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Congo: scacco matto al Vaticano

28 Settembre 2017

La Chiesa Cattolica ha tentato con tutte le sue forze di risolvere la crisi, senza successo

Le elezioni presidenziali in Congo non si terranno quest’anno. E’ la Commissione Elettorale che lo dichiara, confermando l’annuncio fatto lo scorso mese dal Presidente Joseph Kabila. Le scuse non mancano e si concentrano sull’organizzazione delle elezioni. La Commissione Elettorale registrerebbe difficoltà a reperire le risorse finanziarie e logistiche necessarie per attuare la registrazione dei cittadini aventi diritto al voto su tutto il territorio nazionale. In queste condizioni 7 milioni di congolesi rischiano di essere esclusi dal voto, stima la Commissione Elettorale. Eppure il processo di registrazione del voto era cominciato nel ottobre 2015 e le elezioni erano state rinviate nel 2016 proprio per consentire di completare il processo. La Commissione Elettorale non ha potuto assolvere al suo compito per volontà politica.

L’opposizione protesta. «La Commissione Elettorale ha fatto una dichiarazione di guerra contro il popolo congolese» afferma Felix Tshisekedi, figlio del deceduto storico leader Etienne Tshisekedi. Felix è stato eletto leader del principale partito di opposizione nel ovest del Paese, UDPS (Unione Democratica per il Progresso Sociale), dopo aspre lotte interne che hanno indebolito il partito e diminuita la sua credibilità a livello nazionale. La Conferenza Episcopale e il Vaticano rimangono in silenzio. Solo Papa Francesco la scorsa settimana ha annunciato che la sua prevista visita in Congo sarà annullata per evitare che venga strumentalizzata politicamente da un governo chiaramente a lui avverso. Nella sede della Conferenza Episcopale a Kinshasa l’atmosfera è cupa e il rancore evidente.

La Chiesa Cattolica aveva tentato con tutte le sue forze di risolvere la crisi congolese scoppiata nel novembre 2015 quando Joseph Kabila annunciò la sua intenzione di accedere ad un terzo mandato presidenziale contro la volontà popolare e la Costituzione. Dopo le prime proteste represse nel sangue, la Conferenza Episcopale aveva tentato di portare sul tavolo delle negoziazioni governo e opposizione proponendo un compromesso capace di chiudere la crisi ed evitare spargimento di altro sangue. Le elezioni sarebbero state rinviate dal dicembre 2016 ai primi mesi del 2017. Kabila avrebbe mantenuto la carica presidenziale (scaduta il 19 dicembre 2016) fino alle elezioni ma avrebbe rinunciato a candidarsi. La proposta aveva trovato il consenso di governo e opposizione ed era stata formalizzata in un testo redatto il 31 dicembre 2016 e denominato ‘Accodi di San Silvestro’.

La proposta della Conferenza Episcopale era frutto di un intenso lavoro di coordinamento tra il Vaticano, il Nunzio Apostolico di Kinshasa e i vescovi congolesi. Aveva anche ricevuto il consenso di Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite. I primi stanchi del regime di Kabila in quanto la corruzione relativa al settore minerario ha raggiunto livelli tali da rappresentare un elevato costo per le multinazionali occidentali operanti in Congo. L`ONU desideroso di tirarsi fuori dal pantano congolese. Seppur la missione di pace MONUSCO rappresenti un ottimo affare economico per le Nazioni Unite le numerose ‘sbavature’ commesse dai Caschi Blu (violenze sessuali, mancata protezione di civili e profughi, traffico di armi e minerali preziosi, corruzione) ha contribuito a deteriorare l’immagine delle missioni di pace delle Nazioni Unite fornendo validi argomenti al Presidente Donald Trump che ora chiede una radicale riforma di questa istituzione sovranazionale.

