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USA – Iran: accordo sul nucleare da ridiscutere?

20 Settembre 2017

Il punto della situazione alla vigilia del vertice sul nucleare di New york

«Francamente, è imbarazzante per gli Stati Uniti». Con queste parole Donald Trump, nel suo discorso all’ Assemblea Generale dell’ ONU, ha definito l’ accordo sul nucleare iraniano, anche noto come il JCPOA (Joint Comprehensive Plan Of Action), risalente al 14 luglio del 2015. Sulla base di questa intesa, in cambio delle limitazioni sul nucleare, sarebbero state cancellate le sanzioni che gravavano sull’ economia nazionale della Repubblica sciita, in particolare sugli scambi di petrolio e gas, il trasporto di merci per via aerea, le transazioni finanziarie e lo scongelamento dei diversi assets economici iraniani. In Iran, secondo il Presidente americano, sarebbe al potere una «dittatura corrotta», la cui principale vittima è il « popolo».

«Il discorso ignorante e pieno di odio di Trump ci riporta al Medioevo e non all’Onu del 21esimo secolo. Per questo non è degno di una risposta. La falsa empatia per gli iraniani non inganna nessuno» ha scritto in un tweet il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif che accompagna il Presidente Hassan Rohani per il suo intervento all’ ONU. Anche la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Sayyed Ali Khamenei, si è pronunciato: «La nazione iraniana manterrà saldamente le sue posizioni onorevoli e dignitose per quanto riguarda l’accordo sul nucleare e reagirà a ogni mossa sbagliata da parte del sistema egemonico».

Ad applaudire al discorso di Trump, il Premier israeliano Benjamin Netanyahu il quale, a margine dell’ Assemblea, avrebbe ribadito che «l’ Iran sta sviluppando missili che minacciano il mondo intero: l’accordo sul nucleare iraniano va cambiato o respinto». Nella sua orazione, il Primo Ministro dello Stato Ebraico ha poi incalzato dicendo «Io ho un messaggio semplice per il dittatore iraniano, l’ayatollah Khamenei, chi minaccia di annientarci, si mette in pericolo. L’ Iran promette di distruggerci ogni giorno. Dobbiamo fermare lo sviluppo di missili balistici e dobbiamo fermare le sue azioni nella regione» . «Dal Mar Caspio» – ha proseguito Netanyahu – «al Mediterraneo, da Teheran a Tartus, la cortina iraniana discende sul Medio Oriente. L’Iran estende il proprio manto di tirannia e terrore sull’Iraq, la Siria, il Libano e ovunque».

Il Ministro dell’ intelligence e dei trasporti israeliano, Yisrael Katz, intervenendo all’ International Institute for Counter-Terrorism Conference a Herzliya, aveva sostenuto che «le lezioni della Corea del Nord insegnano che le dittature che lavorano verso le capacità nucleari portano ad un cambiamento globale: la soglia nucleare viene superata e le regole del gioco cambiano: l’Iran è la nuova Corea del Nord e dovrebbe essere ostacolata adesso, così da non avere rimpianti in futuro».

In un’intervista rilasciata il 22 agosto sull’Iran IRINN TV, Ali Akbar Salehi, il capo dell’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran, aveva rivelato che il popolo iraniano aveva versato cemento in alcuni tubi esterni al reattore nucleare di Arak con l’intento di ingannare gli ispettori internazionali, ma non aveva disabilitato il suo nucleo. «Se vogliamo, possiamo iniziare ad arricchire l’uranio al 20% entro cinque giorni e questo è molto significativo» era stato l’ avvertimento di Salehi.

Dello stesso tono le frasi di Yuval Steinitz,Ministro dell’ energia israeliano: «L’accordo sul nucleare è stato una sciagura non solo perché l’Iran continua a lavorare per dotarsi dell’arma atomica, ma perché quell’accordo, fortemente voluto dall’ex presidente Usa Barack Obama, ha ‘sdoganato’ l’Iran, illudendosi che potesse divenire un soggetto di stabilizzazione in Medio Oriente. Ma la realtà va nella direzione contraria: l’Iran vuole realizzare il suo impero nell’area, divenire la potenza egemone e questo Israele non può permetterlo».

Tra l’ altro, stando a quanto riportato da diversi quotidiani nazionali ed internazionali, l’Intelligence israeliana avrebbe fornito all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) elementi per indagare su comportamenti sospetti in alcuni siti del programma nucleare, ma l’Agenzia non avrebbe ancora effettuato le opportune verifiche.

Poco dopo la sua visita alla sede dell’ Aiea a Vienna, a fine agosto, l’Ambasciatore statunitense all’Onu Nikki Haley aveva reso noto di voler aumentare le ispezioni dell’agenzia sui siti sospetti in Iran, comprese le basi militari in quanto l’ intesa «non distingue tra siti militari e non militari. Ci sono numerosi siti non dichiarati che non sono stati ispezionati. Questo è un problema».

A negoziare il JCPOA con l’ Iran erano stati l’ Unione Europea e 5+1 paesi: ossia i 5 paesi che hanno il seggio permanente all’ interno del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU (Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia, Stati Uniti) e la Germania. Il raggiungimento dell’ accordo suscitò grandi simpatie verso Obama, soprattutto in parte dell’ establishment americano e degli alleati orientali, come Arabia Saudita e Israele.

