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Brasile: ecco perché l’Amazzonia va a fuoco

29 Settembre 2017

Settembre è stato il mese record per gli incendi registrati nell’area della foresta: la denuncia del National Institute of Space Research

Secondo le ultime stime, in Brasile il 2017 potrebbe essere l’anno dei record per gli incendi registrati nell’area forestale. Nel solo mese di Settembre si sono verificati più episodi di quanto sia mai stato registrato in altri mesi precedenti. Secondo gli esperti, le fiamme sarebbero scaturite da un insieme di fattori, tutti però con un comun denominatore: l’azione dell’uomo. Un’azione che si sta facendo sempre più sconsiderata e che necessita quanto mai di una interruzione consapevole.

I ricercatori del National Institute of Space Research (INPE) hanno evidenziato ciò che è scaturito dal loro programma di monitoraggio satellitare, cercando di attirare l’attenzione su quella che sta diventando una vera e propria emergenza; in questo mese gli incendi sono stati ben 106.000. «E’ il numero più alto in un solo mese da quando sono iniziate le registrazioni nel 1998», ha affermato Alberto Setzer, coordinatore del centro studi. «E’ fondamentale comprendere che non si tratta di incendi naturali. Sono fuochi dolosi».

Dietro alla forza immensa del fuoco, la mano umana, quella della speculazione. L’espansione dell’agricoltura lì dove non si potrebbe e la riduzione di sorveglianza e controllo sono alla causa di tutto. Se a questo aggiungiamo il fattore climatico, ecco che si crea la scintilla. Le piogge quest’anno in Brasile continuano a rimanere un flebile ricordo. Ecco che si crea, così, l’occasione perfetta. La siccità va a braccetto con gli incendi che rappresentano lo strumento principale per deforestare e fare spazio per mettere su proficui campi per l’allevamento di bestiame e per le coltivazioni.

Tutto è reso peggiore dalla mancanza di controllo da parte delle autorità e dall’impegno pressoché nullo per porre fine a tanta distruzione. «Quando c’è una riduzione nei controlli e nella sorveglianza, notiamo un incremento nel numero di incendi», spiega Setzer. Il numero complessivo degli incendi dall’inizio dell’anno è salito a 196.000. Se le cose non riusciranno a migliorare, il 2017 probabilmente batterà per numeri anche il 2004, finora l’anno più dannoso in termini di fuochi (questi furono, infatti, 270.000). Gli Stati più colpiti dagli incendi sono per la maggior parte Stati amazzonici; non può essere un caso. Il più danneggiato, lo Stato di Pará con il 229% in più di incendi rispetto all’anno scorso.

Secondo l’INPE, la deforestazione sta diventando sempre più preoccupante: gli ultimi dati dell’anno scorso mostrano una crescita del 29% rispetto all’anno prima ed un andamento continuamente in salita dal 2012. Una delle cause è certamente da rinvenirsi nella legislazione in materia. Da quando, infatti, sono state approvate le concessioni di amnistie a chi è coinvolto nelle deforestazioni, la situazione è comprensibilmente peggiorata. L’incendio doloso rimane illegale ma il fuoco è usato comunque per ‘pulire’ i campi per le varie attività speculative. Il Governo di Michel Temer è stato accusato diverse volte di non fare nulla o di non fare abbastanza; gli ambientalisti sono in prima linea nelle critiche denunciando la gravità delle conseguenze dei tagli finanziari che stanno affliggendo il budget nazionale dedicato all’ambiente.

Il Brasile non avrebbe, insomma, più mezzi sufficienti per tutelare l’ambiente forestale e per organizzare quel famoso sistema di sorveglianza ora praticamente inesistente. In questo mese, dopo una lotta durata settimane, i vigili del fuoco si sono dovuti arrendere di fronte all’estensione impressionante dell’incendio che ha colpito il parco statale di Tocantins che copre un’area di 158.885 ettari. Le autorità credono che sia stato acceso da pescatori locali e che sia progredito a causa dei venti fortissimi che caratterizzano il periodo secco. Il bilancio è davvero impressionante: la zona completamente distrutta dalle fiamme è pari a ben tre volte l’intera dimensione di San Paolo.

La politica governativa di Temer starebbe agevolando le cattive intenzioni dei criminali e facendo credere che la deforestazione e gli incendi sono una cosa ormai lecita e fattibile; le accuse risuonano con questi tuoni anche dalle fila della sezione brasiliana di Greenpeace. Secondo alcuni, Temer starebbe coprendo gli interessi dei potenti. Il decreto di cui si parlava fino a poco fa circa circa l’apertura di una miniera nella riserva amazzonica per estrarre oro, rame, tantalio, minerali ferrosi, nickel e manganese, è stato ritirato dopo la sospensione da parte del tribunale federale di Brasilia.

Il documento prevedeva l’abolizione della riserva naturale di Renca, l’area più grande di tutta l’Amazzonia, senza però l’autorizzazione del Congresso nazionale. Sarebbe stato questo il motivo fondante la decisione del giudice, andata comunque in favore di una petizione firmata da buona parte della popolazione. Il Governo si era giustificato affermando di voler attirare investitori stranieri per risollevare l’economia del Brasile colpita dalla crisi; le società brasiliane e straniere pronte ad investire sarebbero più di venti. Con quella dichiarazione, anche la promessa che non sarebbero state toccate le aree protette e quelle delle comunità indigene. Per ora lo stop giurisdizionale ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma molto dovrà fare ancora il Governo per convincere la preoccupata popolazione.

Gli interessi del mercato agricolo spingono per la liberalizzazione in materia regolamentare, mentre il Governo spinge per diminuire la protezione legale della riserva forestale ed emana decreti che fanno infuriare e lasciano una spessa coltre di perplessità. Secondo l’organizzazione no-profit Pastoral Land Commission, questo clima non fa altro che generare violenza: 45 persone sono state uccise, infatti, in quest’anno nelle zone in questione. Il numero sembra destinato a salire.

Ma qualcosa di buono nell’aria forse c’è: il polmone verde dilaniato potrebbe essere aiutato da un interessante progetto di un’organizzazione per la protezione ambientale, la Conservation International. 73 milioni di alberi in più: questo secondo quanto comunicato la scorsa settimana dagli stessi promotori, per un ambizioso progetto da quest’anno al 2023. Questo aiuterebbe senz’altro il Paese a raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Accordo di Parigi. Il programma metterebbe in moto la più grande re-forestazione della storia, affermano i ricercatori del gruppo. Proteggere e piantare nuove alberi, per giunta, è anche qualcosa di economico. Certo è che se non vi è un’azione efficace (e realmente interessata) da parte del Governo, rimane difficile intravedere una effettiva risoluzione.