La Chiesa Cattolica è l’unica entità riconosciuta a livello nazionale in Congo in quanto tutti i partiti di opposizione hanno una base regionale e tribale. Fin dall’ultimo decennio del regime di Mobutu Sese Seko la Chiesa Cattolica ha riempito il vuoto istituzionale nei settori sanità, educazione e servizi sociali, divenendo un attore politico di primo piano nel Paese. Nella sua opera di assistenza alla popolazione la Chiesa Cattolica è in grado di mobilitare sostanziosi fondi grazie alla Cooperazione del Vaticano, la CEI e alla sua influenza presso la Cooperazione Italiana, quella Europea, USAID e Agenzie Umanitarie ONU. In Congo varie ONG cattoliche anche italiane operano al fianco dei poveri e in coordinazione con il capillare network delle diocesi locali e dei missionari.

Dal 1998 al 2005 la Chiesa Cattolica aveva assunto una radicale posizione anti tutsi paragonabile solo alla sua crociata contro il Comunismo. Il clero cattolico e i missionari avevano formato un forte nucleo di resistenza contro le truppe di invasione ruandesi e ugandesi. Una resistenza che spesso ha sconfinato nel supporto attivo dei terroristi ruandesi FDLR autori del genocidio del 1994 in Rwanda. Nel 2007 le Nazioni Unite includono molti missionari anche italiani in un rapporto sui finanziatori di questo gruppo terroristico.

Con l’avvento di Papa Francesco viene promossa una nuova dottrina di pace e integrazione dei popoli nella Regione dei Grandi Laghi che sostituisce la vecchia dottrina di difesa ad oltranza delle popolazione bantu e hutu minacciate dall’imperialismo Hima (tutsi). La storia degli ultimi quaranta anni dimostra esattamente il contrario e l`Olocausto ruandese è la testimonianza indelebile della potenza della propaganda razziale HutuPower promossa nel 1957 proprio dalla Chiesa Cattolica, tramite la congregazione dei Padri Bianchi.

Il nuovo corso del Papa Francesco spezza la lunga e oscura epoca di supporto a ideologie di superiorità razziale che come quella nazista portarono alla soluzione finale. Una scelta coraggiosa e non condivisa dai farisei del Vaticano ma che ha avuto il pregio di  diminuire drasticamente in Congo e in Burundi il sostegno al HutuPower offerto dalle associazioni cattoliche ortodosse e reazionarie. Una scelta purtroppo pagata a caro prezzo. I regimi razziali si sentono traditi ed iniziano i massacri del clero cattolico da Kamenge Bujumbura settembre 2014 al Congo febbraio 2017.

Gli accordi di San Silvestro erano orientati a favorire un cambiamento pacifico di regime per aprire in Congo una stagione democratica e di integrazione regionale dove non vi sia spazio per terroristi o forze genocidarie che infestano soprattutto le provincie orientali del Paese. Gli accordi di San Silvestro avevano due altri obiettivi. Impedire che le potenze vicini (Rwanda e Uganda) si orientassero a risolvere il problema Kabila tramite vecchi ma efficaci metodi sperimentati nel 1996 contro il dittatore Mobutu: la creazione di una guerriglia autoctona supportata militarmente e una guerra di liberazione. Il tentativo di rendere irreversibile il processo democratico in Congo mirava anche a isolare un altro regime nemico del Vaticano: quello del vicino Burundi e il suo brutale dittatore Pierre Nkurunziza elogiato da molti settori della Chiesa Cattolica e associazioni di ‘pace’ dal 1993 al 2015.

Nonostante l’autorità morale della Chiesa Cattolica e la sua proposta che offriva a Kabila una via d’uscita più che dignitosa e conveniente, gli strateghi del Vaticano si sono scontrati contro lo scoglio degli interessi economici della Famiglia Kabila strettamente collegati al Clan dei Mobutisti e a forze reazionarie e armate quali le FDLR ruandesi. Interessi economici garantiti da un network di affari ‘border line’ che generano circa 8 milioni di dollari al mese.  Questo network, controllato dalla Famiglia Kabila, è riuscito a creare una potente quanto occulta holding economica e finanziaria dettagliatamente descritta nell’ultimo rapporto redatto da Congo Research Group. Questa holding possiede 80 compagnie minerarie e finanziarie, 450 miglia di concessioni di diamanti ai confini con l`Angola, il monopolio dell`oro e del coltan all`est del Paese, e compagnie internazionali che trattano direttamente con la Banca Mondiale e le Nazioni Unite.

