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Carceri: quaranta suicidi, un infinito catalogo di orrori

6 Settembre 2017

Un inferno senza se e senza ma. La polizia penitenziaria denuncia: ‘Il cibo è uno schifo’

Che le carceri italiane siano quello che sono, è cosa ignota, ormai, solo a chi ha deciso di ignorarlo. Solo a voler collezionare quanto si scrive ogni mercoledì in questa rubrica, se ne ricava un infinito catalogo fatto di episodi e fatti che da una parte fanno rabbrividire, dall’altra ti fanno vergognare. E comunque, davvero, le chiacchiere, al punto in cui siamo arrivati, stanno a zero. I fatti sono fatti. Sono un fatto che dall’inizio dell’anno almeno 40 detenuti si sono suicidati; un altro fatto è che almeno 567 detenuti hanno tentato di farlo. Un terzo fatto è che sono stati censiti 4.310 atti di autolesionismo.

Don Ettore Cannavera, ex cappellano del carcere di Cagliari, dice che «le carceri italiane sono diventate discariche sociali». Racconta della situazione del carcere di Cagliari, che certamente non è l’unica: «Su 600 detenuti, più della metà sono malati psichiatrici e tossicodipendenti. Poi, manca personale di polizia penitenziaria e gli educatori sono solo nove».

C’è poi il problema costituito dai detenuti che un tempo erano ristretti negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. I detenuti con disturbi psichiatrici dovrebbero trovarsi nelle REMS, le strutture alternative; che però sono insufficienti rispetto al fabbisogno. Così spesso finiscono nelle carceri diciamo così ‘normali’; con prevedibili conseguenze. Solo per mano di questi reclusi problematici, negli ultimi 10-15 giorni si sono verificate aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria nelle carceri di Ferrara, Pisa, Civitavecchia, Milano, Ancona, Ariano Irpino, Firenze, Napoli, Viterbo, Udine. Personale che, per inciso, non per loro responsabilità, non ha la necessaria preparazione per affrontare situazioni come quelle che pongono in essere detenuti con problemi psichiatrici.

Una  ‘piccola’ notizia d’agenzia, è la dimostrazione di una situazione giunta al collasso: ‘I sindacalisti scrivono all’Asl e invitano a pranzo i politici: Venite e rendetevi conto‘. Di che cosa, rendersi conto? Delle carote raggrinzite, perché vecchie; delle pesche marce, dell’anguria andata a male; del pollo bruciato, dell’insalata con il verme.

‘Cucine da incubo’, insomma, e sarebbero quelle di Torino, Ivrea, Biella, Fossano, Cuneo, Saluzzo, Aosta, Vercelli e altre città ancora. La denuncia viene da una quantità di sindacati della polizia penitenziaria: Osapp, Sappe, Sinappe, Uil Pa, e altri ancora. Hanno presentato una denuncia circostanziata alla Asl: «Dopo ripetute segnalazioni alla singole direzioni, e al competente provveditorato, non c’è stato nessun cambiamento: ora basta». La Commissione Mensa di Aosta, ad esempio, avrebbe riscontrato muffa nei frigoriferi, alimenti mal conservati, frutta marcia, lasagna preconfezionata con la data di scadenza superata da giorni; come in altre carceri, da Torino a Cuneo, alla sera sono stati serviti gli avanzi, fette di anguria deteriorata. «La situazione è ormai intollerabile» spiega Gerardo Romano, vice segretario generale Osapp: «o le cose cambiano o faremo la rivoluzione, perché qui si tratta di sicurezza e salute. Non è questione di esser schizzinosi, Avete dubbi? Provate», dice Romano. «Politici e sindaci sono invitati: paghiamo noi, sarebbe meglio però venissero una sera e a sorpresa per rendersi conto davvero». E se da incubo è la cucina per gli agenti della polizia penitenziaria, figuriamoci quella per i detenuti…

Prima di chiudere, una ‘riflessione’ sui fatti di Rimini, le disgustose violenze di cui si sono resi responsabili quattro farabutti ai datti di una coppia polacca e una transessuale. Ubriachi, drogati? Chissà. E’ probabile, è possibile; comunque bestie che anche le bestie, potessero parlare, rifiuterebbero di aver qualcosa da condividere con loro. Nelle cronache che capita di leggere in questi giorni si sostiene che i romagnoli non hanno nulla a che fare con quei magrebini che controllano il racket della droga, che spacciano ed usano violenza. E in coro gridano il loro NO alla ‘piadina meccanica‘, invocano il ritorno alla ‘sana piadina con il formaggio squacquerone, dopo un buon piatto di cappelletti in brodo‘. Giusto. Come si fa a non un unirsi a questa sacrosanta invocazione?

Si sostiene poi che non è sufficiente l’arresto immediato degli stupratori nordafricani e di coloro che li proteggono; che occorre fare ‘pulizia’. Facciamola, ma sul serio, e fino in fondo, nessun angolo escluso. Vogliamo raccontare cos’è diventata, da anni, la riviera romagnola ogni venerdi-sabato-domenica che Dio manda in terra? Non ci sono solo i magrebini; ci sono anche branchi di giovinastri che calano con l’esplicita intenzione di ‘sballare’ per ore; i magrebini spacciano, ma ci sono centinaia, migliaia di persone che vogliono essere ‘spacciate’; e si ubriacano, molestano, ne fanno di ogni tipo. Va avanti da anni: nei lidi (una volta li si chiamava ‘bagni’) si consente musica a massimo volume per ore, le spiagge diventano, con tanto di autorizzazione ufficiale, discoteche-lupanare dove può accadere di tutto (e di tutto accade…). Tutto autorizzato, permesso, concesso.

E’ per un caso che da anni che tutti i rapporti di tutte le nostre polizie segnalano che il litorale è pesantemente inquinato da presenze di affiliati a clan della criminalità organizzata? C’è tutta una ‘economia’ che lucra e ingrassa su questi professionisti dello ‘sballo’. C’è anche una pesante responsabilità di sindaci e di amministratori che poco o nulla fanno per contrastare (e anzi, spesso hanno contribuito ad alimentare) quei fenomeni che sono il ‘brodo di coltura’ delle ‘piadine meccaniche’.

Ecco le ‘notizie’ pubblicate dal ‘Corriere della Sera‘. Titolo: ‘Incappucciata e violentata: terrore a Bologna‘. Si parla di una studentessa ventiduenne, aggredita nell’androne di casa. Terzo episodio in pochi mesi. Segue un commento di Luca Goldoni; scrive di un primato di cui si sarebbe fatto volentieri a meno: più di trecento stupri denunciati in due anni e mezzo nella sola Bologna. E così descrive la centralissima via Indipendenza: «…una specie di suk dove, tra bancarelle improvvisate e gruppi di giovani sbandati metropolitani, per una donna sola camminare è un’avventura». Il succo dell’articolo di Goldoni è che «il sogno è finito, anche qui è arrivata la violenza».

Altro che Bologna «donna emiliana di zigomo forte…capace d’ amore, capace di morte, che sa quel che conta e che vale, che sa dov’ è il sugo del sale, che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita…», come canta(va) Francesco Guccini. Altro che la pascoliana ‘Romagna solatia, dolce paese, cui regnarono Guidi e Malatesta; cui tee pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta’. Di quand’è l’articolo di Goldoni? 13 giugno, 1997. Vent’anni fa…