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Antifascista, femminista e visionario: Mario Mariani era l’ennesimo scrittore scomodo

Aldo Ricci 22.12.2017
Mario Mariani (Solarlo 1884, San Paulo do Brasil 1951) novelliere, pornografo & flaneur, nonché giornalista e romanziere sociologico quando in Italia la sociologia era off limits – ci sarebbe voluta la rivolta sessantottina nella Libera Università di Trento, per imporre obtorto collo all’accademia italiota l’ingresso ufficiale della sociologia nell’Università italiana – Mariani antifascista come pochi e quindi costretto a riparare prima in Francia e poi in America Latina, uno dei troppi scrittori italiani a esser stato dimenticato & rimosso tout court, come si ricava dal saggio che Andrea Pellegrino, curatore assieme a Michele Rossi dell’aretina e agguerrita Helicon edizioni, ha presentato al Museo Novecento di Fi/renzi.

Nella postfazione de La Cinematografia di Geova, così Pellegrino sintetizza il genio dell’eclettico Mariani: “Leopardiano midollare, discepolo libresco di Mirabeau, cultura di Machiavelli, di Hegel e di Auerbach, marxista sui generis e nicciano nel dna, giornalista germanofono, scrittore impenitente, sociologo paranoico, novelliere immoralista e soprattutto filosofo cinico, Mariani sarebbe stato per molti suoi coevi soltanto un sovversivo pornografo di quart’ordine nonché antifascista senza rimedio durante le matteottiane epoche più letali, dopo un decennio di consensi – scrittore da 30/60mila copie a botta – venne costretto a fuggire in Francia e poi per sempre in Brasile”.
Pochissimo si seppe allora di questo visionario in anticipo di cinquant’anni sui tempi, e ancora meno sappiamo oggi di questo genio italico scomparso senza lasciar traccia, nonostante sia stato precursore del femminismo antelitteram: “E’ sempre la donna che fa quello che vuole e fa fare quello che vuole” (…) perché una donna sa nella cuna quello che un uomo non sa ancora presso la bara”.
“Voi uomini fate schifo – dichiara la protagonista de Le Adolescenti – Sapete cosa siete vuoi uomini? Siete dei cani. Il cagnolino si ferma ad annusare i gerani, sente odore di piscio, sente odore di femmina, forse. E allora alza una delle zampe posteriori. Poi se ne va. In fretta, senza voltarsi indietro. Anche voialtri fate così. E ve ne andate senza voltarvi indietro. Io ho saputo questo insulto una volta. Ma non mi lascerò insultare mai più. Io ho voglia d’amore. Tanta voglia. Ma m’amo da me. Mi raccolgo i seni nelle piccole mani, me li porto alla bocca, sugo le fragole della mia gioventù. Vado a baciarmi, nuda, nello specchio. Mi tormento le notti, sola, in un delizioso tormento. Per voglia di voi ma senza di voi”.
“Da epoche non sospette, che molti di noi fantasticano più oneste delle presenti e ignare di violenze domestiche – annota Pellegrini – Mariani ci insegna che gli Italiani erano capacissimi già allora di umiliare una donna pur di possederla per una notte o di torturarla per trattenerla a ogni costo. Se lei non amava più, perseguitarla e minacciarla di morte erano condotte normali anche allora, e tale era – sempre secondo Mariani – la morale sessuale del maschio in Italia”.
C’è poi il Mariani visionario secondo il quale il conseguimento della felicità, era mero problema tecnico di produzione e, per risolverlo, bisognava dare la ricchezza e l’ozio a tutti: lavorare poco e guadagnare molto sarebbe stata la soluzione – solo le bestie e le macchine avrebbero dovuto lavorare visto & considerato che non l’umanità ma soltanto alla tecnica, la téchne greca, progredita attraverso i millenni, sarebbe spettato il compito di salvarci: “Bisogna che, premendo un solo bottone, elettrico, miliardi di motoaratrici, di telai meccanici, e miliardi di argani e di gru, di ingranaggi, di locomotive e di piroscafi e di aeroplani, si mettano in moto e producano la ricchezza del mondo” – prevedeva Mariani – perché la felicità del genere umano non sarebbe potuta venire da nessuna teoria politica o sociale, neppure da quella marxista, della quale solo “macerie e relitti” sopravvivevano nel leninismo dittatoriale, ma esclusivamente dalle macchine. Chi ha letto l’Emanuele Severino de Il tramonto della politica, non potrà che confermare le previsioni di Mariani a proposito degli attuali processi di robotizzazione in atto.
Quanto al Mariani disimpegnato basta riportare la sua considerazione sugli strampalati & sinistri fascisti – “sempre in sei o sette contro uno” – neanche duemila facinorosi “armati di randello hanno sottomesso una nazione di quaranta milioni di uomini”, codardi sottoposti all’autorità di un autoproclamato duce: “Benito Mussolini è l’uomo più nefasto che abbia avuto l’Italia da quando è sorta la nazione, “un depravatore [che] ha capovolto e travolto tutti quei valori morali senza i quali una gente deve dissolversi e sparire”; e il Fascismo “ la più grande vergogna d’Italia, dell’Europa, del ventesimo secolo”.
Perché mai un personaggio della caratura di Mariani sia stato completamente dimenticato, dipende dal fatto che non era né cattolico, né fascista né tanto meno comunista, come ammette Marino Biondi, docente di Letteratura presso l’Università di Firenze: “Mario Mariani, uno dei rari, rarissimi antifascisti italiani, è stato marginalizzato innanzitutto perché era solo, dove l’esser soli è il peccato mortale nei ristretti ambiti della letteratura italiana, legata alla dissimulazione e dotata della forza dell’esclusione visto e considerato che, se in Italia non si conquista una posizione canonica non si è nessuno e si finisce nel dimenticatoio: da noi si possono commettere delitti, ma non delitti di gusto perché siamo formalisti”. Amen.