La Kabila Holding controlla vari settori economici: agricolo, minerario, bancario, finanziario, edile, telecomunicazioni e compagnie aeree private. Il Ministero delle Miniere è controllato dalla sorella del Presidente, Jaynet Kabila, mentre il fratello (violentissimo e psicopatico) Zoe Kabila ha l`assoluto controllo di tutte le joint ventures ed appalti minerari con le multinazionali straniere, compreso il complesso minerario di Sicomines creato da Pechino. Un complesso minerario capace di generare 2,4 miliardi di dollari annui d`affari.  La Famiglia Kabila riscuote inoltre un pizzo e alte percentuali su tutti i contratti commerciali firmati in Congo e sulle attività commerciali e terziarie, compreso il servizio di taxi.

E’ anche in società con le mafie russa, nigeriana, libanese e italiana nel riciclaggio internazionale di denaro proveniente da attività criminali che è il primo fattore del boom edilizio nella capitale Kinshasa. In protezione dei suoi affari la Famiglia Kabila può contare su due forze armate che agiscono come compagnie private di mercenari: la Guardia Repubblicana (circa 15.000 uomini) e le forze speciali del Katanga (circa 10.000 uomini). All’est del Paese la difesa territoriale e degli affari di Kabila è affidata al gruppo terroristico ruandese FDLR che controlla anche 14 milizie congolesi denominate Mai Mai.

La ragionevole offerta di pace del Vaticano è di conseguenza antitetica agli interessi della Holding Kabila. Questo fattore non ha permesso fin dal inizio al Presidente di accettare l’offerta della Santa Sede. Gli strateghi del Clan dei Mobutisti (ex dirigenti del regime di Mobutu ora alleati e potenti consiglieri della Famiglia Kabila) hanno adottato una strategia vincente contro la potente Chiesa Cattolica.

Sotto loro consiglio, il Presidente Kabila ha formalmente accettato gli Accordi di San Silvestro senza però apporre la sua firma. Questo ha lui permesso di mantenere legalmente la Presidenza. Una volta riconosciuta dalle parti la sua carica ‘temporanea’ alla Presidenza dopo la scadenza del secondo mandato, Kabila ha scatenato forze incontrollabili tese a rafforzare il suo piano di Presidenza a Vita. Nelle Province orientali (Nord Kivu e Sud Kivu) ha lanciato una ondata di violenze etniche senza precedenti grazie alle FDLR e alle milizie Mai Mai. Violenze che hanno creato circa 2 milioni di sfollati interni e 24.000 vittime in meno di due anni.

Nelle zone di Lubero, Butembo e Beni (Nord Kivu) le violenze sono sfociate in una pulizia etnica contro la tribù Nande (originaria dell`Uganda) mentre nella piana della Ruzizi, Bukavu, Uvira e altopiano di Mulenge la pulizia etnica prende di mira l`etnia dei tutsi congolesi Banyamulenge. Il piano è quello di creare una situazione di instabilità permanente all’est del Congo che giustifichi i continui rinvii delle elezioni e impedisca il sorgere di un movimento armato di liberazione come successe nel 1996 e nel 1998. Il piano di violenze generalizzato è stato avviato anche nella provincia del Kasai e nel Bas Congo.

Nel Kasai il movimento ribelle di Kwamina Nsapu ‘Black Ants’ (formiche nere) è impegnato in una guerra contro l`esercito regolare congolese FARDC dal 2016 che ha provocato 3.300 morti e 890.000 sfollati. La ribellione è sorretta principalmente dall’etnia bantu Nuba. Nel Bas Congo un paranoico profeta, Ne Muanda Nsemi, è leader di un movimento separatista denominato Bundu dia Kongo che ha come obiettivo quello di separare la ricca e strategica provincia del Bas Congo (ove è ubicato l’unico sbocco sul mare del Congo: il porto di Matadi) rivendicando la rinascita dell`antico regno del Kongo. Nonostante che il profeta Nsemi da 8 mesi langue in una prigione di Kinshasa, il movimento si sta intensificando creando una violenza generalizzata nella provincia del Bas Congo. Alcuni analisti regionali sono convinti che le Formiche Nere e il Profeta del Kongo siano marionette di Kabila. Non ci sono prove a supporto di tali affermazioni ma è indubbio che entrambi i movimenti armati indipendentistici fanno il gioco di Kabila.

