General

Russia – Cina: nuove esercitazioni congiunte nel Pacifico

10 Agosto 2017

Il recente militarismo di Pechino trova un alleato a Mosca

Vladimir Matveijev, portavoce del Distretto militare orientale russo per la Flotta del pacifico, ha annunciato che le Marine della Russia e della Repubblica Popolare Cinese hanno concordato di realizzare la seconda fase delle esercitazioni militari congiunte Sea-2017 in Settembre, precisamente dal 18 al 26, a Vladivostok.

La prima fase delle esercitazioni Sea-2017 si è tenuta dal 21 al 28 luglio nel Mar Baltico, a cui hanno partecipato diverse navi da guerra e velivoli di entrambi le nazioni per praticare manovre di difesa antinave, anti-aerea e anti-sommergibile. La Cina ha impiegato una flotta composta dal cacciatorpediniere Changsha, dalle fregate Yuncheng e Lomahu, che hanno tutte preso il largo  dal porto di Sanya, nella provincia cinese di Hainan, il 18 luglio.

La scelta di effettuare queste prove di efficienza in corrispondenza dell’ area Baltica, nei pressi del porto di Baltiysk , all’ interno dell’ enclave russa di Kaliningrad, non è stata certamente casuale. Poche settimane prima, Donald Trump, in procinto di raggiungere il G20 di Amburgo, in visita a Varsavia, per definire l’ atteggiamento russo nella regione, aveva detto che «la Russia ha un comportamento destabilizzante, noi sapremo risponderle. Gli Stati Uniti lavorano insieme ai loro alleati per opporsi ai comportamenti destabilizzanti della Russia».

Le parole di Trump erano un chiaro riferimento alle recenti tensioni tra la NATO e la Russia nei cieli del Baltico: infatti sul finire di giugno un F16 NATO aveva intercettato l’ aereo del Ministro della difesa russo Serghei Shoigu e un caccia russo Su-27 di scorta all’ aereo del Ministro era intervenuto, mostrando “gli armamenti” al jet NATO che, poi, si era ritirato. Ma già il giorno precedente, il 20 Giugno, era avvenuta una piccola schermaglia tra un aereo da ricognizione  RC-135 americano e un Su-27 russo.

A questi eventi, il Segretario Generale della NATO, Jeans Stoltenberg, aveva dichiarato: «Noi siamo trasparenti e invitiamo la Russia a essere trasparente nelle sue esercitazioni. Voglio sottolineare che una larga parte delle intercettazioni (di aerei) sul Mar Baltico è svolta in modo professionale e sicuro, da entrambe le parti». Controbilanciare dunque la presenza americana e NATO nella regione baltica potrebbe dunque essere una spiegazione della scelta ricaduta sul Mar Baltico per le esercitazioni russo-cinesi.

Certo è che se l’ obiettivo dichiarato delle esercitazioni è quello di testare e aumentare l’ interoperabilità tra le flotte russe e cinesi nel contrasto alle minacce marittime oltre che sviluppare un efficace coordinamento tra gli equipaggi, tentando di raggiungere un alto livello di cooperazione, l’ obiettivo implicito pare essere quello di mostrare agli USA di Donald Trump, anche in seguito alle nuove sanzioni approvate dal Congresso e controfirmate dal Presidente, che l’ asse Mosca-Pechino è solida non solo sul piano economico e geopolitico, ma anche sul piano militare.

La superiorità americana nel settore della difesa è difficilmente scalfibile, almeno nel breve termine, ma è impensabile che la sintonia Russia – Cina possa lasciare indifferente Washington soprattutto ora che, come ha dichiarato il Presidente Xi Jimping in occasione della parata per il 90° anniversario dell’Esercito Popolare di Liberazione della Cina, «siamo più vicini che mai alla rinascita della nazione cinese e abbiamo bisogno di creare l’esercito più forte che il nostro popolo abbia mai visto». 

Se si tiene conto che il budget adibito dal Governo cinese alle spese militari è aumentato dell’ 8,5% nel corso dell’ ultimo decennio, non vi sono dubbi circa le intenzioni di Pechino: infatti, ha aggiunto Xi Jimping, «come dichiarato dal compagno Mao Zedong, il nostro principio è quello di avere un Partito al comando dell’Esercito e non un Esercito che comanda il partito».

Non è però una coincidenza neanche la decisione di eseguire la seconda fase delle Sea-2017 nel Mar di Ochotsk. Proprio a poche centinaia di chilometri da quelle acque, nella penisola coreana, si sta consumando un’ altra crisi che vede protagonisti gli USA, la Cina, il Giappone, ma anche, inevitabilmente, la Russia. Peraltro, in questi giorni, sono stata approvate all’ unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, delle sanzioni economiche contro Kim Jong Un.

E in riferimento alla situazione tesa del 38° parallelo, nelle ultime ore, alla notizia che il regime nordcoreano, secondo uno studio svolto dalla Defence intelligence Agency, avrebbe realizzato delle testate miniaturizzate adatte ad armare i missili di lunga gittata, il Presidente Trump ha asserito che «se Pyongyang continuerà con l’escalation della minaccia nucleare la risposta americana sarà fuoco e furia, come il mondo non ha mai visto». E in un tweet ha aggiunto: «Il mio primo ordine da Presidente e’ stato rafforzare e ammodernare il nostro arsenale nucleare. E’ ora più forte e più potente che mai. Speriamo di non dover mai usare questa forza, ma non ci sarà un momento in cui non saremo la Nazione più potente del mondo».

Poche ore fa Kim Jong Un ha reso noto, attraverso l’agenzia ufficiale nordcoreana ‘Kcna‘, che sta prendendo in considerazione la possibilità di colpire con un missile a raggio intermedio la base Andersen dell’ Us Air Force che si trova sull’ isola di Guam. L’ isola, al momento amministrata dal Governatore Eddie Calvo, ospita in uno spazio pari ad un terzo del suo territorio circa 6.000 militari americani, il 36esimo stormo aereo formato dai caccia B-52, i B-1B Lancers e più raramente i B2 Spirith. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, James Mattis, ha inviato un ultimatum alla Corea del Nord ossia “cessare qualsiasi minaccia di azioni che potrebbero condurre alla fine del suo regime e alla distruzione della sua gente“.

Inoltre, la Cina ha a cuore un’ altra questione decisiva per il raggiungimento della leadership regionale ossia il controllo del Mar Cinese Meridionale, via importante del commercio mondiale e su cui gli Stati Uniti non vogliono cedere il passo al ‘dragone cinese’. E se le posizioni americana e cinese sembrano definite, quella russa potrebbe fare la differenza.