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America Latina, tra corruzione e crimine, è un cane che si morde la coda

25 Ottobre 2017

Bustarelle giustificate, mancanza di fiducia nella politica e nella giustizia: il grigio quadro del Sudamerica

La corruzione causa criminalità, o la criminalità porta alla corruzione? E’ la domanda che un gruppo di ricercatori si è posto prima di affrontare il ‘case study’ per eccellenza: l’America Latina. L’analisi delle Americhe (The Political Culture of Democracy in the Americas, 2016/17; patrocinato da AmericasBarometer e USAID) del gruppo di esperti copre diverse aree e raggiunge conclusioni che mostrano un filo conduttore tra solidità e fiducia nelle istituzioni democratiche, corruzione, giustificazione delle tangenti, e criminalità.

Il report si apre con una serie di sondaggi e statistiche sulla fiducia della popolazione delle Americhe nel sistema democratico, ormai lo standard politico del continente dagli anni ’70 e ’80. Le statistiche riguardano i LAC (Latin America and Caribbean), ma non mancano i paragoni con i ‘cugini’ settentrionali.

Il quadro che viene alla luce non è incoraggiante. Rispetto allo stesso studio condotto l’anno precedente, il supporto per la democrazia è più basso. Il livello di ‘identificazione’ con un partito o un’ideologia, in linea con i trend occidentali, è sceso dal 36% del 2014 al 27% attuale.

La fiducia nei partiti resta importante solo nella fascia più anziana della popolazione, ma il segnale generale è innegabile: meno di 1 intervistato su 5 si fida dei partiti. 3 intervistati su 5 sono scettici riguardo alle elezioni: particolarmente problematici sono Brasile, Colombia e Haiti, dove meno del 25% della popolazione si fida del processo elettorale.

Il distacco dell’elettorato dalla politica, almeno in senso tradizionale, potrebbe essere connesso al declino delle libertà di stampa e di espressione (1 su 5 nazioni LAC analizzate è ora ‘meno libera’) segnalato da ‘Freedom House’ e citato nello studio. I ricercatori di AmericasBarometer indagano sull’effettiva percezione: come vivono questo fatto i sudamericani?

Chi lamenta maggiormente la minore libertà di espressione è la fascia più giovane della popolazione, che conferma le statistiche di Freedom House. Interessante notare come una piccola parte degli intervistati contesti invece il problema opposto: ci sarebbe, per alcuni, troppa libertà di stampa e di espressione.

Che la corruzione sia un problema endemico della società sudamericana è risaputo: i dati indicano la macroregione come una delle aree più corrotte del mondo, davanti solo a Medioriente, Africa Subsahariana e Settentrionale. Il report cita delle statistiche risalenti al 2004 e le compara ai risultati ottenuti nel 2016/2017. La situazione è tutt’altro che rosea: non c’è stato alcun miglioramento, anzi. La tolleranza verso la corruzione è aumentata, paradossalmente proprio tra quelli che l’hanno subita: un quinto degli intervistati è stato vittima di corruzione, e simile è la proporzione di chi giustifica le bustarelle.

Essendo un fenomeno in gran parte registrato sulla base della percezione di esso che hanno gli intervistati, non stupisce come il Brasile sia in testa alla classifica: è infatti anche il Paese che, più recentemente, ha sofferto casi di corruzione ai livelli più alti della politica e dell’industria nazionale. Piuttosto basso rispetto alla medio è invece l’Uruguay. In generale, comunque, il 60% dei sudamericani ritiene corrotta la sua classe politica.

E non solo. Resta scarsa anche la fiducia in un’altra colonna portante dello Stato: la polizia. Il 10% degli intervistati ammette di aver ricevuto richieste di tangenti da parte di poliziotti. L’efficienza generale della giustizia è anch’essa dubbia: il 38% dei sudamericani ritiene che si debba attendere più di un’ora per vedere le forze dell’ordine agire sulla scena del crimine. Il 20% crede che si aspettino più di due ore.

Il livello di criminalità è effettivamente incomparabile con quello di altre regioni: il 33% degli omicidi totali, nel mondo, vengono commessi in un continente che ospita meno del 10% della popolazione globale. Il 20% degli intervistati ha ammesso di esser stato vittima di un crimine in tempi recenti, e il trend non migliora: 11 nazioni su 23 hanno conosciuto un peggioramento della situazione negli ultimi anni. La lotta all’illegalità ha ripercussioni economiche gravissime: il report parla di una stima del 3% del Prodotto Interno Lordo persa per colpa della criminalità.

L’ultima parte del report sottolinea come la percezione del crimine, della corruzione e del degrado della democrazia, si trasformino in insoddisfazione anche per quanto riguarda i servizi che lo Stato eroga ai suoi cittadini. In particolare, la partecipazione alle forme di governo locale viene scoraggiata dalla corruzione percepita.

Il quadro generale, insomma, è quello di una serie di problematiche legate tra loro e unite da un filo conduttore: la mancanza di fiducia nelle istituzioni dello Stato. Particolare è il problema della corruzione, descritto senza mezzi termini dagli analisti come “una profezia che si autoavvera”: maggiore è la diffusione percepita di tangenti e bustarelle, maggiore è la tolleranza da parte della popolazione, maggiore è l’effettiva possibilità che si arrivi alla corruzione vera e propria di politici, buroctrati o poliziotti. Se da una parte l’approccio consigliato è quello ‘bottom-up’ (le forme di governo locali e regionali sono quelle che maggiormente entrano in contatto diretto con l’elettorato), dall’altra il report indica come cruciale il buon esempio ai ‘piani alti’ della politica e della giustizia. Certo non un problema di facile risoluzione, specialmente visti i trend che non sembrano indicare alcuna luce in fondo al tunnel.