L’ondata di violenze etniche è stata associata all’ondata di violenze dirette contro la Chiesa Cattolica. Tra il febbraio e il maggio 2017 varie chiese sono state profanate e incendiate mentre il clero cattolico è costantemente minacciato di morte. Le violenze rivolte contro i cattolici sono un chiaro messaggio al Vaticano lanciato dalla Famiglia Kabila: «Non osate ostacolarci se non volete subire la nostra ira». L’impossibilità del Vaticano di promuovere una lotta armata in Congo (strategia contraria al messaggio evangelico) impedisce la Santa Sede di far fronte alla sfida di Kabila e rende il clero cattolico congolese letteralmente alla mercè della violenza di Stato.

La strategia adottata contro l’opposizione ha giocato sulla storica debolezza dei politici congolesi: il denaro. Le divisioni tra i principali partiti di opposizione create ad hoc a forza di cospicui versamenti su conti bancari sicuri aperti all’estero ha impedito un fronte politico unico. Questi versamenti hanno anche favorito artificiali quanto assurde divisioni interne ad ogni partito di opposizione. Questo ha impedito alla Chiesa Cattolica di unire sotto la sua guida un fronte democratico credibile e moralmente riconosciuto dalla maggioranza della popolazione.

L’inaspettata ma provvidenziale morte del leader storico dell’opposizione Etienne Tshisekedi ha accelerato i piani della Holding Kabila rendendoli irreversibili. L’ascesa al comando del UDPS di suo figlio Felix ha creato una scissione che ha indebolito il principale partito di opposizione. Kabila ha letteralmente comprato vari leader di alto profilo del UDPS tra i quali Bruno Tshibala che dallo scorso aprile ricopre la carica di Primo Ministro del governo Kabila. Un’abile mossa che sulla carta rispetta gli Accordi di San Silvestro che prevedevano che tale carica fosse ricoperta dall’opposizione. Ora Kabila ha un Primo Ministro dell`opposizione ma sotto il suo totale controllo.

L’opera di corruzione dei partiti di opposizione ha creato una situazione perfetta per il regime all’interno della società congolese. «Molti cittadini sono ormai sfiduciati della politica nazionale e si stanno allontanando dai leader dell`opposizione pur odiando il governo Kabila. I leader alternativi sono visti come politici avidi legati a interessi personali e cariche governative o provinciali. L`opposizione viene ormai considerata come una mera distrazione dai reali problemi del Paese: mancata democrazia, sottosviluppo, violenze, pulizie etniche, mancato rispetto dei diritti umani, disoccupazione, povertà» spiega Ida Sawyer, una dirigente di Human Rights Watch. La mancata fiducia popolare verso l`opposizione non può sfociare in una ribellione armata grazie allo stato di guerra permanente e di pulizie etniche all’est e in altre province del Paese.

A livello regionale Kabila non è riuscito al momento a riallacciare i compromessi rapporti con l’Angola ma ha ottenuto un risultato più importante: una tacita alleanza con le due potenze regionali in grado di rovesciare militarmente il regime di Kinshasa: Rwanda e Uganda. Dietro i discorsi ufficiali per il rispetto delle regole democratiche in Congo (ormai sempre più rari) i Presidenti Yoweri Kaguta Museveni e Paul Kagame sostengono il piano di Presidenza a Vita di Kabila. Un sostegno assicurato da accordi economici segreti che permettono al Rwanda di essere il primo partner economico sul traffico illegale di Coltan e all’Uganda il primo partner economico per il traffico illegale dell’oro e dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio presenti nelle acque territoriali congolesi del Lago Alberto.

