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Siria, perché la battaglia di Deir Ezzor è decisiva

9 settembre 2017

L’esercito di Assad combatte nell’ultima città in mano all’Isis. Strategica per il controllo sulle regioni ad alto rischio jihadista e per la creazione di un arco sciita da Teheran a Beirut. Ambita dai curdi e ricca di petrolio.

L’esercito regolare siriano ha rotto l’assedio di Deir Ezzor, ultimo bastione dell’Isis nell’Est della Siria, dove per quasi tre anni una guarnigione e una parte della popolazione hanno resistito all’accerchiamento dei miliziani dello Stato islamico. Le forze governative hanno avanzato per mesi verso la città e il 5 settembre si sono ricongiunte con gli uomini della base militare 317 alla periferia occidentale della città sull’Eufrate, 140 chilometri a Sud della “capitale” jihadista Raqqa. L’obiettivo delle forze dell’Isis è quello di rompere il collegamento stabilito dai lealisti con la base nella parte Ovest della città, da cui poi intendono procedere verso il centro.

Prima dell’attacco lealista, una salva di missili cruise è stata lanciata da una fregata russa nel Mediterraneo contro le postazioni dei miliziani. Mosca, al pari dell’Iran, ha avuto un ruolo fondamentale nel salvare il governo di Bashar al Assad dalla caduta durante la guerra civile e ultimamente nell’aiutarlo a riconquistare il territorio perso, sospingendolo alle porte di una città che fa gola a tutti gli attori in gioco.

Mappa Siria
1. La strategia di Assad: anticipare gli Usa e creare un corridoio con Teheran
Deir Ezzor è l’ultima città del Medio Oriente ancora in mano allo Stato islamico. L’avanzata delle truppe governative ha subito una forte accelerazione in concomitanza con la corsa di tutte le forze ostili all’Isis a riempire il vuoto che lasceranno i miliziani di Abu Bakr al Baghdadi nel momento della sconfitta. La scossa è arrivata con l’offensiva della coalizione curdo-araba sostenuta dagli Usa verso Raqqa, la più importante città di Daesh in Siria (in cui i jihadisti si sono appena ritirati dalla città vecchia). Con Raqqa che pare avviata a rientrare nella zona d’influenza americana, Assad ha velocizzato le manovre per prendersi il suo pezzo di territorio.

ANCHE AL BAGHDADI POTREBBE NASCONDERSI QUI. Secondo fonti dei miliziani curdi, inoltre, con l’imminente caduta di Raqqa i vertici dell’organizzazione terroristica si sarebbero in gran parte trasferiti a Deir Ezzor. Lo stesso al Baghdadi potrebbe nascondersi lì o nei dintorni. L’8 settembre Mosca ha fatto sapere che i jet russi hanno compiuto dei raid in prossimità della città eliminando quattro importanti comandanti, tra cui “il ministro della guerra” dell’Isis Gulmurod Khalimov. Persa anche questa roccaforte, ai jihadisti non resterebbe che ritirarsi nei territori desertici e scarsamente abitati tra Siria e Iraq, dove non possono più contare su città chiave come Mosul e Tal Afar. La riconquista della città da parte dei lealisti rientra anche in un più vasto piano che include tutti gli attori sciiti della regione.

Arco Sciita
Secondo autorevoli analisti riportati dal Guardian, l’obiettivo di Teheran, Damasco, Hezbollah libanesi e il governo di Baghdad è creare un arco di controllo territoriale che vada dalla capitale iraniana al Mediterraneo, unendo le forze dell’asse sciita a dispetto dei sunniti, che sembrano destinati a uscire sconfitti dal conflitto.

2. La guarnigione: 4 mila uomini guidati da Issam Zahreddine
Circa 70 mila civili sono rimasti intrappolati nell’enclave sulla riva occidentale dell’Eufrate dal 2015. Gli abitanti e i soldati lealisti sono sopravvissuti grazie al ponte aereo di rifornimenti messo in piedi dal governo di Damasco e diverse organizzazioni umanitarie. Nel febbraio 2016, il World Food Programme ha dato via a un piano per paracadutare gli aiuti sulla zona circondata. Ad agosto, l’Ong ha fatto sapere che in 300 missioni sono state consegnate 6 mila tonnellate di rifornimenti. Che ora, con l’esercito in città, potranno essere recapitati via terra.

