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Guerra del Biafra ancora viva

18 Settembre 2017

La questione sembrava sepolta, ma il processo di riappacificazione non è mai veramente decollato

Le autorità nigeriane hanno imposto il coprifuoco nello stato sud-est di Abia in Nigeria. Doveva essere inizialmente di tre giorni, ma è rimasto in vigore fino a domenica 17 settembre. Anche la ripresa della scuola prevista il 18 settembre è stata rimandata alla settimana successiva. La decisione era stata presa dopo lo scoppio di scontri tra l’esercito e gli attivisti dello stato indipendente del Biafra (Ipob).

Sono passati quasi 50 anni da quando è finita la guerra civile per la secessione del Biafra che in tre anni ha visto la morte di più di un milione di persone e la riannessione del territorio alla Nigeria. In questo conflitto, alle ragioni etniche – gli Igbo, etnia maggioritaria nella regione del Biafra sono cristiani e animisti e volevano staccarsi dai nigeriani musulmani – si sono aggiunte quelle economiche: il Biafra è una regione ricchissima di risorse petrolifere le quali costituiscono l’80% delle entrate governative.

La questione sembrava sepolta, ma il processo di riappacificazione non è mai veramente decollato. La popolazione Igbo di quel territorio – la terza più grande della Nigeria rappresentando il 18% dei 190 milioni degli abitanti, dopo gli Hausa con il 29% e gli Yoruba con un 21% – ha subito un continuo processo di marginalizzazione dalla vita economica, sociale, militare e politica del Paese. Questa situazione ha portato alla creazione, prima del Movimento per l’attualizzazione dello Stato sovrano del Biafra (Massob), e poi di altri due nuovi gruppi, il Biafra Zionist Movement (BZM) e l’Ipob fondato da Mazi Nnamdi Kanu, cittadino britannico fino ad allora rappresentante a Londra per il Massob.

Gli scontri non sono quindi mai mancanti ma si sono intensificati in questi ultimi tempi, soprattutto all’annuncio dell’operazione militare denominata Egwu Eke II (Danza del pitone II), iniziata il 15 settembre nel sud-est del Paese – la prima era stata lanciata il 27 novembre dell’anno scorso ed era durata un mese.

Secondo le autorità governative, si tratta di semplici esercitazioni militari intese migliorare le attività nella lotta alla criminalità, ma il popolo di quel territorio la pensa diversamente e vede in queste azioni un piano preciso per uccidere membri dell’Ipob. Un’affermazione che trova riscontro nel comunicato del governo nigeriano di venerdì 15 settembre il quale definisce l’Ipob ‘un’organizzazione terroristica militante’. In questo modo, viene data piena legittimità ad arresti e operazioni militari.

Fonti locali riferiscono che martedì 12, gli attivisti pro-Biafra hanno colpito a sassate un convoglio militare che si trovava nelle vicinanze della casa di Kanu, arrestato il 14 ottobre 2015 con l’accusa di alto tradimento, possesso illegale di armi da fuoco e altri reati legati alla sua battaglia per la secessione della Repubblica del Biafra dalla Nigeria. Kanu è anche a capo di ‘Radio Biafra‘ dichiarata illegale dal governo di Abuja. L’emittente, con sede a Londra, trasmette in molti paesi del mondo, compresa l’Italia, e prende spesso di mira politici nigeriani e propaganda istanze secessioniste.

Kanu era stato rilasciato su cauzione ad aprile di quest’anno, ma è sparito da venerdì quando le forze militari sono entrate nella sua casa, sparando all’impazzata e uccidendo alcune persone presenti. Le autorità militari confermano l’arresto di attivisti ma non quello di Kanu, che non era in casa al momento, e negano qualsiasi uccisione, affermando che sono stati gli attivisti pro-Biafra per primi a bloccare la strada ai militari. Dichiarano inoltre di avere trovato materiale esplosivo nella casa nella casa del leader dell’Ipob.

La situazione per ora non sembra destinata a cambiare: è iniziata una vera e propria ‘caccia all’uomo’ per arrestare Kanu e una serie di arresti. Si cerca di giocare la carta etnica attribuendo la distruzione di una moschea Yoruba a membri dell’Ipob e il neo commissario di polizia dello stato di Abia, Anthony Ogbizi, ha dichiarato che chiunque fosse trovato in possesso di materiale riguardante la repubblica del Biafra, sarebbe stato immediatamente arrestato. Non aiuta certamente a migliorare la situazione la dichiarazione da parte delle autorità militare dell’organizzazione annuale di un’operazione ‘Danza del pitone’ nel sud-est del Paese.

Questo tipo di repressione non è nuova e le conseguenze sono sempre molto tragiche. Secondo il rapporto del 2015-2016 di Amnesty International, le forze di sicurezza della Nigeria, sotto il comando dall’esercito, hanno condotto una spietata campagna di esecuzioni extragiudiziali e atti di violenza che, dall’agosto 2015, hanno causato la morte di almeno 150 attivisti pro-Biafra nel sud-est del paese.

I testimoni oculari e i filmati delle proteste, delle marce e dei raduni dimostrano che l’esercito nigeriano ha fatto volutamente ricorso alla forza mortale, mentre tutte le manifestazioni dell’Ipob esaminate da Amnesty International sono state in larga parte pacifiche.