Questo accordo contiene una richiesta di Kampala e Kigali: quella di abbandonare alla sua sorte il dittatore burundese Pierre Nkurunziza. Al momento attuale non è possibile comprendere se Kabila abbia accettato o meno tale richiesta anche se vari osservatori regionali sono propensi a pensare che l`alleanza Kinshasa Bujumbura potrebbe essere disciolta in un istante se compromettesse il progetto di Kabila alla Presidenza a Vita. Un progetto che necessita come l’aria che si respira della alleanza tacita di Rwanda e Uganda per impedire il sorgere di una guerra di liberazione congolese che conquisterebbe il Paese in pochi mesi.

Joseph Kabila, detto il Rais del Congo, ha inflitto una umiliante sconfitta al Vaticano, la quinta nella storia del Congo. Durante la fase di indipendenza dal Belgio (inizio anni Sessanta) la Santa Sede tentò di mettere al potere partiti politici collegati alla Democrazia Cristiana. Tentativo distrutto dalla carismatica figura marxista del Primo Ministro Patrice Lumumba (l’unico vero politico genuino che il Congo abbia mai avuto) e dal colpo di stato di un anonimo e insignificante sergente: Joseph Mobutu sostenuto dalla CIA e dal Belgio. Durante il primi mesi del regime di Mobutu, che durò 30 anni, la Chiesa Cattolica tentò di controllare il governo attraverso una convergenza di intenti in chiave anti comunista. Mobutu si appoggiò ai cattolici per rafforzare il suo potere per abbandonare il Vaticano quando riuscì a controllare il Paese. La proclamazione di uno nuovo Paese: lo Zaire e l’obbligo dei cittadini di abbandonare i nomi cattolici per assumere nomi africani furono i principali atti politici che segnarono definitivamente la rottura con la Chiesa Cattolica e l`inizio della guerra fredda tra Vaticano e Kinshasa.

Per 20 anni la Chiesa Cattolica tentò di abbattere il regime di Mobutu sostituendolo con partiti cristiani senza riuscirci. La fine del regime fu opera del nemico numero uno del Vaticano: i tutsi che nel 1996 conquistarono lo Zaire e posero al potere Laurent Desirè Kabila (il padre dell`attuale Presidente). Allo scoppio della seconda guerra Pan Africana (1998 – 2004) e l`occupazione del est da parte di Rwanda e Uganda la Santa Sede intravvide un`altra occasione per conquistare il potere in Congo, diventando il paladino della resistenza passiva congolese al ‘terrore Hima’. Alla morte di Laurent Desirè il Vaticano appoggiò il Clan dei Mobutusti e il giovane Jospeh Kabila nella speranza di poter influenzarli entrambi. Una speranza infranta un anno dopo la vittoria elettorale di Kabila (2005) quando il giovane Rais ruppe di fatto i rapporti con la Chiesa Cattolica trattandola come una forza antagonista.

A differenza del passato la Chiesa Cattolica del nuovo corso di Papa Francesco rappresenta in Congo una forza progressista. La sua visione politica per il Paese rappresenta anche un rafforzamento del processo di integrazione socio economica regionale in grado di porre fine a violenze, pulizie etniche e guerre regionali. Purtroppo il piano politico della Santa Sede è stato nuovamente bloccato. Questo non significa però che la Chiesa Cattolica abbia accettato la sconfitta. L’impegno (ora genuinamente al fianco del popolo congolese) del Vaticano continuerà in quanto la democrazia in Congo è un elemento chiave della lungimirante visione politica di Papa Francesco per la Regione dei Grandi Laghi. Abbandonata la lotta contro l’immaginario nemico Hima, Francesco ora intende offrire una speranza ai popoli dell’Africa Orientale. Una speranza di pace e benessere che da desiderio si sta trasformando in un impegno irrinunciabile per la Santa Sede per essere coerente al messaggio evangelico rinnovato e ripulito da obiettivi e interessi occulti.