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Alternanza scuola-lavoro: studenti denunciano abusi

Gaetano De Monte 15 gennaio 2018
Studenti costretti a pagare di tasca propria per partecipare ai percorsi previsti. Gravi incidenti e assenza dei tutor aziendali stabiliti per legge.

Alunni presi a costo zero per sostituire i dipendenti. L’alternanza scuola-lavoro è anche questo. Lo denuncia un’inchiesta del sindacato degli studenti.
Andrea (il nome è di fantasia, ma la sua storia è vera) ha 17 anni ed è iscritto al quarto anno di un istituto tecnico industriale che ha sede in provincia di Taranto. Entro la fine del prossimo biennio scolastico, Andrea dovrà impiegare 400 ore del suo tempo per potersi “formare” gratuitamente (anche in alcuni giorni compresi nelle vacanze estive) all’interno dell’Ilva, la grande fabbrica italiana che ancora oggi è al centro di una complicata partita politico-economico-giudiziaria, dopo il sequestro dell’area a caldo dello stabilimento disposto dai magistrati tarantini il 26 Luglio 2012 perché «provoca malattie e morte, anche tra i bambini», come si leggeva nel decreto di sequestro.
Andrea ci dovrà andare a lavorare obbligatoriamente. Perché così prevede l’Alternanza scuola lavoro, uno dei capisaldi all’interno della riforma più recente dell’istruzione, definita dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, «la buona scuola».


Alternanza scuola-lavoro: cosa prevede la legge 107
«Il progetto di Alternanza scuola-lavoro è una esperienza formativa che unisce sapere e saper fare, che orienta le aspirazioni dei giovani e apre la didattica al mondo esterno», riferiscono dal ministero dell’Istruzione (Miur).
Nel dettaglio, la legge 107/2015 – nei commi che vanno dal 33 al 43 dell’articolo 1 – ha sistematizzato l’alternanza scuola lavoro nel secondo ciclo di istruzione, prevedendo percorsi obbligatori di alternanza nel secondo biennio e nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado. Con una differente durata complessiva in base agli ordinamenti: almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali, almeno 200 ore nei licei, da inserire nel piano triennale dell’offerta formativa.


Diritti, non piegati: le storie del sindacato degli studenti
Al di là delle buone intenzioni ministeriali, comunque, storie come quelle di Andrea non sono isolate. Anzi. La sua vicenda è soltanto una tra le migliaia raccolte dal sindacato degli studenti (Uds) attraverso un’inchiesta condotta su tutto il territorio nazionale, “Diritti non piegati”, che ha preso in esame un campione di 15.000 studenti tra licei e istituti tecnici e professionali, per valutare, appunto, la qualità dei percorsi di alternanza.
Si è scoperto, così, ad esempio, che Marco, iscritto al quarto anno di un liceo classico di Avellino, dovrà pagare di tasca sua il trasporto per sostenere il progetto di alternanza scuola lavoro a Napoli, all’Università Federico II.
E non è andata meglio a un’alunna di un istituto alberghiero di Milano. Sara, infatti, la scorsa estate è andata a lavorare in uno stabilimento balneare della Sardegna. Inizialmente pensava in un percorso di formazione, poi ha capito che era stata invece chiamata per sostituire un dipendente appena licenziato.


Anche Alice la scorsa estate ha trasportato lettini e ombrelloni sotto il sole per sei ore di fila, ma lei è stata più “fortunata” perché è stata impegnata in un centro estivo vicino casa, a Parma, nella stessa città in cui frequenta il liceo artistico.

Incidenti sul lavoro e mancanza di tutor aziendali
È stato ancor più fortunato che non ci ha lasciato le “penne” uno studente di Faenza che il 21 dicembre scorso è precipitato da un cestello collegato a una gru insieme a un “collega”, un operaio di 45 anni che è morto in seguito all’incidente.
Appena due mesi prima, a ottobre, uno studente di 17 anni dell’Istituto professionale “Capellini-Sauro” di La Spezia si era fratturato una tibia guidando un muletto mentre svolgeva le ore obbligatorie dell’alternanza scuola-lavoro. Questa vicenda era venuta fuori grazie alla denuncia del sindacato autonomo Usb, che in una nota stampa aveva dichiarato: «L’alternanza scuola lavoro è un vero e proprio lavoro, non pagato. Perché, nel caso specifico, lo studente minorenne era alla guida di un mezzo che richiede un patentino».
«Dov’era il tutor aziendale che dovrebbe seguire lo studente nella formazione al lavoro e garantirne allo stesso tempo la sua sicurezza?», si sono chiesti all’Usb.


Quattro studenti su dieci costretti a pagare per lavorare
«I dati che abbiamo raccolto sulla qualità dei percorsi attivati, attraverso l’inchiesta “Diritti, non piegati”, indagine in continuo aggiornamento e che qualche tempo fa abbiamo anche presentato in una conferenza stampa alla Camera dei deputati, mostrano chiaramente che l’alternanza è stato un flop».
Dice Giulia Biazzo, responsabile nazionale proprio per l’alternanza scuola//lavoro dell’Uds, l’Unione degli Studenti: «Su un campione di oltre 15 mila studenti intervistati, il 38% ha dichiarato di aver addirittura pagato, senza che sia stato previsto nessun tipo di rimborso (biglietti autobus, treni, buoni pasto) per partecipare ai percorsi di alternanza».
E ancora, «l’87% degli studenti avrebbe voluto scegliere (e non essere obbligato a farlo) il tipo di percorso da attivare, dunque, almeno l’azienda dove andare a lavorare, gratis. Si tratta di sfruttamento», prosegue Biazzo.


Diritti dei minori tra registro pubblico e codice etico
Dice ancora Biazzo: «Per impedire ulteriori lesioni dei diritti di minori, come purtroppo alcuni episodi di cronaca, anche recenti, hanno rilevato, abbiamo chiesto al ministero dell’Istruzione di elaborare un codice etico che vincoli le aziende che partecipano ai programmi di alternanza».

Foto d’archivio – Fonte: Pixabay

Il ministero aveva elaborato un registro pubblico dove era possibile consultare i nomi delle imprese che avevano aderito ai percorsi di alternanza scuola-lavoro. Tra queste, ci sono pezzi di Stato come Enel, Eni e la Banca d’Italia. Ma anche Unicredit, multinazionali come McDonald’s, sindacati come la Uil e organizzazioni datoriali come Confindustria e Coldiretti.
L’istituzione del registro, tuttavia, non è bastato ad arginare alcuni casi che sono stati definiti di vero e proprio sfruttamento, e di cui alcune imprese, grandi e piccole, che si sono rese in qualche modo “protagoniste”. Così, di fronte alle proteste degli studenti, agli scioperi e alle denunce dei sindacati studenteschi, il Miur (ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca) è dovuto correre ai ripari.


Gli Stati Generali dell’alternanza scuola-lavoro
Il 16 dicembre scorso si sono tenuti nella sede del ministero di viale Trastevere gli Stati Generali dell’alternanza scuola-lavoro, nel corso dei quali la ministra Valeria Fedeli ha annunciato che «presto sul portale dell’Istruzione comparirà un bottone rosso. Agli studenti basterà premerlo su una piattaforma digitale per denunciare i casi di abusi e sfruttamento di cui ritengono di essere vittime».