I DUE GENERALI IDOLATRATI DAI LEALISTI. Il contingente di circa 4 mila uomini è stato guidato in questi anni da uno dei personaggi più idolatrati dai fedelissimi di Assad: il generale Issam Zahreddine. Soprannominato il “Leone della Guardia repubblicana”, ha tenuto la resistenza con metodi anche brutali. Nel novembre 2016 è apparso come protagonista in un filmato che mostrava una lunga fila di corpi di miliziani dello Stato islamico appena uccisi in battaglia.

Zahreddine ha aspettato in questi giorni l’arrivo di un altra figura mitica per i lealisti, il generale Suheil al-Hassan (conosciuto come “la Tigre”) che con le sue forze speciali è riuscito a raggiungere la città. Al Hassan ha guidato molte delle recenti vittorie di Damasco, inclusa la conquista definitiva di Aleppo a dicembre. Assad in persona si è congratulato con entrambi.

3. Le mire dei curdi: l’espansionismo (in salita) a Est dell’Eufrate
La posizione della città (che nel censimento del 2004 contava 210 mila abitanti) è di fondamentale importanza strategica. Innanzitutto, perché è sulle sponde di un fiume, l’Eufrate, il cui controllo permette la gestione dell’acqua in tutta la zona. In secondo luogo, perché si trova su un crocevia che collega le aree a maggioranza sunnita di Siria e Iraq dove il fondamentalismo ha messo le sue radici più profonde. È tra queste popolazioni, in particolare quelle irachene, che al Qaeda prima e lo Stato islamico poi hanno trovato più appoggio. Controllare la città significa avere un occhio su una delle zone più “calde” del Medio Oriente. Anche per questo, all’inizio della loro avanzata verso Sud, le forze curde che stanno combattendo per Raqqa si erano interessate alla città.

FORZE LONTANE 40 CHILOMETRI. Se fossero riuscite a raggiungerla, avrebbero tagliato la principale linea di collegamento con i territori controllati dall’Isis in Iraq e si sarebbero garantiti il controllo di quasi tutta la Siria a Est dell’Eufrate. Uno scenario simile ha convinto Assad a muoversi velocemente, per non lasciare in mano ai curdi (arrivati al massimo della loro espansione a 40 chilometri da Deir Ezzor) una città così importante.

Ma se anche fossero riusciti nel loro intento, i curdi avrebbero dovuto fare i conti con un’altra questione. Già Raqqa, dove stanno vincendo la battaglia con lo Stato islamico, è fuori dalla loro zona di influenza storica. A Deir Ezzor, ancora più a Sud, un governo curdo non sarebbe ben visto dalla popolazione araba, e forse non avrebbe grandi chance di durare a lungo. Tuttavia, dietro la strategia curda c’è una logica ben precisa: l’obiettivo è acquisire il maggior potere contrattuale possibile da usare in previsione di una spartizione del Paese per ottenere l’autonomia e la fascia territoriale cui sono interessati a Nord, verso il confine con la Turchia.

4. Il nodo energetico: a Deir Ezzor i più importanti giacimenti petroliferi siriani
La città non è solo una risorsa geopolitica. La provincia di Deir Ezzor è anche ricca di petrolio e di gas naturale e i soldati dell’esercito hanno già ripreso il controllo del giacimento petrolifero di Al-Kharata. Per 40 anni, il regime degli Assad ha sfruttato i pozzi attraverso concessioni a compagnie petrolifere occidentali come Shell e Total. Secondo il Financial Times, la produzione è arrivata «a ottobre 2015 tra i 34 e i 40 mila barili al giorno». Un’inezia in confronto all’estrazione in altri giacimenti mediorientali, ma di grande importanza per la Siria.