operato.

Lo ha reso noto l’Arci.
Contro quell’intervento presero posizione tra gli altri il vescovo di Ventimiglia Suetta e la Caritas.
La Corte Europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (CEDU) ha comunicato formalmente i ricorsi al Governo italiano, spiega l’Arci, ed ha posto dei precisi quesiti per conoscere le modalità dell’espulsione e se siano stati rispettati i diritti e le garanzie previste dalla Convenzione europea.
«I cittadini sudanesi- sostiene l’Arci – furono oggetto di una vera e propria «retata» a Ventimiglia, alcuni furono trasportati in condizioni disumane e poi rinchiusi illegittimamente nell’ hotspot di Taranto. Quindi vi fu il tentativo di rimpatriarli tutti. Alcuni furono effettivamente riportati in Sudan e 5 di loro incontrarono rappresentanti di ASGI(Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) ed ARCI che, tra il 19 ed il 22 dicembre 2016, si recarono a Khartoum grazie al supporto di una delegazione di parlamentari europei del gruppo della Sinistra europea».
«Tutti coloro che non furono rimpatriati – prosegue l’Arci – hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in Italia, in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano. I ricorsi hanno denunciato la violazione di diverse norme della Convenzione EDU e della Convenzione di Ginevra. Il Governo italiano, entro il 30 marzo 2018, dovrà fornire una risposta al proprio operato dinanzi alla Corte europea per i diritti dell’uomo.
«L’azione giudiziaria costituisce una tra le iniziative intraprese – rende noto l’Arci – per contrastare i processi di esternalizzazione delle frontiere e del diritto di asilo attuati dal Governo italiano, che nel corso dell’ultimo anno si sono concretizzati anche nei nuovi accordi con la Libia e più recentemente col Niger, dove l’Italia invierà militari e armamenti. Un ricorso è stato presentato dall’Asgi anche contro l’uso dei fondi della cooperazione allo sviluppo per finanziare il rafforzamento della guardia costiera libica».