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Catalogna: nuovi arresti e tensione alle stelle con Madrid

20 Settembre 2017

Situazione sempre più incandescente in Catalogna. Stamane la Guardia Civil spagnola ha condotto un blitz nelle sedi del governo catalano arrestando 14 persone, 10 delle quali alti funzionari fra cui il braccio destro del vicepresidente Oriol Junqueras, Josep Maria Jovè. Si tratta di una svolta nella strategia di Madrid per impedire il referendum sull’indipendenza del 1° ottobre, che ha provocato la protesta spontanea di migliaia di persone, che sono scese in piazza in difesa delle istituzioni catalane, bloccando alcune strade del centro di Barcellona.

Davanti alla sfida dell’indipendenza catalana, che «non rispetta la legge», «logicamente lo stato deve reagire» ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy. «Nessuno stato al mondo può accettare quanto stanno facendo: erano avvertiti, ha aggiunto, sapevano che il referendum non si può fare perché contrario alla sovranità nazionale e al diritto di tutti gli spagnoli di decidere cosa vogliono per il loro Paese. A nessuno piace questa situazione, e a me neppure», ha aggiunto.

Duro il commento del presidente catalano Carles Puigdemont: «Manteniamo la convocazione del referendum del 1° ottobre per difendere la democrazia di fronte ad un regime repressivo e intimidatorio. Ci difenderemo con le sole armi che abbiamo, la risposta pacifica e democratica dei cittadini». Poi ha parlato di «una aggressione senza possibilità di difesa legale e violentando la carta fondamentale delle Nazioni Unite» e ha accusato Madrid di avere «sospeso di fatto, illegittimamente, l’autogoverno della Catalogna, instaurando uno stato di eccezione: la libertà è sospesa. E’ una situazione inaccettabile in democrazia e una operazione coordinata per impedire che i catalani possano esprimersi in pace e libertà il 1° ottobre».

Intanto all’ONU oggi è stato il giorno del discorso del premier Paolo Gentiloni. Prima, aveva dichiarato: «L’illusione di rispondere alle sfide che abbiamo davanti difendendo ciascuno il proprio interesse nazionale, contrapponendo Paesi a Paesi è una illusione. Non si risponde a queste sfide con i muri, si risponde con un lavoro comune. Oggi è un’occasione per misurare il metodo del lavoro multilaterale». E ha continuato: «Oggi ci dedicheremo alla questione Libia, c’è un vertice tra i principali leader e vedrò tra qualche minuto Sarraj per preparare la riunione. L’obiettivo è proporre, sollecitare l’Onu a tornare in Libia, ce n’è bisogno per il processo pace e per la questione migratoria perché le condizioni dei rifugiati in Libia hanno bisogno di essere sorvegliate e migliorate sul fronte dei diritti umani. E nessuno meglio dell’Onu ci può aiutare».

Duro invece l’intervento del presidente iraniano Hassan Rohani: «Quella della moderazione è la strada scelta e intrapresa dall’Iran. Noi non minacciamo nessuno, ma allo stesso tempo non tolleriamo e non tollereremo alcuna minaccia nei nostri confronti». «L’Iran non sarà il primo a violare l’accordo sul nucleare, ma risponderemo in maniera decisa e risoluta a qualsiasi violazione», ha aggiunto sottolineando che se gli Usa dovessero uscire dall’intesa «distruggerebbero soltanto la loro credibilità».

Passiamo alla Siria, perché all’ANSA attivisti locali hanno dichiarato che decine di migliaia di civili sono intrappolati nella zona orientale di Dayr az Zor, ultima roccaforte urbana in mano all’Isis, da giorni al centro dell’offensiva russo-iraniana-governativa e dell’avanzata di truppe curde sostenute dagli Usa. «I civili sono intrappolati sotto incessanti raid aerei russi, i dirigenti stranieri dell’Isis usano la manovalanza siriana come carne da macello», affermano.

Intanto i media libanesi citando come fonte l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), affermano che ormai oltre il 980% di Raqqa, considerata la ‘capitale’ dell’Isis in Siria, è stata conquistata dalle forze a maggioranza curda sostenute dagli Usa. I combattimenti continuano intorno al centro della città e nella parte nord-orientale.

Negli Usa è scontro tra Donald Trump e Hillary Clinton. Il Presidente in un tweet al veleno ha detto: «Dopo avere permesso alla Corea del Nord di fare ricerca e costruire armi nucleari (Nukes) mentre era Segretario di Stato (anche Bill C), adesso la Corrotta Hillary critica».  L’ex first lady al ‘The Late Show with Stephen Colbert‘ ha invece bollato come ‘molto cupo’ e ‘pericoloso’ il discordo dei Trump all’Onu: «Quando si è davanti a situazioni pericolose come ciò che sta succedendo nella Corea del Nord, per chiarire le cose il primo approccio dovrebbe essere sempre diplomatico. Secondo noi questo è pericoloso per i nostri alleati, per la regione e perfino per il nostro Paese». E ammette che The Donald avrebbe dovuto lanciare «un appello a tutte le nazioni affinché lavorino con noi per cercare di porre fine alla minaccia rappresentata da Kim Jong Un invece di chiamarlo ‘rocket man’, come la canzone di Elton John. Ma per dirlo chiaramente noi non tollereremo qualsiasi attacco contro i nostri amici o contro di noi».

Andiamo in Gran Bretagna, dove altre due persone sono state arrestate nelle ultime ore dalla polizia britannica nel’ambito delle indagini sull’attentato di Parsons Green, nella metropolitana di Londra, di venerdì scorso. Lo riportano fonti investigative, precisando che un 48enne e un 30enne sono finiti in manette durante un blitz condotto in un edificio della località di Newport, in Galles. In totale al momento sono 5 gli arrestati.

Chiudiamo con la Turchia, perché due agenti dei servizi segreti sono stati rapiti da militanti del Pkk curdo nel nord dell’Iraq. A confermarlo, dopo diverse indiscrezioni apparse su media locali, è stato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu. La Turchia sta lavorando per il rilascio di «tutti i suoi cittadini che il Pkk ha rapito», ha spiegato Cavusoglu, negando tuttavia trattative dirette con il gruppo ribelle.