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Immigrati e Pil: come gli stranieri influiscono sulla ricchezza del nostro Paese

27 Ottobre 2017

Dai dati raccolti dall’Istat e da Idos, risulta il ruolo chiave che i lavoratori stranieri regolarmente residenti sul suolo italiano svolgono per la nostra economia

Anche se può sembrare strano, la storia dell’immigrazione in Italia è piuttosto recente. In particolare si può dire che il Belpaese sia divenuto la meta dei sogni degli stranieri verso la fine degli anni ’70, quando una crescente restrittività nelle politiche di accoglienza degli altri Paesi europei fu affiancata da un ammorbidimento della legislazione nostrana a riguardo. Col passare degli anni e con la globale polarizzazione della ricchezza economica, così come nel resto del mondo occidentale, in Italia abbiamo assistito a una costantemente crescente presenza di immigrati sul nostro suolo.

In particolare, gli stranieri residenti nel nostro Paese sarebbero 5.047.028 (di cui poco più della metà non comunitari), secondo i dati del rapporto annuale sull’immigrazione curato dall’Idos che fotografa la situazione al 31 dicembre 2016. Di questi ben 1.151.395 provengono dalla Romania, che si aggiudica il titolo di Paese straniero maggiormente rappresentato sul suolo italiano. Contrariamente a quanto si pensi, gran parte degli stranieri residenti in Italia proviene da Paesi europei (anche se non sempre membri della Comunità Europea) e professa confessioni religiose cristiane (più precisamente il 53% della popolazione straniera residente, gli ortodossi sono i più rappresentati); molto numerosi sono anche i fedeli della confessione islamica (la Moschea di Roma è tra le più ampie comunità di fedeli musulmani d’Europa).

Oltre a contribuire al mosaico socio-culturale del Belpaese, gli immigrati residenti in Italia hanno anche un peso economico non trascurabile e destinato ad aumentare nel corso degli anni. In particolar modo risulta che nell’ultimo anno i lavoratori stranieri regolarmente residenti ammontano a 2.401.000 con un incidenza del 10,5% sul totale, sempre secondo Dossier Idos sull’immigrazione. La presenza di un così alto numero di lavoratori stranieri incide soprattutto sul nostro logorato sistema pensionistico, in quanto, a detta del Presidente dell’Istat Tito Boeri, il gettito fiscale proveniente dagli immigrati occupati ammonta a 73 miliardi di euro di entrate contributive, cifre altissime che hanno permesso il pagamento (solo nell’ultimo anno) di un numero di pensioni che si aggira intorno alle 600.000, secondo dati Istat. A confermare l’importanza dei lavoratori stranieri, al fine di assicurare nuove entrate economiche per il sistema pensionistico, vi sono anche le parole di Ginevra Demaio, ricercatrice del Centro studi e ricerche Idos: «Già oggi il contributo al sistema pensionistico è notevole e stimabile per l’anno 2015 in almeno 8 miliardi di euro  mentre al contrario, per ora gli immigrati rappresentano appena lo 0,3% dei pensionati in Italia, quindi contribuiscono al sistema pensionistico ma non ne sono ancora fruitori, se non in piccolissima parte».

Questo trend è destinato a salire, infatti, da quanto risulta dai dati Istat riguardo la fertilità delle donne straniere residenti in Italia, sarebbe impossibile pensare di far fronte alle spese del nostro sistema pensionistico senza contare su quella fascia di popolazione straniera destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi decenni (vista la media di 1.97 figli a donna immigrata confronto alla media di 1.27 per le nostre connazionali); come afferma Ginevra Demaio: «Le donne straniere contribuiscono fortemente a contenere il calo demografico di popolazione italiana e il suo invecchiamento. Nel 2016 in Italia le morti sono state più delle nascite e il saldo naturale (differenza tra nati e morti) è stato negativo per 204.675 unità. Nonostante le nuove registrazioni anagrafiche di stranieri, è diminuita anche l’intera popolazione residente che ha avuto un calo. Se non ci fossero stati i nuovi nati da genitori stranieri (che rappresentano il 14,7% delle nascite totali ) e i nuovi italiani per acquisizione di cittadinanza il calo demografico italiano sarebbe stato ancora più grave».

