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In codice rosso, aspetta 4 ore per l’esame: morto un 23enne

19 Agosto 2017

La denuncia arriva dal responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale Napoli. Il caso.

Era arrivato al pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare di Napoli alle 21.46 del 16 agosto 2017. Vittima di un incidente stradale, un ragazzo di 23 anni aveva un politrauma, fratture multiple. È scattato così il ricovero in codice rosso. E sono iniziate ore di attesa che, secondo quanto hanno denunciato i sanitari, potrebbero essere risultate fatali. Il ragazzo il giorno dopo è morto.

CONDIZIONI IN PEGGIORAMENTO. È stato il consigliere regionale della Campania, Francesco Borrelli, a rendere nota la storia. E lo ha fatto diffondendo la denuncia presentata dal responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare, Alfredo Pietroluongo. «Dopo le indagini radiografiche e Tac veniva riportato in codice rosso dove i rianimatori constatavano un progressivo peggioramento delle condizioni generali e un progressivo calo dell’emoglobina ai valori 7», si legge nella denuncia.

IMMINENTE PERICOLO DI VITA. E ancora: «Si provvedeva a richiedere il sangue in urgenza e alle ore 1.04 avveniva il ricovero in Chirurgia con prognosi riservata e in imminente pericolo di vita. Ciò nonostante il paziente rimaneva in codice rosso impegnando due unità infermieristiche del Pronto soccorso con visibile disagio per il resto delle attività dello stesso pronto soccorso mentre le anestesiste intervenute rientravano in rianimazione».

È passato ancora del tempo, fino alle ore 1.45 quando Pietroluongo scrive che «venuto a conoscenza del fatto che il paziente era in attesa da circa due ore di essere trasportato in un altro Presidio per eseguire una angioTac e la cosa si rallentava perché non vi era accordo su quali infermieri avrebbero dovuto eseguire il trasferimento», chiedeva al medico che aveva in carico il 23enne «di provvedere ad accelerare i tempi dell’iter diagnostico anche perché il codice rosso era bloccato da circa quattro ore».

PADRE DEL RAGAZZO DISPERATO. Il medico di turno ha risposto che «sapeva lui cosa doveva fare e che le cose andavano bene così». Nel frattempo veniva deciso chi doveva accompagnare il paziente. Ma intanto «alle ore 3.30 il padre del ragazzo quasi in lacrime, infuriato, mi veniva a chiedere cosa si stava aspettando, preoccupato delle condizioni del figlio che peggioravano».

UNO SCAMBIO DI ACCUSE. Pietroluongo ha cercato di parlare con il medico che stava seguendo il caso ed è scoppiato uno scambio di accuse. A quel punto «mi precipitavo al Pronto soccorso chiedendo che un infermiere si offrisse volontario per l’accompagnamento e raccomandavo di far partire immediatamente l’ambulanza con rianimatore e chirurgo a bordo».

Il gruppo è partito, «ma senza rianimatore». Il 23enne è arrivato all’ospedale Vecchio Pellegrini: gli sono state trasfuse altre tre sacche di sangue e i medici hanno criticato l’assenza dell’autoambulanza rianimativa, mezzo che non è stato ottenuto neanche per il ritorno al Loreto Mare dove il paziente è rientrato alle ore 8.30. Condotto in rianimazione, è morto.

«SUPERFICIALITÀ E DISPREZZO». «A motivo di quanto esposto credo che i fatti evidenzino una superficialità di comportamento e un disprezzo per la tutela dell’utenza ancora prima dell’inosservanza ai più elementari doveri professionali», conclude la denuncia. «Chiedo ove mai si dovesse ravvisare una condotta omissiva di intervenire e di denunciarle alle autorità competenti».

IL PADRE: «LO HANNO AMMAZZATO». L’Ansa ha raccolo le prime parole di Raffaele Scafuri, padre di Antonio: «Mio figlio è stato ammazzato. Mentre lui moriva, al pronto soccorso litigavano per decidere chi dovesse salire sull’ambulanza che doveva portare Antonio a fare una angiotac. Vogliamo la verità: chi ha ucciso un ragazzo di 23 anni deve pagare». «Ci fu consentito di vedere nostro figlio dopo le 15 quando già era deceduto. Era freddo, segno che era morto da tempo. Pretendiamo la verità» ha raccontato ancora Scafuri. L’uomo ricorda che, dopo l’angiotac, il figlio «era stato portato in Rianimazione a causa delle tante fratture». Poi, insieme con la moglie, non ha più visto in vita il figlio: «Ci avevano assicurato che avremmo visto Antonio verso le 13 e che gli esiti degli esami erano favorevoli. Poi abbiamo saputo che il ragazzo era stato colto da tre infarti».