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Corea del Nord: cos’è il Juche, la filosofia di Stato dei Kim

24 Ottobre 2017

Fu introdotta da Kim Il-sung negli Anni 30. Attinge a socialismo, nazionalismo e confucianesimo. Ed è alla base dell’autarchia di Pyongyang. Storia, ideologia, rapporti col comunismo: le cose da sapere.

Un mix di nazionalismo, socialismo e confucianesimo. Il Juche è l’ideologia di Stato della Corea del Nord, che da oltre 60 anni plasma la vita di 24 milioni di abitanti e influenza le scelte politiche del cosiddetto “Regno Eremita”. Non esiste una parola esatta per tradurre in italiano questo termine, che tuttavia può essere superficialmente spiegato con la perifrasi “ogni uomo è artefice del proprio destino”. A metà strada tra una filosofia umanistica e una dottrina politica, il Juche è l’ingranaggio chiave della macchina nordcoreana, nonché il perno attorno al quale ruota l’intero sistema di credenze dello Stato più inaccessibile al mondo. In un momento delicato come questo, al vertice della tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti d’America, analizzare il Juche – definito anche socialismo coreano – potrebbe rivelarsi decisivo per capire quali potrebbero essere le prossime mosse della Repubblica Popolare Democratica di Corea.

1. La storia: il Juche affonda le radici negli Anni 30
L’idea del Juche prese forma negli Anni 30, ovvero nel bel mezzo della guerra anti-giapponese. All’epoca la penisola coreana era sotto il dominio nipponico e lottava per riconquistare la sovranità perduta. Kim Il-sung, nonno dell’attuale leader Kim Jong-un e in quel tempo impegnato sul campo di battaglia, applicò il marxismo-leninismo sovietico al contesto nordcoreano, creando una nuova e “rivoluzionaria” dottrina; il Juche. Dopo la morte del “Grande Leader”, avvenuta nel 1994, fu il figlio Kim Jong-il ad aggiungere un tassello fondamentale al socialismo coreano, dotandolo di un apparato filosofico incentrato sull’esistenza umana: i singoli individui diventano ingranaggi di una comunità organica, artefici di ogni trasformazione della società in cui vivono, da ricercare attraverso azioni quotidiane. Con il passare del tempo il Juche si è arricchito anche del contributo di Kim Jong-un, che ha concentrato la sua attenzione sul continuo progresso economico da raggiungere mediante lo sviluppo di scienza e tecnologia.

2. L’ideologia: un mix di socialismo, nazionalismo e confucianesimo
L’obiettivo finale del Juche è rendere autosufficiente la popolazione della Corea del Nord in tutti i campi, da quello economico a quello militare, appoggiandosi a un forte nazionalismo. È necessario distinguere le due anime del Juche: la parte politica e quella filosofica. Sono l’una la conseguenza dell’altra, ma mentre la prima riguarda prettamente l’aspetto statale, la seconda si concentra sul comportamento delle singole persone, le quali sono chiamate a dotarsi di “creatività”, “coscienza” e “indipendenza”. Pyongyang fa forte affidamento sul proprio apparato militare, che ha il compito non solo di difendere lo Stato in caso di guerra, ma anche di aiutare il governo nella realizzazione di vari progetti (costruzione edifici, coltivazione dei campi e via dicendo). Una simile militarizzazione è legata al concetto di Juche, che incita all’isolazionismo al fine di non dipendere da nessuno. Il socialismo coreano ha due facce: quella nazionalista, che spinge a esaltare la forza di Pyongyang, e quella socialista, riscontrabile invece sul piano economico. In mezzo, l’influenza del confucianesimo, filosofia morale cinese che dà forte risalto ai rapporti familiari e all’armonia sociale tra gruppi diversi. In questo caso lavoratori, militari, contadini e intellettuali. Ciascun gruppo ha compiti ben precisi in base alle proprie caratteristiche e virtù: lavorare in fabbrica, difendere il paese, arare i campi e utilizzare l’intelletto. Non vi è una “lotta di classe”, ma una cooperazione tra di esse in nome della nazione e del leader, considerato “padre” di tutti i cittadini.

3. I risvolti economici: l’autosufficienza prima di tutto
L’economia della Corea del Nord è influenzata dall’autosufficienza ricercata dal Juche. Secondo i dettami nordcoreani, più uno Stato riuscirà a cavarsela da solo meno dovrà dipendere dai vicini. L’autarchia nordcoreana viene ricercata mediante un aggressivo sviluppo tecnologico, scientifico e militare. Nella narrazione di regime tutto questo è indice di “progresso”, quindi di maggiore benessere per la popolazione. La industrie strategiche sono direttamente controllate dallo Stato, mentre le altre – come ad esempio i piccoli negozi – pur restando sotto il controllo statale, sono affidate ai lavoratori. Ogni attività contribuisce al funzionamento dell’intera società. Il governo, ogni cinque anni, stila dei piani quinquennali con obiettivi da raggiungere in merito alla quantità della produzione di beni, risorse e altri materiali.

4. Il legame col comunismo: un rapporto di “amore e odio”
Il Juche ha uno stretto legame con l’ideologia comunista. Quest’ultima si manifesta – in alcuni dei suoi aspetti più eclatanti – nella importanza attribuita dallo Stato alla classe operaia e all’obiettivo, sulla carta, di creare una società in cui vige l’uguaglianza. Soprattutto nei primi anni di vita, Juche e comunismo quasi combaciavano. In un secondo momento il socialismo coreano ha abbandonato l’alveo comunista per trasformarsi in un sistema ibrido, a metà strada tra il socialismo e il nazionalismo. Oggi in Corea del Nord non si parla più di comunismo, esperienza che comunque non viene rinnegata, ma solo ed esclusivamente di Juche. Uno degli ultimi retaggi del comunismo in senso lato, fino a qualche anno fa, lo si poteva trovare all’interno della Costituzione nordcoreana. Con l’aggiornamento del 2009, il termine “comunismo” è stato totalmente soppiantato da “socialismo”. In sostanza, adattando il marxismo-leninismo al contesto coreano, i Kim hanno gradualmente abbandonato l’utopia comunista in virtù del Juche.

5. Gli ultimi sviluppi: Kim Jong-un e la Byungjin Line
L’esperienza politica ideata da Kim Il-sung, pur utilizzando il marxismo di matrice leninista come fondamenta, è ben diversa da quella concepita da Marx e Lenin. Questi mettono l’economia al centro di tutto: nella società vi sono disuguaglianze che vanno colmate, dunque la classe operaia deve prendere il potere per eliminarle. La dinastia dei Kim, invece, parte da un altro presupposto: l’uomo è al centro dell’universo ed è artefice del proprio destino. Nel nome di una presunta uguaglianza, l’essere umano può fare qualsiasi cosa per migliorare il proprio benessere. Con Kim Jong-un la Corea del Nord ha iniziato a seguire la cosiddetta Byungjin Line, una linea politica che predilige l’affiancamento di un possente sviluppo economico alla continua implementazione militare. Dunque, politica nucleare in aggiunta a un piano quinquennale che dovrà fornire il massimo progresso alla popolazione. Almeno nelle intenzioni del governo.