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Social media per influenzare l’opinione pubblica in Turchia

Carmine America
“#LetsLeaveNATO”, come sono stati usati i social media per influenzare l’opinione pubblica in Turchia. Il diciassette novembre scorso un incidente diplomatico passato quasi inosservato a livello internazionale è stato l’espediente per innescare una vera e propria operazione di propaganda in Turchia, finalizzata ad attaccare la NATO e a diffondere un sentimento di odio e ostilità verso l’Alleanza Atlantica.

L’incidente in questione è stato riportato dal sito del Guardian: nel corso di una esercitazione NATO in Norvegia, per un mero errore organizzativo il premier turco Recep Tayyip Erdoğan, ed il “padre della patria” Mustafa Kemal Atatürk, fondatore e primo presidente della Turchia moderna, sarebbero stati inseriti in una lista di nemici contro cui indirizzare la simulazione militare.
Nell’operazione erano impegnati quaranta soldati turchi che si sarebbero ritirati su ordine del governo a causa dell’offesa subita. A poche ore dall’accaduto sono arrivate le scuse ufficiali del segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, che ha anche fornito tutti i dettagli relativi all’errore e chiarito la situazione.
Come segnalato dai media nazionali, uno dei consiglieri più vicini al premier Erdoğan avrebbe sfruttato la situazione per affermare pubblicamente che la Turchia debba uscire dalla NATO, alludendo anche al coinvolgimento dell’alleanza atlantica nel fallito golpe del luglio 2016.
L’evento, inizialmente passato in silenzio, ha avuto nel giro di poche ore un’impressionante risonanza sui social media e, in particolare su Twitter, dove l’hashtag #NATOdanÇıkalım (in inglese #LetsLeaveNATO) è stato utilizzato per più di 50.000 volte, registrando un trend talmente anomalo da richiamare l’attenzione degli analisti e degli esperti di propaganda.
Il sito medium.com ha pubblicato un report approfondito su quanto successo e ha fornito una serie di dati utili per capire se vi siano state influenze esterne o tentativi di condizionamento dell’opinione turca per colpire la NATO e incrinare definitivamente un rapporto che già da tempo è sotto pressione.
#LetsLeaveNATO sarebbe divenuto trending topic nel giro di poche ore e in una sola giornata, il 17 novembre scorso. I dati a disposizione dimostrano che sono 25 gli utenti che hanno generato un traffico di 2.655 tweet con l’hashtag in questione.
Una frequenza di innesco così elevata è indicativa della presenza di “robot account”, ossia di account automatizzati dietro cui si nasconde una macchina o una bot. Una scansione del traffico ha infatti rivelato che tra i 25 utenti più attivi, almeno 12 sembrano essere account automatici o semi-automatici.
In totale, gli account automatici e semi-automatici avrebbero generato 1.113 tweet con l’hashtag #LetsLeaveNATO. Tra gli utenti più attivi il 17 novembre, almeno sei nasconderebbero delle bot:  @bilgimeclisi, @cemalsureya, @aziz_nesin, @can_yucel__baba, @attilailhan_pia, e @NfkFazil. Vi sarebbe, poi, evidenza del retweeting di video con contenuti anti-NATO all’interno di post totalmente privi di correlazione con gli argomenti rilanciati.
Ciò sta ad indicare che tutti gli account costituirebbero una piccola rete automatizzata appartenente allo stesso “bot herder“, che ha utilizzato degli hashtag popolari per promuovere il contenuto desiderato. Si tratta di una pratica comune e assai diffusa nel marketing digitale.
L’account più attivo non automatizzato ha, poi, rilanciato l’hashtag per 286 volte e ha anche inviato tweet di supporto alla campagna per il Turkey’s Patriotic Party, un partito minoritario che promuove posizioni pro Russia. Allo stesso modo, anche i restanti utenti non automatizzati avrebbero ripreso e diffuso tweet a sostegno del partito in questione.
Contestualmente anche il sito Sputnik News, finanziato dal Cremlino, avrebbe diffuso online notizie e articoli finalizzati ad attaccare l’Alleanza Atlantica e a promuovere il messaggio di uscita della Turchia dalla NATO. Il tutto è avvenuto in meno di ventiquattro ore e ha generato una vastissima eco sui media nazionali, al punto di divenire trending topic anche su notiziari e giornali.
L’episodio è un esempio pratico di come in alcune situazioni in rapido sviluppo i social media possano essere sfruttati da attori nazionali o stranieri a fini di propaganda e dimostra quanto dannose possano essere le ingerenze esterne per la democrazia e la sicurezza di una nazione.