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Le due giornate di Barcellona

26 Ottobre 2017

Oggi inizia la due giorni che si potrebbe concludere con la dichiarazione unilaterale di indipendenza, con un Puigdemont che guarda all’alba della Repubblica dall’orlo del burrone della crisi di Governo e lo stivale di Madrid pronto a calare sul terreno

A Madrid, la Commissione del Senato spagnolo appositamente creata per lo studio del provvedimento proposto dal Governo per far fronte alla crisi della Catalogna voterà oggi il testo sull’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola che verrà messo ai voti domani, venerdì, in Aula, dove il Partido Popular (PP) del premier Mariano Rajoy gode della maggioranza assoluta. Sempre oggi, a Barcellona, il Parlament catalano, alle 17, si riunirà in una seduta plenaria che proseguirà anche domani, venerdì, per decidere come ‘rispondere‘ al Governo nazionale di  Madrid. In questa sede potrebbe essere proclamata unilateralmente l’indipendenza della ‘Repubblica catalana’. Successivamente potrebbero anche essere convocate nuove elezioni, che avrebbero un carattere costituente  -cioè volte a eleggere i padri costituenti della Repubblica catalana.

Il Presidente della Generalit catalana, Carles Puigdemont, ha fatto sapere ieri che non andrà a Madrid per esporre le sue ragioni in Senato, come invece era stato ufficialmente invitato fare, adducendo che tanto sarebbe tempo perso, visto che tanto Rajoy e il Senato, a suo dire, hanno già deciso, e nulla può far loro cambiare idea. Puigdemont ha invece riunito ieri sera un gruppo di rappresentanti delle diverse forze politiche che sostengono il suo Governo, membri del Governo, alcuni leader ‘storici‘ dell’indipendentismo catalano e rappresentanti del territorio per fare il punto della crisi e valutare il da farsi oggi, se dichiarare o meno l’indipendenza, e, nel caso, in quale forma. Riunione che è andata avanti fino alle 2 di questa mattina, in un clima di massima tensione, con lo scontro tra gli indipendentisti più radicali schierati per la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza, e gli altri per una soluzione che potrebbe ridurre la tensione quale quella dello scioglimento del Parlamento e l’indizione di elezioni  anticipate  -Madrid aveva sostenuto la soluzione delle elezioni anticipate proclamate da Puigdemont come elemento per bloccare l’applicazione dell’articolo 155. ‘La intención de Puigdemont de declarar la independencia pone al Govern al borde de la crisis‘, ha titolato al termine della riunione, il quotidiano ‘Lavanguardia‘. Una crisi di Governo che sarebbe determinata dalla minaccia di dimissioni gettata sul tavolo della discussione, dal Ministro della Cultura, Santi Vila, del Partit Demòcrata Europeu Català (PDECat), in caso di dichiarazione unilaterale. Vila, sotenitore delle elezioni anticipate quale soluzione per uscire dalla crisi istituzionale, uomo di mediazione per eccellenza che in queste settimane ha lavorato per convincere il sistrm delle imprese a non fuggire dalla Catalogna (sono già 1.500 quelle che se ne sono andate), al termine della riunione avrebbe congelato le dimissioni, decisione che comunque non archivia il rischio di crisi dell’Esecutivo. Altri Ministri lo potrebbero seguire: voci in tal senso, poi smentite dagli stessi interessati, riguardano il Ministro della Giustizia, Carles Mundó, e quello della Sanità, Toni Comín.

