General

Kosovo e Serbia, sognando la Ue

5 Settembre 2017

La via maestra è la normalizzazione dei rapporti. Intervista a Francesco Martino, corrispondente dell’Osservatorio Balcani e Caucaso
Un nuovo incontro fra i presidenti serbo e kosovaro Aleksandar Vucic e Hashim Thaci, nell’ambito del dialogo fra le parti facilitato dalla Ue, si è tenuto a Bruxelles il 31 agosto scorso. Si è parlato in tale sede dei passi ulteriori per la normalizzazione dei rapporti fra Belgrado e Pristina e dell’attuazione degli accordi fin qui raggiunti fra le parti. Per comprendere quali siano le priorità in tale situazione, quale lo scenario futuro nel contesto balcanico e tenendo conto del rapporto sia di Serbia che del Kosovo con la Ue, abbiamo intervistato Francesco Martino, corrispondente dal 2006 per il think thank Osservatorio Balcani e Caucaso dall’area in questione, particolarmente esperto sui rapporti tra Serbia e Kosovo.

Un incontro, quello tra Vucic, Thaci e Mogherini, con, sullo sfondo, alcune questioni: rapporti interni e prospettiva di adesione futura alla Ue. A che punto siamo?

Si è trattato di un incontro informale, una colazione di lavoro che però è servita per rilanciare il processo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, facilitato dalla Ue. Dopo un inizio abbastanza promettente, negli ultimi anni tale iter ha avuto un progresso estremamente lento e tormentato. Dal 2014 non si sono avuti progressi importanti e questo incontro vuole porre le basi perché in qualche modo tale processo venga rilanciato e portato a termine.

Qualche giorno fa è circolata la notizia secondo cui, a dire del presidente serbo Vucic, il Kosovo per la Serbia sarebbe ormai perso. Di contro, alcuni mesi fa, è circolata on line la foto del treno con la scritta ‘Il Kosovo è serbo’. Qual è lo stato reale dei loro rapporti?

Direi anzitutto che la posizione ufficiale della Serbia potrebbe essere riassunta in modo un po’ diverso: il presidente Vucic non ha mai detto che il Kosovo è perso e che in qualche modo la Serbia dovrebbe riconoscerlo, ma ha lanciato l’iniziativa di un dialogo interno, in Serbia, sul destino dei rapporti con il Kosovo. Dire che il Kosovo sia perso è un’interpretazione, abbastanza vicina alla realtà, però la posizione ufficiale del governo serbo non è questa, perché ritiene il Kosovo una provincia della Serbia e ritiene che l’indipendenza dichiarata da Pristina nel 2008 non sia valida. Passando gli anni, il governo di Belgrado fa sempre più i conti con la realtà, cioè con il fatto che il Kosovo non tornerà mai nei confini della Serbia. Detto questo, però, c’è sempre la possibilità di momenti di tensione e provocazioni come quella del treno sopracitato, che, forse non a caso, ha preceduto di qualche mese la campagna elettorale che ha poi portato all’elezione di Vucic a presidente della Serbia. Non è escluso che tale caso sia stato un po’ montato in vista della campagna elettorale.

Cosa implica tale scenario rispetto ai rapporti con l’Unione europea?

C’è da tenere conto che il Kosovo non viene riconosciuto dalla Serbia, ma nemmeno da altri cinque Stati membri della Ue, per cui la situazione internazionale del Paese rimane delicata, nonostante il fatto che a livello mondiale sia stato riconosciuto da più di 110 Paesi: il suo interlocutore principale è infatti l’Unione europea e il Kosovo ha firmato gli accordi di Stabilizzazione e Associazione nella speranza di poter un giorno entrare nella Ue, ma l’Ue come tale non può relazionarsi al Kosovo in presenza di cinque Stati membri che non lo riconoscono. Se aggiungiamo a ciò il fatto che la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo è alla base di un possibile futuro accesso sia del Kosovo che della Serbia alla Ue, e che tale processo è difficile, rimangono ancora molti punti interrogativi.