L’ accordo, che si associa alla risoluzione 2231 del 2015 dell’ ONU, prevedeva che l’arricchimento dell’uranio a Qom e Natanz fosse limitato e un reattore ad acqua pesante, quello ad Arak, avesse il nucleo reso inoperabile e quindi incompatibile con qualsiasi uso a livello bellico. Queste strutture sono state ripristinate per scopi di ricerca, industriali o medici, e sottoposte a ispezioni da parte dei controllori dell’  AIEA, fatta salva, per l’ Iran, la possibilità di opporsi a determinate richieste di accesso.

L’obiettivo era anche quello di limitare la possibile costruzione segreta di un’arma nucleare da parte dell’Iran, imponendo un taglio del 98% sulla scorta dell’uranio arricchito e una moratoria di 15 anni sulla possibilità di arricchire l’uranio oltre che una riduzione pari a due terzi sulle centrifughe. A questo si aggiungeva: l’embargo sulle armi previsto dalle Nazioni Unite attivo ancora per 5 anni, mentre le sanzioni contro lo sviluppo di missili per 8.

Il direttore generale dell’ Agenzia Internazionale per l’ energia atomica, sulla base dei risultati delle ispezioni,  dovrebbe inviare reports trimestrali ai componenti il consiglio dello AIEA e ai membri del consiglio di sicurezza dell’ ONU. L’accordo comprendeva anche l’istituzione di una commissione in cui sono rappresentate tutte le parti che hanno preso parte al negoziato, guidata da Federica Mogherini, a capo della politica estera dell’Unione Europea, con lo scopo di monitorare il rispetto dell’accordo.

Per rendere operante questo accordo, sono necessarie periodiche nuove risoluzioni da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU, per un tempo di dieci anni a partire dalla sottoscrizione dell’ accordo, in modo tale da rendere segnalabile da parte di ognuno dei cinque paesi del Consiglio di Sicurezza, la violazione dell’accordo. In caso di violazione, le sanzioni nei confronti dell’Iran sarebbero ripristinate entro 65 giorni.

«Abbiamo bisogno del sostegno dei nostri alleati, i nostri alleati europei e altri, per porre la questione al meglio nei confronti dell’Iran sul fatto che questo accordo davvero necessita di essere rivisitato» ha detto Rex Tillerson alla Fox News, alla vigilia dell’ incontro ministeriale, a New York, nel formato E3/EU+3 (ossia Stati Uniti, Federazione Russa, Cina, Francia, Germania e Regno Unito) e l’Iran, incentrato ull’attuazione dell’accordo sul nucleare iraniano. L’incontro, presieduto dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.

«L’accordo sul nucleare iraniano funziona, il nostro lavoro come Ue e il mio lavoro personale e’ essere sicuri che sia attuato pienamente da tutte le parti» ha detto pochi giorni fa Lady Pesc, a margine dell’Assemblea Generale dell’ Onu. Ma ha aggiunto che «l’accordo sul nucleare non appartiene ad un singolo paese o ad un altro, ma alla comunità internazionale». In un certo qual modo, quindi, la strada per una modifica dell’ intesa, non sarebbe in discesa. Da segnalare, a questo proposito, la data del 15 ottobre: quel giorno, l’Onu e la comunità internazionale dovranno decidere se l’accordo sul nucleare con l’ Iran è stato rispettato.

Anche perché occorrerebbe giungere ad un compromesso con le altri parti, ad esempio con la Russia che, attraverso il Ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, afferma perplessità. «Preoccupa in modo particolare» – ha detto Lavrov – «che, per bocca del presidente Trump, gli Stati Uniti abbiano confermato un atteggiamento di intransigenza, che abbiano criticato fortemente il programma d’azione comune, che ha permesso una svolta nel problema del nucleare iraniano. Difenderemo questo documento e questo consenso.  Siamo convinti che abbiamo realmente rafforzato la stabilità regionale e, in generale, la sicurezza internazionale».

Bisognerebbe convincere anche il Presidente francese Emmanuel Macron che, nel suo intervento all’assemblea generale dell’Onu, ha avvertito che «respingerlo ora senza proporre altro sarebbe un grave errore, non rispettarlo sarebbe irresponsabile».

Per comprendere meglio i termini della questione, abbiamo chiesto a Daniela Huber, responsabile di ricerca del programma “Mediterraneo e Medioriente” dello IAI e co-direttore “The International Spectator”.

Durante il suo discorso all’ ONU, il Presidente americano Trump ha dichiarato: «Francamente, questo accordo è imbarazzante per gli Stati Uniti». Quali punti sono «imbarazzanti» per Trump? Perché?