Il percorso dell’applicazione dell’articolo 155 al Senato sembra garantito dal fatto che il partito di Governo controlla la maggioranza, ma due fatti che risalgono alla giornata di ieri potrebbero disturbare i piani di Rajoy: un ricorso alla Corte costituzionale spagnola contro l’articolo 155, e una relazione commissionata dal Segretariato generale del Parlamento ai servizi legali della Camera che mette in dubbio la costituzionalità delle misure proposte dal Governo quali applicazione dell’articolo 155.
I gruppi al Senato dei partiti indipendentisti catalani Erc e il Pdecat, hanno presentato un ricorso alla Corte costituzionale spagnola per impedire vengano trasmesse al Senato le misure contro la Generalitat catalana, proposte dal Governo, previste dall’attivazione dell’articolo 155. Le motivazioni sono due. La prima riguarda una disparità di trattamento a carico dei senatori Erc e Pdecat, con la violazione dei loro diritti: si sostiene che nel trasmettere al Senato le richieste del Governo, si sarebbe dovuto sentire prima la Giunta dei portavoce, organo in cui è rappresentata la maggioranza dei gruppi, mentre sono stati sentiti solo tre di essi, ovvero Pp, Psoe e Pnv. La seconda motivazione riguarda il fatto che il pacchetto di misure presentate dal Governo, che comprende la sostituzione di funzionari eletti, non è conforme alla Costituzione. Tecnicismi funzionali, pare, solo a creare disturbo, da parte dei due partiti indipendentisti.
Il secondo fatto nuovo di ieri potenzialmente, invece, potrebbe creare maggiore disturbo. La relazione commissionata dal Segretariato generale del Parlamento redatta e licenziata da cinque avvocati sostiene che «il licenziamento del Presidente e del Governo della Generalitat lascia spazio a seri dubbi circa la sua idoneità all’ordine costituzionale e statutario in vigore», che «non può sospendere la configurazione dell’autogoverno» e che «con l’applicazione sul Parlamento» elimina le caratteristiche del sistema parlamentare in modo completamente inconciliabile con la Costituzione e lo Statuto delle autonomie. Il rapporto definisce anche come un «attacco contro lo Stato di diritto», «una violazione del principio di legalità e di gerarchia normativa». Tecnicismi anche questi, certo, ma che nulla hanno a che fare con la politica e la tattica politica, bensì attengono alla Costituzione e alla sua interpretazione -che tanto ha fatto dibattere in queste ultime settimane i giuristi spagnoli-, sono pronunciate da addetti ai lavori e non da politici, e sono espressi in un documento diretto ai legislatori. Infatti le forze indipendentiste ieri sera appena uscita la notizia hanno esultato.
A ciò si aggiungano le divergenze con il Psoe, i socialisti, infatti, non sono per nulla convinti dell’applicazione del 155 nella formulazione avanzata dal Governo. L’ex premier Felipe González insiste per ‘fermare’ l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione se Puigdemont convoca le elezioni riconoscendo che l’unica cosa legittima è lo Statuto dell’Autonomia e la Costituzione. Sfumature politiche destinate a adombrare spazi di manovra, ma che non hanno l’aria di essere un vero ostacolo allo stato dell’arte.

Le forze indipendentiste sono divise sul cosa fare oggi, il Governo stesso è diviso, ma le fonti locali sono concordi nel prevedere una dichiarazione unilaterale dell’indipendenza al termine della plenaria del Parlamento catalano, probabilmente domani, in concomitanza con l’approvazione del 155 da parte del Senato nazionale. I partiti indipendentisti hanno chiesto ai loro sostenitori di radunarsi dalle 12 a ‘difesa’ della sede del Parlamento  -questo potrebbe essere un indizio che depone a favore della dichiarazione domani. Un elemento sul quale non è ancora stata fatta chiarezza, secondo queste fonti, è se l’indipendenza sarà votata dal Parlamento o se il Presidente Puigdemont la proclamerà  assumendone la piena responsabilità.  Qualche defezione all’interno del gruppo parlamentare che sostiene la maggioranza è prevedibile, ma  non sarebbero problematiche, la maggioranza pro-indipendenza in Parlamento non è a rischio.
Calano le quotazioni sull’ipotesi che si prosegua con azioni volte solo a prendere tempo, che gli attendisti abbiano la meglio e che Puigdemont decida per nuove elezioni locali. Secondo alcuni osservatori, Puigdemont potrebbe trovarsi ‘costretto’ con spalle al muro dalle forze politiche che lo sostengono a dichiarare l’indipendenza e annesse elezioni per l’Assemblea costituente.

Una eventuale dichiarazione d’indipendenza avrebbe effetti pratici limitati. Madrid farebbe ricorso alla corte Costituzionale per bloccarla. Senza riconoscimento internazionale, priva di valuta propria e di esercito, la Repubblica catalana verrebbe proclamata in un territorio dove il Governo centrale controlla la magistratura, le forze armate e la Guardia civil. E, con l’approvazione dell’articolo 155, domani, l’amministrazione autonoma verrà completamente commissariata a partire da sabato. Nella sua richiesta di applicazione dell’articolo 155 Madrid ha spiegato che intende destituire il governo della Generalitat e convocare elezioni entro sei mesi. E’ previsto che il governo centrale prenda il controllo dell’intera amministrazione locale, della Polizia regionale dei Mossos d’Esquadra e garantisca l’imparzialità dei mezzi d’informazione pubblici. La prima alba della Repubblica catalana potrebbe, in aggiunta, trovarePuigdemont in prigione con l’accusa di sovversione, delitto che comporta fino a 30 anni di carcere.
C’è da ritenere che Puigdemont e i suoi abbiano un piano per affrontare questa situazione di Repubblica catalana prigioniera di Madrid, la cittadinanza potrebbe attuare la disobbedienza civile, ma sono solo ipotesi, e per giunta assolutamente imponderabili.  La preoccupazione è per l’unico elemento che pare certo: il disordine sociale a rischio violenze.

Questo fine ottobre 2017 entrerà nella storia spagnola, ma quasi certamente anche in quella dell’Unione Europea, paralizzata.