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Elezioni in Germania, analisi del voto

24 Settembre 2017

L’estrema destra della AfD entra in parlamento cavalcando la delusione per le politiche sull’immigrazione, ma si spacca al vertice. Più di 1 milione di tedeschi ha voltato le spalle alla Cdu. Il Paese è diviso ma non ingovernabile.

Angela Merkel è chiaramente più debole. I socialdemocratici sono al minimo storico, si può discutere se siano ancora un Volkspartei, e cioè un grande partito popolare. E per la prima volta dal Dopoguerra Alternative für Deutschland, partito di destra oltranzista e populista fa il suo ingresso al Bundestag (spaccandosi però sulla leadership), affermandosi come terza forza del Paese con il 12,6% grazie anche ai voti dell’Est e ai delusi della politica sull’immigrazione portata avanti dalla cancelliera. Più di un milione di tedeschi ha infatti voltato le spalle alla Cdu per abbracciare l’AfD, che conquista 94 seggi su 709. La scossa violenta arrivata dal voto di domenica rende la Germania obiettivamente più complessa, ma anche più uguale agli altri partner europei. La diga anti-populista e anti-nazionalista non ha retto e sulle cause delle falle che si sono aperte non mancheranno discussioni e polemiche. «Colpa mia? Io sono la cancelliera federale e sono sempre responsabile di quello che accade», ha commentato Merkel, che ha ottenuto il 32,9% dei voti e 246 seggi.

IPOTESI GIAMAICA. Il terremoto populista non rende però la Germania ingovernabile: starà ora alla responsabilità dei cinque partiti tradizionali, che da tempo provano a metter su un cordone di sicurezza contro la crescita degli estremisti, trovare la quadra per dare vita a una coalizione in grado di portare avanti per i prossimi quattro anni la locomotiva d’Europa. La discussione sulle coalizioni è cominciata subito dopo la chiusura dei seggi, alla cosiddetta Berliner Runde, un giro di tavolo tra i leader di partito, trasmessa dalla Zdf. Due sono quelle possibili, se non si ricorrerà a una soluzione di minoranza: la Große Koalition, che Martin Schulz e la sua vice Manuela Schwesig hanno però subito escluso annunciando di andare all’opposizione; e quella non proprio facile detta “Giamaica”, cioè l’intesa tra l’Unione, i Verdi (andati meglio del previsto) e liberali.

La cancelliera non si è lasciata affatto impressionare da uno dei risultati peggiori (il secondo) ottenuti dal 1949 dal suo partito e che le costa anche il fuoco amico della Csu bavarese: «Un risultato molto deludente. Dobbiamo coprire il fianco offerto alla destra con decisioni chiare», ha dichiarato Horst Seehofer. «Avremmo sperato qualcosa di meglio, ma abbiamo il mandato e nessuno costruirà un governo contro di noi», ha replicato Merkel, posizionandosi rapidamente sulla via del quarto mandato di governo. «Non era affatto scontato che dopo 12 anni la Cdu fosse ancora il primo partito», è il suo ragionamento, mentre si dichiara «anche soddisfatta di questo risultato».

SCHULZ: «OGGI FINISCE IL LAVORO CON CDU E CSU». Ben diverso l’umore di Schulz, che è arrivato solo al 20,5%: «Un giorno amaro, un giorno difficile per la socialdemocrazia», dice parlando alla Willy Brandt Haus, dove i militanti gli hanno comunque tributato un caloroso applauso. Ma anche lui non si è fatto mettere nell’angolo. A sorpresa, ha iniziato subito a fare opposizione. «Siamo un bastione della democrazia, e combatteremo con ogni forza la destra radicale», ha assicurato. «Oggi finisce il lavoro con la Cdu e la Csu, andremo all’opposizione», ha annunciato escludendo una riedizione della Große Koalition. Schulz resta «a disposizione» come leader del partito, ma non aspirerà al posto di capogruppo in parlamento, che potrebbe andare a una donna.

La clamorosa avanzata dell’AfD semina preoccupazione in tutto il Paese: a poche ore dalla chiusura delle urne, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a Berlino e in altre città contestandoli al grido di «Nazisti maiali», «Berlino vi odia». Il boom dell’ultradestra xenofoba inquieta anche i principali gruppi ebraici tedeschi che esprimono allarme. Il capo del Congresso ebraico mondiale, Ronald Lauder ha definito l’AfD «un movimento reazionario che ricorda il peggior passato della Germania».

«Ce l’abbiamo fatta. Siamo entrati in parlamento, e adesso cambieremo il Paese», ha affermato il leader dell’AfD Alexander Gauland. Mentre subito dopo, Joerg Meuthen ha tentato di bollare come «campagna elettorale» tutte le accuse ricevute dal partito, che non sarebbe affatto razzista, xenofobo, ma solo una formazione che vuole «occuparsi della Germania».

LA MEZZA VITTORIA DI LINDNER. La giornata elettorale vede anche un altro vincitore: Christian Lindner, riuscito nell’impresa di riportare i liberali (usciti dal Bundestag nel 2013 e poi ridotti al 3%) in parlamento con un risultato a due cifre. «Non siamo terzo partito, come avremmo voluto. Ma siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità», ha dichiarato Lindner.

Ma c’è un altro dato che, sebbene non direttamente, emerge dalle urne: solo il 6,2% della Germania è asfaltato e cementificato. A tirarlo fuori, qualche tempo fa, è stato un reporter, che ha affrontato un viaggio nella Germania interna per capire il Paese. E in un contesto rurale, fuori portata, Henning Sussebach ha incontrato tanti elettori dell’AfD.

AFD CONQUISTA GLI EX ASTENSIONISTI. Stando alle prime analisi delle elezioni, che hanno visto un aumento dell’affluenza complessiva al 77% (dal 71% della volta scorsa) per l’ultradestra ha votato innanzitutto chi generalmente non vota: 1,2 milioni di persone sono state mobilitate dalla campagna di Gauland e Alice Weidel. E il tema principale per cui il partito è stato scelto è la politica sui migranti e i profughi e le paure legate alla sicurezza interna. La seconda grossa fetta è arrivata dall’Unione, 1,05 milioni di tedeschi, che nel 2013 avevano votato per la Cdu hanno cambiato partito. Meno voti sono arrivati invece dalla Spd (470 mila), dalla Linke (400 mila) e dai liberali (40 mila).

LA RISPOSTA DELL’EST. C’è poi una componente geografica del voto: secondo l’istituto Infratest Dimap per AfD nei nove Land dell’Est della Germania, un tempo divisa dal muro, il partito ha ottenuto il 21,5% dei voti, con una percentuale ben al di sopra della media federale. Per i sondaggi demoscopici della Zdf questa percentuale sale a 22,8. E il partito sarebbe stato scelto per lo più da uomini, un tempo ‘Ossi’, tedeschi dell’Est. Il fenomeno non sorprende, è dell’Est anche il movimento di Pegida, che negli anni scorsi ha sfilato nelle città orientali ogni lunedì contro l’islamizzazione del Paese.