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Migranti, dopo Msf si fermano anche Sea Eye e Save the Children

13 Agosto 2017

In poco meno di 24 ore tre ong hanno deciso di fermare le operazioni di salvataggio. Dopo le minacce della guardia costiera libica «non ci sono le condizioni di sicurezza per andare avanti». Al momento attiva solo la nave Aquarius di Sos Mediterranee.

Dopo Medici Senza Frontiere, anche le Ong Sea Eye e Save the Children fermano le navi impegnate davanti alla Libia nel soccorso ai migranti: non ci sono le condizioni di sicurezza per andare avanti e non può di conseguenza essere garantita l’efficacia delle operazioni. In meno di 24 ore, dunque, lasciano – almeno temporaneamente – tre delle otto Ong che negli ultimi 20 mesi non hanno mai abbandonato le acque internazionali davanti ai porti libici, salvando migliaia di migranti: 46.796 persone nel 2016, circa 38% del totale di quelle sbarcate; 12.646 nei primi quattro mesi del 2017, vale a dire il 35% del totale.

AL MOMENTO ATTIVA SOLO LA NAVE AQUARIUS. Considerando inoltre che la Juventa – la nave della Ong Jugend Retted – è sotto sequestro a Trapani e che le imbarcazioni di Proactiva Open Arms, Seawatch e Moas sono attualmente in porto a La Valletta, a fare attività di ricerca e soccorso davanti alla Libia in questo momento c’è rimasta soltanto nave Aquarius di Sos Mediterranee.

L’ATTACCO A LIBIA, ITALIA E UE. Quella delle Ong è però una ‘ritirata’ piena di accuse: alla Libia, innanzitutto, per le minacce subite dalla Guardia Costiera e per l’annuncio di Tripoli di voler creare una zona di ricerca e soccorso (Sar) molto più ampia delle acque territoriali, nella quale sarà possibile entrare solo dopo aver avuto l’autorizzazione delle autorità libiche. Ma anche all’Italia e all’Europa, «corresponsabili» e «complici» del blocco che si sta creando e che, dicono, «contribuirà ad aumentare i morti nel Mediterraneo».

CAMPOS: «È QUELLO CHE VUOLE L’EUROPA». «Questo è quello che vuole l’Europa» ha scritto il fondatore di Proactiva, Oscar Campos. I primi ad annunciare la decisione di fermarsi, sono stati quelli di Sea Eye. «Cari amici – ha scritto il direttore della Ong Michael Buschheuer – in queste condizioni non è possibile proseguire il nostro lavoro di salvataggio, sarebbe irresponsabile nei confronti dei nostri equipaggi». Il motivo, appunto, è l’annuncio del governo libico sulla Sar Zone e la «minaccia esplicita alle Ong private».

SAVE THE CHILDREN: «DOBBIAMO FERMARCI». Poco dopo è arrivata la comunicazione di Save the Children. «Siamo rammaricati ma dobbiamo fermarci – dice l’organizzazione – Siamo di fronte ad una situazione molto preoccupante per lo staff e per la reale capacità della nave di mettere in atto la propria missione di soccorso». Save the children, assicura il direttore delle operazioni Rob MacGillivray, «è pronta a riprendere le operazioni. Ma prima dobbiamo avere rassicurazioni sulla sicurezza degli equipaggi e sull’efficacia delle operazioni».

STC: «SCELTE CHE FARANNO AUMENTARE I MORTI». E come già ieri aveva fatto Msf, anche Save the Children sottolinea che l’assenza delle navi umanitarie produrrà nuove morti nel Mediterraneo e che riportare i migranti in Libia significa consegnarli a chi non rispetta i diritti umani. «Ciò che è chiaro è che molte vite potrebbero essere messe in pericolo» ha ribadito MacGillivray, che poi ha aggiunto: «le tantissime testimonianze che abbiamo raccolto da bambini e ragazzi parlano di violenze e abusi gravissimi subite anche dai bambini e dalle bambine più piccole. Preoccupa fortemente il fatto che migliaia di persone possano rimanere nei centri di detenzione libici».

AQUARIUS: «PER IL MOMENTO CONTINUIAMO». Save the Children si dice anche pronta a valutare la possibilità di operare in Libia, «qualora vi siano le giuste condizioni di rispetto dei diritti umani». Chi non ha ancora abbandonato è invece Sos Mediterranee. L’Aquarius si trova davanti a Tripoli e per tutto il giorno ha avuto vicino la C-Star, la nave anti migranti di Defend Europe. «Oltre a salvare vite, la nostra priorità è garantire la massima sicurezza del nostro equipaggio – dice la Ong – Fino a che questa continua ad essere garantita, rimarremo in zona, salvando imbarcazioni in pericolo e prevenendo il ritorno forzato delle persone soccorse in Libia».

FRATOIANNI: «GOVERNO COMPLICE DELLA TRAGEDIA». In ogni caso «limitare l’accesso e le attività delle Ong causerà, ancora una volta, un incremento di morti e sofferenza nel Mediterraneo». E intanto la decisione delle Ong di fermarsi rischia di spaccare nuovamente il Pd e la sinistra. «Il nostro governo – dice il coordinatore di Si Nicola Fratorianni – è complice di una grande tragedia e questo è inaccettabile». «L’obiettivo, che purtroppo si sta realizzando – aggiunge il capogruppo al Senato Loredana De Petris – è cacciare le Ong in modo che nessuno può controllare il comportamento della Guardia Costiera libica».