Non meno importante nella nostra economia è la ricchezza prodotta dai lavoratori stranieri che nel 2015 è stata stimata intorno alla cifra di 127 miliardi di euro, vale a dire l’8,8% del Pil, con un totale di redditi pari a 27,3 miliardi di euro (11.752 euro annui in media per un lavoratore straniero). Dalla presenza di lavoratori stranieri sul nostro territorio derivano anche i 3,2 miliardi di euro (tra società straniere e lavoratori) che vengono annualmente versati per l’Irpef, in media 2.265 euro a testa (gli italiani 5.178 euro).

Entrando nello specifico è importante vedere in quali settori si collocano i lavoratori stranieri regolarmente residenti in Italia: il 66,4% ha un’occupazione nel settore terziario, soprattutto per quanto riguarda il lavoro domestico, i servizi alla persona (spicca in queste occupazioni la minoranza etnica proveniente dalle Filippine, anche se negli ultimi mesi si è registrato un aumento di presenza occupazionale di italiani in questi settori) e la manodopera in alberghi e ristorante. Il resto dei lavoratori stranieri si riversa nel settore industriale (27,5%) e in minor modo nel settore primario, dove, specialmente nel campo agricolo, è ancora attuale il problema riguardante lo sfruttamento degli operai. Infatti, nonostante un inasprimento delle pene ai danni di fenomeni quali il caporalato, fanno ancora scalpore le condizioni in cui vengono obbligati a lavorare immigrati comunitari e non nelle piantagioni ortofrutticole del Sud.

D’importanza rilevante sono anche gli imprenditori stranieri (o i lavoratori autonomi) che costituiscono il 13,4% degli occupati stranieri in Italia (nella comunità cinese gli imprenditori sono addirittura il 50,3% dei lavoratori). Sul tema si è espressa sempre Ginevra Demaio: «Le imprese a titolarità o maggioranza straniera rappresentano il 9,4% (alla fine del 2016 sono state quantificate in 571.255 unità di cui ben 453.000 a carattere individuale) delle imprese del nostro Paese, dando così un supporto notevole alla nostra economia, quantificabile in un contributo alla ricchezza nazionale dell’8,8%. Inoltre, in questo modo molti immigrati risolvono da soli il problema occupazionale, assicurando un lavoro a sé e spesso a componenti della propria rete familiare e/o comunitaria.  Sono imprese piccole, quasi tutte di tipo individuale, per il 32,0% artigiane, localizzate un po’ in tutta Italia, ma con una prevalenza dei capoluoghi regionali e, in particolare, di Roma e Milano. Le regioni che ne assorbono le quote più alte sono Lombardia (19,3%), Lazio (13,0%), Toscana (9,4%). Per il 40,5% sono imprese attive nel settore del commercio e per il 24,9% nell’edilizia».            

Purtroppo resta una triste realtà l’umiltà delle occupazioni svolte dai lavoratori immigrati: solo il 6,7% ha un ruolo qualificato. In linea con questi dati risulta che il 37,4% degli occupati stranieri è addirittura sovra-istruita rispetto alle mansioni svolte (22,4% nel caso degli italiani), mentre a parità di ruolo con un nativo, un lavoratore immigrato viene retribuito meno (una sostanziosa differenza di stipendio del 27,2%).

Da quanto emerge dai dati raccolti dall’Istat e da Idos, risulta il ruolo chiave che i lavoratori stranieri regolarmente residenti sul suolo italiano svolgono per la nostra economia, non solo per il gettito fiscale, le produzioni e il sistema pensionistico attualmente in difficoltà, ma anche per le generazioni future che andranno a costituire un ricambio generazionale nel mondo del lavoro.