Non dimentichiamo inoltre il contesto balcanico: lo si richiama spesso all’attenzione oggi, sia rispetto a questioni di sicurezza internazionale, quindi nei suoi rapporti con il mondo, sia per ciò che attiene a questioni interne, come quella del rapporto tra Kosovo e Serbia.

I Balcani non vanno visti solo come fonte di incertezze e di insicurezze, mi pare che queste siano caratteristiche presenti in tutta Europa… Negli ultimi tempi, è più l’Unione europea che porta incertezza ai Balcani che non il contrario! Il processo di allargamento, ancora di sicurezza per alcuni Paesi balcanici, è stato messo in discussione proprio dalla Ue stessa, che oggi, invece di allargarsi, si sta restringendo. Quello dei Balcani come eterna fonte di insicurezza è anche un po’ un cliché da inserire nel contesto. Rispetto poi a un possibile scontro, anche violento, tra Kosovo e Serbia, direi che in questo momento appare come un’ipotesi estremamente remota. In Kosovo continua ad operare la missione Nato Kfor, presente qui fin dalla fine del conflitto armato quale garante della pace. Il governo kosovaro sta facendo tutto il possibile per dotarsi di un vero e proprio esercito: al momento vi sono delle forze di sicurezza dotate di armamento leggero e vorrebbe trasformarle in un esercito. La Serbia è estremamente contraria ad uno sviluppo simile, ma comunque la possibilità di uno scontro diretto e armato tra i due Paesi appare come molto remota.

Posti a confronto rispetto al processo di negoziazione per entrare nella Ue, a che punto si trovano Serbia e Kosovo?

La Serbia è molto molto più avanti del Kosovo, è candidato ufficiale e ha aperto molti capitoli dei negoziati per l’accesso all’Ue. Il Kosovo, invece, è ad uno stadio molto iniziale, ma ha i problemi legati al suo mancato riconoscimento, per cui un inizio dei negoziati con la Ue è attualmente impossibile. Il Kosovo è anche nella lista nera di Schengen, per cui i suoi cittadini per entrarvi, anche per una semplice visita, devono chiedere un visto. Nonostante il suo stadio più avanzato, la Serbia però si trascina i problemi legati alla risoluzione della questione kosovara, uno dei capitoli del processo di negoziazione per l’accesso alla Ue. Se non si risolve tale questione, anche la Serbia rischia di rimanere alla porta: i destini di Serbia e Kosovo sono dunque incrociati.

Considerate le difficoltà esistenti nei rapporti tra Europa e Russia, la vicinanza tra Serbia e Russia può condizionare i rapporti con la Ue?

La questione è complessa, ma direi più no che sì. La Russia vede oggi nella Serbia il suo unico alleato militare importante nell’area e ha sempre detto di essere contraria ad un suo possibile ingresso nella Nato. Al tempo stesso, la Russia non ha posto mai particolari veti all’ingresso della Serbia nella Ue: rimangono due questioni separate questa e quella Nato. Anzi molti analisti, me compreso, vedono un vantaggio per la Russia in questo, cioè nel fatto di avere all’interno della Ue un Paese amico, anche per via dei meccanismi decisionali della Ue, condizionabili anche con il veto di un solo Paese. Non direi quindi che la Russia possa oggi rappresentare un ostacolo all’ingresso della Serbia nella Ue.

Quale scenario futuro quindi?

Dopo questo incontro iniziale, dovrebbe ripartire il processo negoziale e non si sa bene quali potranno esserne gli esiti. Il punto focale attorno a cui ruota è comunque la creazione di un’associazione delle municipalità serbe in Kosovo, che dovrebbe in qualche modo garantire alla comunità serba del Kosovo una larga autonomia locale. Si tratta di un punto estremamente controverso, perché viene visto dal Kosovo come il rischio di creare un’entità in qualche modo sovrana, fuori dal controllo di Pristina. Sulla natura di tale associazione c’è forte divergenza e su questo punto, quello centrale nelle negoziazioni, per ora non si è registrato alcun passo in avanti. Quindi, tutto dipenderà dalla volontà di Belgrado e di Pristina, e anche dagli sforzi negoziali della Mogherini, nella direzione di trovare una strada percorribile.