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Libia: il contrabbando del petrolio

1 Settembre 2017

I suoi traffici, una chiave per risolvere il rebus libico?

Mercoledì la National Oil Company libica ha fatto sapere che la produzione di petrolio è stata sospesa per diversi giorni in tre campi petroliferi dopo che una milizia armata ha interrotto i gasdotti. La produzione di petrolio è dunque scesa di oltre 360.​​000 barili al giorno, il 35% in meno. Il gruppo armato, definito ‘criminale’ dalla società, ha negli ultimi giorni chiuso due gasdotti che partono dai giacimenti di Al-Sharara e Al-Ham e raggiungono la raffineria e il porto di Zawya. Pochi giorni prima era stata bloccata la produzione presso il giacimento di  Al-Fil, nella parte ovest del paese. La milizia armata di Zintan, la Rayayina Patrols Brigade , legata alla Petroleum Equipment Guard, istituita per proteggere l’infrastruttura del petrolio e del gas del paese, secondo fonti locali, avrebbe sequestrato le condutture per protestare contro la riduzione degli stipendi ed ottenere delle condizioni di vita migliori.

Sulla base di questi avvenimenti, la compagnia petrolifera nazionale libica ha dichiarato la «causa di forza maggiore» nei tre campi petroliferi colpiti: sulla base di questa misura, la società può essere esonerata dall’adempimento dei contratti petroliferi. «La produzione si stava riprendendo, non abbastanza da sanare il bilancio, ma ad un livello sufficiente a darci la speranza di entrare in una fase di stabilizzazione, ma ora stiamo tornando indietro» ha detto il Presidente della National Oil Corp,  Mustafa Sanalla.

Infatti, ad inizio 2017, il trend positivo della produzione petrolifera libica iniziato a settembre 2016 aveva sfiorato i 700.000 barili giornalieri, un ingente sforzo per rilanciare l’industria minacciata da attacchi jihadisti e turbolenze politiche che aveva portato ottimi risultati nel mese di luglio, superando il milione di barili. Riduzione, quella di queste ultime settimane, che contribuisce a diminuire la pressione che circola all’ interno dell’ OPEC.

Il colosso energetico libico ha però espresso la sua gratitudine alla RADA Special Deterrence Force per l’arresto di Fehmi Salim Ben Khalifa, considerato uno dei più ricercati contrabbandieri di idrocarburi in Libia. Per contrastare il contrabbando di idrocarburi, la compagnia nazionale ha istituito un comitato ad hoc ed ha inviato le informazioni raccolte all’Ufficio di presidenza del procuratore generale e al comitato degli esperti del Consiglio di sicurezza delle dell’ ONU. Le informazioni in questione verterebbero sui nomi delle petroliere impiegate nelle operazioni di contrabbando oltre che i nomi dei contrabbandieri.

Il contrabbando rappresenta ineludibilmente un ostacolo alla ripresa dell’ economia nazionale e questo si ripercuote sulla stabilità politica del Paese che è sempre più diviso al suo interno. Il petrolio, invece di cementare la collettività, finisce per dividerla.

Nel comunicato della National Oil corporation, si legge chiaramente che le operazioni di contrabbando rimandano alla «criminalità organizzata transnazionale» ed è per questo che occorrerebbe un maggiore controllo dei confini e una più decisa lotta contro coloro che sono coinvolti in questi traffici.

Secondo la polizia libica, i contrabbandieri di carburante utilizzerebbero piccole imbarcazioni e autocisterne contenenti al massimo 40.000 litri di prodotto raffinato. Il contenuto delle navi da Sabratha andava a Malta e anche in Sicilia, dove viene venduto prima di raggiungere la terraferma italiana. Per questo, come hanno riportato diverse testate internazionali, sarebbe coinvolta persino la mafia e la procura siciliana starebbe svolgendo delle indagini. Le cosche creerebbero delle società di copertura all’ estero, per commerciare carburante; ed una volta accreditatisi in modo fraudolento come esportatori,  rivenderebbero il petrolio a prezzo ribassato ai vari distributori sul territorio, evadendo la fiscalità nazionale.

Nell’ aprile 2016 era stata scoperta una petroliera, la Distya Ameya, nei pressi dell’ isola di Malta con un carico di greggio, pari a 650.000 barili, che, caricato presso Marsa el-Hariga, era in procinto di essere venduto ad una società orientale, forse degli Emirati Arabi Uniti. In seguito, l’ ONU ha inserito nella lista nera la petroliera dopo che la National Oil Corp di Tripoli aveva informato il Consiglio di presidenza sostenuto dalle Nazioni Unite nella capitale. Malta si configura come una possibile rotta del contrabbando: in acque internazionali avviene il trasferimento di petrolio, all’ oscuro dei radar. Una volta conclusa l’ operazione, le piccole barche dei contrabbandieri rientrerebbe in Libia mentre le petroliere si dirigerebbero verso i porti della Sicilia, del centro-nord Italia o quelli di Marsiglia. Una seconda possibile rotta potrebbe essere quella della Turchia, dove, arrivato su camion, il petrolio viene comprato in contanti da trader.

Non è chiaro se il petrolio in questione sia di contrabbandieri o dell’ ISIS. Va però ricordato, come ha fatto il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti che «sappiamo che l’Isis lucra sul petrolio e sul traffico di esseri umani. Ma occorre ribadirlo: ciò non autorizza alcuna assimilazione tra migranti e terroristi».

A creare ulteriore divisione sulla questione petrolifera, è la circostanza per cui ad essere riconosciuta come unico venditore ufficiale del petrolio libico è la National Oil Corporation di Tripoli. Non è forse troppo lontano uno scontro tra Tripoli e il Generale Haftar, l’ uomo forte della Cirenaica, primo interlocutore francese e russo in Libia. Tanto la Russia quanto la Francia sono ben intenzionate a riprendere i loro affari sulle risorse energetiche libiche. Al centro della contesa, la mezzaluna del petrolio.Le fonti libiche affermano che le dalla fine del 2016 sono stati fatti due tentativi da parte dei gruppi anti-Haftar per rimuovere le forze del Generale dalla regione. Haftar, dal canto suo, si prepara ad un attacco nel Golfo di Sidra, dove hanno sede la maggior parte dei porti e dei giacimenti petroliferi. Derna potrebbe essere un terreno di scontro, ma è attualmente nelle mani delle milizie anti-Haftar.

Il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia e capo della missione di assistenza Onu in Libia, Ghassan Salamé, ha incontrato lunedì il generale Haftar, nella località di Ar Rajma. Salamé ha espresso ad Haftar le proprie condoglianze per il brutale assassinio, rivendicato dall’ Isis, di civili e militari dell’ Esercito nazionale libico ad al Fuqah, nella regione del Fezzan. Haftar si accredita a livello internazionale, in virtù del suo potere militare, ma magari anche in virtù del petrolio, ma la Libia rimane ancora funestata dallo Stato Islamico, che va debellato.

Pochi giorni fa alcune agenzie hanno riportato la notizia che l’ Italia avrebbe pagato ben 5 milioni di dollari alle milizie locali libiche per fermare i flussi migratori. Non si sa quanto ci sia di fondato in questo, ma certamente il legame il petrolio potrebbe essere una chiave per risolvere il rebus libico.