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Le favelas: la vera piaga sociale del Brasile

13 Ottobre 2017

In queste baraccopoli abusive prosperano violenza e malesseri diffusi. E la piaga della povertà e della disoccupazione non si riesce ad arginare

In Brasile, come in molti Paesi del mondo, vi sono zone caratterizzate dal degrado urbano e dalla povertà. Ad esempio, nelle periferie della città di Rio de Janeiro sono sorte, alla fine del XIX secolo, degli agglomerati formati da casupole improvvisate. Il fenomeno, conosciuto in loco come ‘favelizzazione’, ha trasformato lo spazio urbano in un ambiente pericoloso e con scarse condizioni igieniche, dove vivono ammassate intere famiglie e le azioni criminali sono all’ordine del giorno.

Le favelas sono nate come necessità di trovare un alloggio di fortuna per tutte quelle persone che dalle campagne si trasferivano in città. Oggi, in queste baraccopoli abusive prosperano violenza e malesseri diffusi e la piaga della povertà e della disoccupazione non si riesce ad arginare.

Con il termine ‘favelas’ si indicano le baraccopoli brasiliane, che solitamente sono situate nelle periferie della città. Le abitazioni sono costruite con diversi materiali, da semplici mattoni a scarti recuperati dall’immondizia e, molto spesso, le coperture dei tetti sono di Eternit. Nei quartieri, dove sono presenti le favelas, il degrado, la criminalità diffusa e gravi problemi di igiene pubblica, dovuti alla mancanza di idonei sistemi di fognatura e di acqua potabile, abbondano.

La maggior parte degli abitanti di una favela, chiamati in senso dispregiativo ‘favelados’, è povera e vive con meno di 100 dollari al mese. Le favelas sono, spesso, considerate una vergogna per la popolazione brasiliana, ma possono essere viste come una conseguenza della distribuzione ineguale della ricchezza del Paese e come la mancanza di politiche a sostegno della popolazione più povera.

La maggior parte delle attuali favelas crebbe negli anni ’70, quando il boom dell’edilizia dei quartieri più ricchi spinse un gran numero di lavoratori ad una sorta di esodo dagli Stati più poveri del Brasile verso Rio de Janeiro in cerca di fortuna.

Secondo una ricerca del 2011, fatta dall’Istituto brasiliano di geografia e statistica (IBGE), oltre 11,4 milioni di cittadini brasiliani, ovvero circa il 6% della popolazione, vivono nelle favelas.

Le favelas più conosciute sono quelle attorno a Rio de Janeiro e mostrano, drammaticamente, il divario esistente fra ricchi e poveri, dato che alcune di esse sono posizionate proprio accanto agli edifici lussuosi e agli appartamenti della società d’élite di Rio.

Quali sono le favelas più famose? Rocinha è una delle 763 favelas di Rio de Janeiro e teatro di scontri fra le autorità locali e i narcotrafficanti. E’ la favela più grande del Brasile. Non si sa di preciso quante persone ci vivano, ma si stima che siano tra le 70 e le 200 mila dei sei milioni e mezzo di abitanti della città e si trova nella zona sud, ovvero nella parte più ricca di Rio de Janeiro.

La favela più vecchia è quella di Morro da Providência, nella quale si iniziò a costruire intorno al 1897. La sua origine è dovuta a due ragioni storiche: l’abolizione della schiavitù e il ritorno in città dei soldati che avevano combattuto la Guerra di Canudos, nella quale si scontrarono l’esercito brasiliano e gli abitanti della zona di Canudos, nello Stato di Bahia, che si rifiutavano di riconoscere l’autorità della neonata Repubblica Brasiliana.

Tutte queste persone si concentrarono a Rio: chi in cerca di lavoro, chi per ottenere una ricompensa dopo il servizio svolto. Tra questi ultimi, si formò la prima comunità. All’inizio del Novecento il Governo tentò più volte di rimuovere la favela, ma dopo una serie di scontri la situazione si stabilizzò e il Governo vi rinunciò.

La violenza e il narcotraffico arrivarono verso la fine degli anni ’70, quando terminò l’epoca dittatoriale, durante la quale la polizia e il Governo erano soliti definire i poveri e i disoccupati come la ‘classe pericolosa’.

Cidade de Deus è la baraccopoli più povera di Rio de Janeiro. Fu costruita negli anni ’60, affinché ospitasse non più di 20.000 persone. Oggi ce ne vivono 60.000. Più del 23% di queste vive al di sotto della soglia di povertà. Il potere è detenuto dalle bande criminali che spacciano droga e che, spesso, coinvolgono nelle loro attività anche bambini di soli 10 anni.

Come si può ben capire, le favelas sono delle autentiche città nella città, dove i suoi abitanti cercano di sopravvivere ogni giorno, visti i pericoli e la precarietà economica che sono costretti ad affrontare.

Per contrastare l’azione criminale dei narcotrafficanti, la proliferazione delle gang e limitare la corruzione, nel 2008, è stato avviato un programma di pacificazione dal Governo dello Stato di Rio de Janeiro guidato da Sergio Cabral. Questo prevede l’insediamento sul territorio di una polizia speciale, l’Upp (le Unidade de Polícia Pacificadora) che, invece di riportare la quiete nelle strade delle favelas, spesso è protagonista di conflitti a fuoco con gli abitanti delle zona e bande criminali.

Il programma ha vari obiettivi: la ripresa del controllo statale dei territori occupati dalle fazioni criminali, e di conseguenza la diminuzione della violenza all’interno delle favelas e del narcotraffico; poi l’avviamento di progetti sociali ed educativi e il miglioramento delle infrastrutture per portare energia elettrica e acqua nelle case.

Ma anche quelli che possono sembrare miglioramenti non hanno sempre avuto  conseguenze positive: l’arrivo dell’energia elettrica e dell’acqua corrente ha significato nuovi costi per le famiglie, ma non solo, le condizioni di salute sono pessime. Mancano le fognature e, nei pressi delle abitazioni, ci sono discariche a cielo aperto che, spesso, diventano la fonte principale per procacciarsi del cibo.

Dunque, vivere in una favela non è facile e il Governo dovrebbe attuare delle politiche mirate per arginare il fenomeno.