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ONU: il Consiglio di Sicurezza approva nuove sanzioni contro la Corea del Nord

12 Settembre 2017

Le nuove misure avranno l’effetto sperato?

Alla vigilia dell’ avvio, oggi, della settanduesima Sessione dell’ Assemblea generale delle Nazioni Unite, sono state approvate nuove sanzioni contro la Corea del Nord. A fronte dell’ ennesima provocazione, un test su bomba H che ha, per giunta, causato due terremoti, lunedì 4 Settembre si era riunito, in via straordinaria, il Consiglio di Sicurezza ONU per discutere la linea da adottare nei confronti del regime di Kim Jong-Un. Come analizzato su queste pagine, subito erano emerse le prime divisioni sull’ approccio da tenere.

Da una parte gli Stati Uniti, appoggiati da molti Paesi non solo occidentali, ma soprattutto da Giappone e Corea del Sud, decisi a non tollerare ulteriori prove di forza da parte di Pyongyang; dall’ altra Russia e Cina, convinti dell’ inutilità della pressione sanzionatoria nell’ ottica di una risoluzione della crisi. Da questo punto di vista, ci si aspettavano fratture incolmabili circa la votazione delle nuove misure contro la Corea del Nord.

Infatti, inizialmente, gli Stati Uniti avevano chiesto l’ embargo petrolifero e il congelamento dei beni all’estero del dittatore nordcoreano, ma, per raggiungere un compromesso con la Russia e con la Cina, le misure sono state mitigate: le importazioni di petrolio non verranno eliminate e i beni di Kim Jong-un non saranno congelati. D’ altro canto, però, Russia e Cina avevano proposto agli USA di interrompere le esercitazioni militari in Corea del Sud per facilitare un negoziato con Pyongyang, ma la prospettiva è stata scartata.

Dunque la risoluzione 2375, la nona con sanzioni per il Nord dal 2006, prevede le nuove misure approvate all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza prevedono il divieto di esportazioni tessili da parte della Corea del Nord e l’ embargo di greggio e gas naturale verso il regime nordcoreano, fatta salva la quantità occorrente a scopi civili.  Sarebbe quindi vietata «la fornitura, il trasferimento o la vendita a Pyongyang di tutti i derivati del petrolio sino a 500 mila barili per un periodo di tre mesi dal primo settembre, e sino a 8.5 milioni di barili l’anno a partire dal primo gennaio 2018» da destinare al sostentamento della popolazione. Per questo sarebbero state disposte perquisizioni nelle navi ritenute sospette. Riguardo ai 100 mila espatriati nordcoreani,  si chiede di non rinnovare,sebbene non immediatamente, i loro contratti.

Stando a quanto messo in evidenza ieri da un board di otto esperti delle Nazioni Unite, la Corea del Nord starebbe collaborando con la Siria per sviluppare il suo programma di armi chimiche e di missili balistici e Scud. Il board avrebbe denunciato una violazione delle sanzioni contro Pyongyang da parte di Damasco che collaborerebbe con Kim Jong-Un per il perfezionamento di “armi convenzionali, armi chimiche proibite e missili balistici”.

«Due Paesi membri dell’Onu» – avrebbero scoperto gli esperti – «hanno intercettato carichi diretti alla Repubblica araba siriana. Un altro Paese membro ha informato il panel di avere ragione di credere che il carico facesse parte di un contratto della Mining Development Trading Corp nordcoreana con la Repubblica siriana». In particolare con «entità siriane designate dall’Ue e dagli Stati Uniti come società di facciata del Centro di ricerche e studi scientifici siriano».

Plausi sono giunti dalla Corea del Sud che, mediante una nota governativa, ha affermato che le sanzioni «rappresentano il rinnovato impegno della comunità internazionale a non tollerare lo sviluppo nucleare e missilistico del Nord»

La Cina, che ha votato a favore delle nuove misure, ne ha affermato, tramite il portavoce del Ministero degli Esteri Geng Shuang,la «necessità», soprattutto dopo l’ ultimo test, ma ha anche auspicato la piena attuazione delle nuove sanzioni, ribadendo la ferma opposizione al sistema antimissile Thaad in Corea del Sud. La crisi, come ha osservato il rappresentante permanente cinese all’Onu Liu Jieyi, «deve essere risolta in modo pacifico».

«La Corea del Nord non ha ancora passato il punto di non ritorno. Gli Usa non cercano la guerra con Pyongyang », ha commentato l’ Ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley. «Il mondo civilizzato deve fare quello che la Corea del Nord non sta facendo, ossia fermare la sua marcia verso la costruzione di un arsenale nucleare. La scelta e’ loro. Se continueranno su questa strada continueremo ad aumentare la pressione, se decideranno di cambiare percorso il mondo vivra’ in pace con loro» ha precisato l’ Ambasciatrice, sostenendo l’ esigenza, per sedersi ad un tavolo di trattativa, che la Corea del Nord interrompa la sua marcia verso il nucleare.

Proprio rispetto al grande impegno profuso presso l’ONU, Nikki Haley si era attirata le offese da parte di Pyongyang che, tramite l’ agenzia di stampa nazionale Kcna, l’ aveva definita « una principiante in politica e diplomazia, visto che è stata oggetto di critiche pubbliche per la sua serie di rifiuti sul lancio del missile balistico della Rpdc nel marzo scorso (…) diffamandola sulla inesistente “questione dei diritti umani” (…) Così miserabile è la difficile situazione degli Stati Uniti, che hanno presentato una donna così depravata e un diplomatico principiante come rappresentante in ambito Onu. Senza retorica, gli Stati Uniti vogliono nascondere la loro vera natura di paese responsabile dell’aggressione e della guerra e devastatore della pace (…)Nikki dovrebbe stare attenta con la sua lingua (…) l’ Amministrazione statunitense dovrà pagare un caro prezzo per i suoi pessimi discorsi». 

Gli sforzi della Corea del Nord per sviluppare un missile balistico nucleare intercontinentale in grado di colpire l’America sembra aver avuto un’ accelerazione con la presidenza di Donald Trump. Prima della bomba H era stato lanciato un missile Hwasong 12 che aveva concluso il suo tragitto nel Mar del Giappone. La potenzialità dell’ Hwasong-14 testata il 28 luglio la rende l’arma che cambia il gioco. Lo sviluppo di un missile balistico intercontinentale è solo una parte della sfida che la Corea del Nord si è posta: ha, del resto, urgenza di produrre una bomba nucleare miniaturizzata adatta ad essere installata su un missile e il test sotterraneo del 3 settembre scorso sembra andare in questa direzione. A difendere il territorio statunitense vi sono due siti di difesa Midcourse Defence (GMD) in Alaska e in California, come si vede nello schema realizzato dal The Guardian.

D’altra parte gli Stati Uniti hanno sviluppato diversi sistemi di intercettazione, in difesa di loro stessi e degli alleati regionali dall’attacco di missili a breve, medio e lungo raggio da parte del regime nordcoreano. La Corea del Sud, per l’appunto, ospita missili intercettori Patriot che possono proteggere singole posizioni ed il sistema Thaad (Terminal High-Altitude Area defense) progettato per difendere un’area ben più ampia. Il sistema Aegis, installato sulle navi da guerra degli Usa, del Giappone e della Corea del Sud, fornisce anch’ esso una difesa regionale altamente mobile. Sarebbe in corso in Giappone una discussione circa l’ aggiornamento della sua difesa missilistica balistica a terra.