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L’Egitto di al Sisi, sempre più stategico e ancora più impunito

20 Agosto 2017

Da Regeni al ragazzo irlandese in carcere da 4 anni, il regime torturatore del Cairo stringe le sue maglie. Ma i Paesi Ue fanno accordi di cooperazione. Per avere un perno in Medio Oriente e lauti contratti militari.

Si sono presentati all’ambasciata egiziana di Dublino con i mano cartelli colorati dello stesso giallo degli striscioni dedicati a Giulio Regeni in Italia. Il 17 agosto 2017 la famiglia Halawa ha ricordato così il quarto anno di prigionia del figlio Ibrahim, incarcerato a 17 anni nelle prigioni di al Sisi e sotto processo con altre 493 persone per crimini che non ha commesso.

ARRESTATO IN UNA PROTESTA DEL 2013. Il padre di Ibrahim è un imam di origini egiziane. Il ragazzo con le sorelle nell’agosto del 2013, dopo che il governo aveva ucciso 817 persone durante le manifestazioni dei Fratelli musulmani, ha partecipato a una protesta poi repressa dalla polizia. Ora rimpiange di non essere andato in Spagna, come ha dichiarato a chi è riuscito ad andarlo a visitare in carcere.

Lo Stato egiziano lo accusa, tra le altre cose, di omicidio, tentato omicidio, attacco alle forze di sicurezza, possesso di armi. I video lo scagionano completamente, eppure sono passati quasi 1.500 giorni, il suo processo, ora finalmente cominciato, è stato rimandato per 29 volte. Ibrahim è stato torturato, come ha confermato un giornalista compagno di cella, e ha spiegato di essere stato picchiato con le catene. Il governo per ora è solo riuscito a evitargli periodi troppo lunghi in alcuni dei centri di detenzione più temuti dell’Egitto.

L’OSCURO MINISTERO DELL’INTERNO. Hanno storie diverse la famiglia Halawa e la famiglia Regeni, ma entrambe hanno visto in faccia l’impotenza dei loro rappresentanti di fronte all’arbitrarietà del regime di Abdel Fattah al Sisi e a un interlocutore, il ministero dell’Interno, che fa capo all’ex numero uno dei servizi segreti di Hosni Mubarak e nelle cui stanze sono state detenute e poi scomparse, secondo le denunce delle organizzazioni non governative come Human Rights Watch e Amnesty international, decine di persone.

Quando i genitori di Giulio arriveranno in Egitto a inizio ottobre 2017, come hanno annunciato, con in tasca i nomi degli assassini del loro figlio tra cui i colonnelli Sharif Magdi e Mahmud Hendy, tra i principali responsabili del depistaggio sull’omicidio del giovane ricercatore, troveranno anzi un potere ancora più arbitrario.

CONDANNE FACILI AGLI AVVOCATI. Lo Stato di emergenza dichiarato in aprile dopo una strage dell’Isis contro i cristiani copti è stato rinnovato dal parlamento per altri tre mesi fino alla fine di settembre ampliando ancora di più i poteri degli apparati di sicurezza, nonostante già nel 2016 una nuova legge anti terrorismo ne avesse affilato le armi e permesso per esempio di condannare avvocati difensori delle vittime degli abusi della polizia accusandoli di fare propaganda violenta sui social media.

Lo Stato di emergenza permette alle autorità arresti senza garanzie costituzionali e indebolisce anche la cornice legale dei processi oltre che autorizzare sequestri di beni e chiusura di mezzi di informazione. Da fine maggio 122 siti di news sono stati bloccati secondo le ricostruzioni della Reuters. Ma soprattutto in 30 giorni, tra fine giugno e fine luglio, come ha scritto il giornalista del quotidiano egiziano Al- Shorouk, Muhammed Magdy, il leader de Il Cairo ha nominato direttamente il capo del Consiglio di Stato, quello del Consiglio supremo giudiziario, il numero uno dell’avvocatura dello Stato e il capo della procura per i reati della pubblica amministrazione.

SISTEMA DI POLIZIA AL POTERE. Lo ha potuto fare grazie a una nuova legge approvata a fine aprile e le sue nomine secondo diversi opinionisti si sono basate sui rapporti degli apparati di sicurezza, gli stessi che la giustizia dovrebbe controllare, in un rovesciamento di potere tra controllori e controllati. Il progressivo appiattimento dello Stato sul sistema di polizia, a cui già si era assistito negli ultimi mesi della presidenza di Mohammed Morsi, è ancora più preoccupante considerando che nel 2018 dovrebbero tenersi le elezioni.

«IL REGIME DEL 2011 È TORNATO». Molti dei sostenitori della prima ora del presidente, arrivato al potere nel 2013 con un colpo di Stato militare sostenuto dalle potenze occidentali che avevano appoggiato la rivoluzione del 2011, sono divenuti critici. La scrittrice Nour al Huda Zaki, animatrice della campagna per le presidenziali del 2014, oggi dichiara al portale mediorientale al Monitor: «Il regime contro il quale ci siamo rivoltati nel gennaio del 2011 è tornato. E i suoi strumenti di repressione sono peggiori di quelli di Mubarak». Ma intanto è all’esterno che al Sisi trova la sua forza

L’Egitto è un perno fondamentale nella geopolitica del Medio Oriente e nei suoi fragili equilibri e nei suoi drammatici conflitti, con un apparato militare da sempre sostenuto economicamente dagli Usa a colpi di prestiti superiori al miliardo di dollari l’anno e con una cooperazione anti terrorismo con Israele sul confine del Sinai.

CORTEGGIAMENTO INTERNAZIONALE. Nell’era di Barack Obama, con il cambio di passo della politica estera americana, Sisi è però divenuto ancora più strategico per le potenze regionali e internazionali pronte a occupare lo spazio lasciato libero dagli States. È stato corteggiato da tutti e ne ha tratto il massimo profitto: ha stretto un asse con l’Arabia saudita e i Paesi del Golfo nemici della Fratellanza musulmana.

Solo nel 2016 gli Emirati arabi uniti hanno elargito aiuti al Cairo per 4 miliardi e Riad ha prestato addirittura 20 miliardi di dollari, mentre la sua generosa dinastia ha ottenuto in cambio due isole strategiche nel Mar Rosso. Ma il presidente generale ha accolto anche le ambizioni di Vladimir Putin, alleato di Siria e Iran, nemici dei sauditi, in cambio dell’avvallo dei suoi piani in Libia dove il regime egiziano appoggia il generale Haftar.

FRANCIA, AFFARI DA 1,6 MILIARDI. Sisi ha sostenuto la linea di Mosca sulla Siria nel consiglio di sicurezza Onu, ottenendo di diventare la sede di alcuni negoziati di pace e garanzie su Tripoli. E i Paesi Ue con mire sul Nord Africa e investiti da terrorismo e migranti lo hanno eletto subito alleato o quantomeno interlocutore necessario, aiutati anche dalla firma di lauti contratti militari: solo la Francia negli ultimi due anni ha venduto aI Cairo 1,6 miliardi di equipaggiamenti, tra fregate e soprattutto velivoli Raphael.

ACCORDI APPROVATI DAI TEDESCHI. Ancora il 28 aprile il parlamento tedesco ha approvato un accordo di cooperazione con gli apparati di sicurezza egiziani in 22 settori, dall’antiterrorismo alla lotta al traffico di migranti, aprendo alla collaborazione con le stesse autorità che incarcerano e torturano i ragazzi europei.