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Reddito di inclusione: passo nella giusta direzione o specchietto per le allodole?

11 Settembre 2017

Gli esperti ci danno risposte diverse

Dal primo gennaio del 2018 molti cittadini che vivono in povertà assoluta beneficeranno di un assegno mensile e di un progetto personalizzato di reinserimento lavorativo; queste le principali caratteristiche del  Reddito di inclusione (Rei).

L’accesso al Reddito di inclusione dipende dal possesso di alcuni requisiti. Innanzitutto, il valore ISEE (Indicatore della situazione Economica) non deve superare i 6mila euro e l’indicatore ISR (Indicatore della situazione reddituale) non deve essere superiore ai 3mila euro. Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, escludendo la prima casa, il valore non deve superare i 20mila euro, mentre il patrimonio mobiliare deve essere al di sotto dei 10mila euro  -il patrimonio immobiliare si riduce a 6mila euro per i nuclei familiari composti da una persona,  a 8mila euro per i nuclei familiari composti da due persone.

L’importo del Rei varia da un minimo di 190 euro, per il singolo, a un massimo di 485 euro per le famiglie con almeno cinque componenti. La somma sarà versata sulla Carta Rei, che sostituirà la Carta Acquisti, avrà una durata massima di 18 mesi e dovranno trascorre almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poter ripresentare la domanda. Per richiedere il reddito di inclusione i beneficiari disporranno di una dichiarazione ISEE precompilata. Saranno esclusi dal beneficio i cittadini che usufruiranno, anche solo un membro del nucleo familiare, della Naspi o di qualsiasi altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

In Italia, il numero dei cittadini che vivono in uno stato di povertà assoluta ammonta a circa 4milioni e 600mila, dove con povertà assoluta secondo l’Istat: «l’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per tipo di comune di residenza)».

La cifra disponibile per il Rei garantisce il beneficio a meno della metà degli aventi diritto. La precedenza sarà data, pertanto, a quelle famiglie con figli minorenni o disabili e con donne in stato di gravidanza o con disoccupati ultracinquantenni, gli esclusi dovranno attendere i nuovi fondi.

Il tasso di disoccupazione giovanile nel mese di luglio era del 35, 5%, soprattutto nella fascia d’età tra i 35 e i 49 anni, in base alle ultime rilevazioni dell’Istat, mentre secondo il Rapporto Taxing Wages 2017 dell’Ocse ( Organizzazione  per la cooperazione e lo sviluppo economico)  il cuneo fiscale italiano è del 47, 8% per un single senza figli,  contro la media europea del 36%, e per una famiglia monoreddito con due figli il cuneo fiscale italiano è del 38, 2% contro la media europea del 26, 6%;.

“Il reddito di inclusione così come è stato concepito e trasformato in legge è una misura, dirò, universale di lotta alla povertà, in quanto tale è una misura che va nella direzione giusta perché tutti i Paese europei, eccetto la Grecia, ce l’avevano e noi eravamo gli unici a non averlo”, ci spiega Stefano Zamagni, Professore Ordinario di economia Politica presso l’Università di Bologna, secondo il quale il provvedimento approvato dal Governo è una buona misura di lotta alla povertà. “Ovviamente qualcuno dice che è troppo poco, in effetti, non è particolarmente elevato, ma bisogna tener conto dei vincoli di bilancio della finanza pubblica. Io ne penso bene perché si può, ovviamente, se le condizioni di bilancio lo consentiranno, migliorare l’ammontare; però è importante il messaggio: per la prima volta in Italia si parla di lotta alla povertà ̎”, prosegue Zamagni.

Non tutti gli studiosi sono dello stesso parere. Bruni Luigino, economista, accademico e saggista, ha un altro parere sull’argomento: “Si  esce dalla povertà soltanto quando si lavora. Ecco perché questi progetti, poi alla fine, prevedono l’inclusione. Sono ancora poco presenti in questa proposta del Governo, due elementi: una, se veramente questo reddito di inclusione prevede un vero progetto che porta al lavoro, se è un intervento provvisorio che punta a creare gente che domani possa lavorare, che non diventi assistenza a vita, che non diventi una soluzione, ma un avviamento verso qualcos’altro di tipo lavorativo. E questo non è chiarissimo.  Secondo elemento, da quello che vedo è un approccio di tipo individualistico che si dimentica di tutta la dimensione sociale, relazionale, istituzionale del problema. In sostanza se oggi volessimo creare il lavoro dovremmo attivare tutta la dimensione associativa dei territori a da lì partire con loro per creare lavoro.   ̎

