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L’India celebra 70 anni d’indipendenza e rischia la deriva indù

10 Agosto 2017

L’economia è in crescita, ma il primo ministro Narendra Modi non ferma la spinta dei movimenti ideologici che minacciano il multiculturalismo. Tensioni in Kashmir, con il Pakistan e al confine con la Cina.

Settanta ambiziosi progetti di sviluppo, tanti quanti sono gli anni di indipendenza indiana. È questa la vetrina scelta dal primo ministro Narendra Modi, per celebrare nel giorno di Ferragosto il sofferto e tumultuoso distacco dell’India dall’Impero britannico. Era il 15 agosto 1947.

La regia del processo di indipendenza fu affidata da Londra all’ultimo viceré, Lord Mountbatten, che tentò con il Mahatma Gandhi, Jawaharlal Nehru e Mohammed Ali Jinnah di preservare l’unità indiana. Ma non riuscì a evitare una partizione che si sarebbe rivelata dolorosa e cruenta, con uno spostamento di 10 milioni di musulmani e indù verso il nuovo Pakistan, con molte centinaia di migliaia di morti.

LA CAMPAGNA “MAKE IN INDIA”. Sette decenni dopo quello storico evento l’India non è più il Paese emergente povero e sovrappopolato di un tempo, ma una nazione con un indiscutibile potenziale economico, destinata a contare sempre di più a livello internazionale. Vincendo le elezioni del 2014 alla testa del Bjp (centro-destra) il primo ministro, con lo slogan ‘Acche Din’ (Bei giorni stanno arrivando), ha impresso una forte accelerazione al Paese. I suoi numerosi progetti – il più famoso è il ‘Make in India’ (Produci in India) – ha messo alla frusta ministri e imprenditori per far affluire maggiori investimenti stranieri.

LUCI E OMBRE NEL BILANCIO DEL PREMIER. Dopo tre anni il suo bilancio è positivo sotto molti aspetti (crescita Pil, inflazione, lotta alla corruzione e riforma fiscale), ma restano problemi in tema di occupazione, soprattutto giovanile, e protezione delle fasce più deboli come gli agricoltori che, assediati dai debiti, continuano a suicidarsi. Non si arresta poi la spinta dei movimenti ideologici filo-governativi (RSS e Sangar Parivar), che ambiscono a spingere al massimo il processo di ‘induizzazione’ della società e minacciano il pensiero dei Padri fondatori dell’India indipendente che sognavano un Paese secolare, culla di tutte le etnìe e religioni.

Fatto sta che ad esempio il tema della sacralità delle mucche ha portato alla proibizione della macellazione di tutti i bovini e alla formazione delle Gau Rasksha Dal (Squadre di protezione delle mucche), protagoniste di azioni punitive (fino a casi di omicidio) di indiani per lo più musulmani. E gli Stati governati dal Bjp hanno seguito la stessa filosofia proibendo la vendita di alcolici e disponendo comportamenti rigorosamente vegetariani, patrimonio forse della tradizione indù ortodossa ma non dell’Islam o del cristianesimo.

L’ALLARME DI SONIA GANDHI. Così, nel giorno in cui Modi ha celebrato il 75esimo anniversario del movimento anti-britannico ‘Quit India’ (Abbandonate l’India) promettendo una guerra senza quartiere a povertà, malnutrizione e analfabetismo, la leader dell’opposizione, Sonia Gandhi, lo ha attaccato assicurando che «forze oscure si stanno risollevando» e che «il pensiero secolare, libero e liberale è minacciato».

TENSIONI NEI TERRITORI DI CONFINE. Sul piano internazionale l’India ha consolidato il suo ruolo di potenza regionale, rafforzando il rapporto con l’Afghanistan. Ma ciò ha accentuato i suoi problemi nel Kashmir dove da oltre un anno c’è una emergenza sicurezza, con scontri e incidenti che hanno causato 120 morti e centinaia di feriti. E le relazioni sono al minimo con il Pakistan, come l’India potenza nucleare, accusato da New Delhi di essere un «Paese terrorista». Fanno scintille anche i rapporti con la Cina, di cui l’India soffre la ‘grandeur’. Di recente le tensioni si sono acuite alla frontiera nord-orientale, dove l’esercito indiano è accorso a sostegno del piccolo Bhutan che ha accusato i militari cinesi di aver occupato parte dell’altipiano di Doklam, considerato «territorio bhutanese».