Nella sua campagna elettorale, Trump aveva promesso di interrompere l’accordo sul nucleare con l’Iran, sostenendo che si trattava di un accordo negativo e che l’Iran lo stava violando. Tuttavia, l’ Iran ha dato agli Stati Uniti maggiore trasparenza rispetto a ciò che sta realmente facendo e l’IAEA, l’ Osservatorio del nucleare dell’ONU, ha fatto sapere che l’Iran sta aderendo all’accordo. Bisogna inoltre ricordare che l’accordo era una mossa fatta in un periodo in cui Israele continuava a minacciare l’azione militare; il che significa che se l’accordo vacillasse, l’ opzione tornerebbe di nuovo sul tavolo. In realtà, la retorica di minaccia che Israele e l’Iran si stanno attualmente scambiando dovrebbero essere visti in quest’ ottica.

Nelle parole del Presidente americano circa l’ accordo, quanto influisce la posizione netta di certa parte del Partito Repubblicano e della sua base che Trump non può certo ignorare?

I repubblicani avevano infatti votato contro l’accordo. La posizione di Trump dovrebbe essere vista soprattutto nel contesto regionale, poiché i due alleati chiave degli Stati Uniti nella regione, l’Arabia Saudita e Israele, rifiutano l’accordo e stanno cercando di contrastarlo, anche attraverso la l’ attività di lobbying del Congresso sul tema. Prima che venisse concluso l’accordo, per tentare di ostacolarlo, il Primo Ministro israeliano Netanyahu era andato al Congresso dopo il presidente Obama ed era stato applaudito in quella circostanza. Evento che presumibilmente indusse Obama a far passare la risoluzione 2334 nell’UNSC [quella sulle colonie di fine 2016].

Vede sintonia, rispetto a questo tema, tra le diverse componenti (Segreteria di Stato, ecc.) dell’ Amministrazione Trump e il Presidente?

Nonostante la sua retorica, Trump ha finora confermato che l’Iran sta rispettando il trattato. Il che indica che le persone rilevanti nel Dipartimento di Stato e nel Pentagono appoggiano l’accordo.

Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu, intervenendo all’ Assemblea Generale ONU, ha affermato: «L’Iran sta sviluppando missili che minacciano il “mondo intero”: l’accordo sul nucleare iraniano va cambiato o respinto». Quali rischi Israele ritiene siano connessi all’ accordo del 2015?

L’accordo nucleare rende l’Iran un cosiddetto “Stato a soglia nucleare”, il che significa che sebbene non abbia reali capacità nucleari, potrebbe svilupparle molto velocemente e l’accordo dà trasparenza alla comunità internazionale nel caso in cui l’Iran prendesse questa decisione. L’attuale governo israeliano si oppone all’idea dell’Iran come “Stato a soglia nucleare”. L’opzione preferita di Israele era quella di attaccare le basi iraniane per impedire che l’Iran diventasse così. In questo contesto, va ricordato che l’Iran è firmatario del “Trattato di Non Proliferazione nucleare”, mentre Israele non lo è. Israele è il solo Stato nucleare della regione e ha rifiutato un regime regionale di non proliferazione. Di conseguenza, l’accordo nucleare è stato un accordo bilaterale perseguito con l’Iran, anziché un accordo multilaterale e regionale che sarebbe stato preferibile in quanto avrebbe incluso l’Arabia Saudita e avrebbe abbassato le proprie percezioni circa le minacce.

In che modo, a suo avviso, l’ accordo potrebbe essere modificato dall’ Amministrazione Trump in modo tale da trovare un nuovo compromesso con l’Iran e tenendo conto della linea di Israele? Si ricordi, inoltre il difficile rapporto USA-Russia, uno degli altri firmatari dell’ intesa.

Mentre Trump vorrebbe ri-negoziare il trattato, l’Iran teme che questo porterebbe il pretesto per gli Stati Uniti ad abbandonare il trattato e pertanto rigetta l’idea. Anche i principali Stati europei, Francia, Italia e Germania, stanno prendendo parte al trattato. La Russia, allo stesso modo, ha interesse a mantenere costrette le capacità nucleari iraniane e, quindi, mantenere il trattato. A differenza dell’ Amministrazione Obama, sembra che le relazioni USA-Russia siano effettivamente migliorate, con evidenti risultati regionali, ad esempio in Siria.

«L’Iran risponderà ad ogni mossa sbagliata degli Usa. Il regime degli Stati Uniti è veramente un demonio crudele» ha  la Guida Suprema dell’ Iran, l’ Ayatollah Khamenei. Quale scenario potrebbe svilupparsi a seguito di un’ eventuale cancellazione dell’ accordo?

Una cancellazione significherebbe che l’Iran è in grado di passare dallo stato di “soglia” a “stato nucleare” . Questo renderebbe più probabile l’attacco militare israeliano all’Iran con effetti imprevedibili in una regione già impegnata nelle guerre indirette in Siria e in Yemen.

«L’ accordo sul nucleare non appartiene ad un singolo paese o ad un altro, ma alla comunità internazionale » con queste parole ha commentato il discorso di Trump l’ Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini. L’ Unione Europea potrebbe rallentare i propositi americani?

Federica Mogherini e l’UE hanno svolto un ruolo importante nel colpire l’affare. Tuttavia, l’influenza della Mogherini e dell’UE sulla gestione di oggi di Trump non è chiara, così come Trump sembra più vicino al governo israeliano, per esempio, che ai governi europei.