Sul secondo punto sollevato da Bruni, il chiarimento ci viene da Zamagni che a riguardo spiega: “Per far passare la legge c’è voluto il ceto politico, ma per implementarla bisogna applicare il principio di sussidiarietà circolare, che vuol dire, bisogna coinvolgere i corpi e la società, quelli che oggi noi chiamiamo il Terzo settore e siccome la riforma del Terzo settore è stata definitivamente approvata il 3 agosto scorso, adesso per l’implementazione si dovrà, per forza,  ricorrere a questi. ̎

Un’altra questiona che riguarda il Rei è legata alla mancanza dei fondi.  Quest’ultimi, infatti, sono insufficienti a garantire l’intervento per tutti i cittadini afflitti dalla povertà assoluta; questa inefficienza potrebbe far pensare a una misura parziale e non equa. Su questo punto le opinioni degli esperti, ancora una volta, divergono .  ̎ Se riguarda una parte e per di più è anche molto parziale e incompleto, non è proprio una buona notizia ̎ , afferma Bruni. Zamagni ha un altro punto di vista:  ̎ Parziale è la copertura, ma una volta che il principio  è entrato nella legislazione adesso resta, il che vuol dire che se il Pil aumenta, come sembra, l’anno prossimo il Governo potrà stanziare anziché due miliardi, poniamo tre miliardi   ̎.

L’introduzione del Rei comporterà l’eliminazione di due importanti fondi, l’Asdi ( Assegno sociale di disoccupazione) e il Sia ( Sostegno per l’inclusione attiva) suscitando delle perplessità per chi ne beneficiava. Zamagni non sembra preoccuparsi di questi tagli: ̎ Ovviamente bisogna rischiare, ma questo fa parte del discorso più generale, riguardo l’Europa, però la Commissione Europea ha apprezzato questo, tutti han detto avete fatto bene. Il problema da far capire è che non è la spesa di per sé, ma come spendi i soldi. E’ il solito discorso, io posso spendere i miei soldi per il consumo che non serve a niente o per l’investimento: Chi spende per gli investimenti io vedo che non trova mai il razionamento, trova sempre qualcuno che gli presta i soldi  ̎.

Al contrario di Zamagni, Bruni ritiene che: ̎le misure di prima non funzionavano, quindi, andavano in ogni caso riguardate. La cosa più importante è che questo reddito non sia l’ennesima riforma a metà, perché in Italia le cose basta raccontarle invece di farle. In sostanza se noi vogliamo che milioni di persone, dove ci sono giovani e meno giovani senza lavoro, trovino lavoro, questa è una regolazione molto più complicata che dare dei soldi alle persone, ci vuole una grande volontà politica, una grande mobilitazione dei territori, della gente, del civile e manca questo e saremo destinati all’ennesimo fallimento,  come i voucher  ̎.

Il risultato a cui è giunta l’Italia è, nonostante tutto, l’aver inserito nella propria legislazione il principio di lotta alla povertà che negli altri Stati europei, e con una certa differenza, era presente da molti anni.  ̎ Il principio è uguale, quello degli altri è più generoso. Quello dei paesi nordici, Svezia, Norvegia e Danimarca da quasi il doppio perché queste nazioni, non avendo il debito pubblico che ha questo nostro benedetto paese, possono permettersi di concedere di più.  Anche quello della Germania è molto buono  ̎ ribadisce Zamagni. Parere totalmente diverso è quello di Bruni che insiste molto sulla disoccupazione come il vero e maggior problema dell’Italia. Egli afferma:   ̎  Da questo punto di vista noi siamo praticamente, se togliamo la Grecia, il paese europeo che ha più disoccupazione, la Germania  e la Francia hanno altri problemi, ma non questi. Noi dobbiamo avere più creatività, inventarci qualcosa di veramente nuovo perché abbiamo una gravità unica in Europa. La Germania  non ha la nostra situazione, non ha il problema di risolverlo, la gente lavora. In Francia hanno un sistema sociale molto diverso, dove vengono aiutate le famiglie con struttura; sia la Francia sia la Germania e l’Inghilterra hanno 11 milioni di disoccupati. Noi abbiamo una percentuale di disoccupazione molto elevata, soprattutto quella giovanile, che è enorme. Quindi dobbiamo trovare una soluzione nuova, perché nuovo è il problema rispetto agli altri, non abbiamo dei paesi come noi da imitare, la nostra situazione è molto più grave rispetto agli altri ̎.