Crimini reali e percepiti: l’immotivata intolleranza italiana
21 Agosto 2017
I trend sui reati degli stranieri sono sotto controllo. Eppure il problema ciminalità angoscia il nostro Paese. Colpa dell’enfasi dei tg. E dei partiti xenofobi. Il razzismo ingiustificato spiegato con dati e percentuali.
A mettere in fila i casi di cronaca dell’agosto 2017, rubricabili come episodi di razzismo, può sorgere il dubbio che il problema esista davvero e strisci silente tanto nel sottobosco dei social quanto in quello sociale. Uno degli ultimi fatti xenofobi si è risolto con l’arresto di due persone, un 22enne di Caserta e una 19enne di Ancona, accusati di aver rapinato, malmenato e insultato con epiteti razzisti una donna di colore al sesto mese di gravidanza.
SEI NERO? NIENTE LAVORO. E poi ci sono le denunce di cittadini extracomunitari che lamentano di essere esclusi dal mondo del lavoro a causa del colore della pelle. Il 17 agosto Pasqualina De Simone, 19 anni, del Beneventano, papà italiano, mamma nigeriana, ha acceso il cellulare e ha registrato il proprio sfogo in un video che poi ha pubblicato su Facebook.
NEMMENO IL GIORNO DI PROVA. «È stato bruttissimo. Non mi hanno assunta perché sono black… sono nera». Pasqualina avrebbe dovuto lavorare in un ristorante come cameriera ma, secondo la sua testimonianza, sarebbe stata invece messa alla porta senza nemmeno poter sostenere la giornata di prova. Una storia che inizia a diventare un classico in una estate segnata da un numero sempre più alto di casi di intolleranza.
L’aspirante cameriere respinto e la ragazza non assunta per il fidanzato di colore
Episodio analogo è stato vissuto a inizio agosto da Paolo, cittadino italiano a tutti gli effetti però dalla pelle scura, per via delle sue origini sudamericane. Il ragazzo si era già accordato con un ristoratore della riviera romagnola per iniziare un lavoretto estivo come tanti altri suoi coetanei ma, quando il gestore lo ha visto in foto lo ha liquidato con un sms: «Mi spiace, ma non posso mettere un cameriere di colore in sala, qui la gente è molto indietro come mentalità».
«NON EVIDENZIARE IL TUO RAPPORTO». E poi ci sono anche i casi di razzismo di “rimando” o di “rimpallo”. Lo ha sperimentato sulla propria pelle Chiara, 18enne della provincia di Torino. Anche lei stava cercando lavoro, anche lei stava per essere assunta e anche lei ha subito l’improvviso voltafaccia del titolare: «Scusa, ma ho guardato bene il tuo profilo. Non credo che tu sia la persona che sto cercando. Se ti posso dare un piccolo consiglio, cambia le foto e non evidenziare il tuo rapporto. Non so se mi spiego». Il riferimento era ad alcuni selfie della ragazza in compagnia di Oliver, il suo fidanzatino di colore.
Spaventati dall’insicurezza? Eppure i crimini diminuiscono
La domanda sorge spontanea: l’Italia, da sempre considerato un Paese accogliente, è forse diventato, senza che ce ne rendessimo conto, un Paese razzista? E se sì, da cosa può dipendere?
UNA SORTA DI PAURA “PREVENTIVA”. Non dall’insicurezza: gli ultimi dati del Viminale presentati dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, nella rituale conferenza di Ferragosto dipingono uno scenario positivo. Nell’ultimo anno, i crimini commessi sul territorio nazionale sono stati 2 milioni 416 mila 588, vale a dire il 7% in meno di quelli compiuti nei 12 mesi precedenti alla rilevazione. Diminuiscono soprattutto gli omicidi (-11,3%) e i reati “predatori”: rapine ( -10,6%) e furti ( -9,2%). Se l’emergenza sicurezza non sussiste, si potrebbe allora motivare l’ostilità crescente nei confronti delle popolazioni extracomunitarie per via di una loro, ipotizzabile, “attitudine alla delinquenza”?
Gli stranieri sono più che raddoppiati in 10 anni: ma le denunce no
Secondo i dati contenuti nel dossier statistico immigrazione 2016 del Centro studi Idos, negli ultimi 10 anni, cioè tra il 2004 e il 2014 (non sono ancora disponibili quelli sull’ultimo biennio), le denunce a carico dei cittadini italiani sono aumentate del 40,1% (da 480.371 a 672.876), nonostante questi siano diminuiti di numero (da 56 milioni 60 mila 218 a 55 milioni 781 mila 175), mentre per gli stranieri sono cresciute del 34,3%. Loro, però, nel frattempo sono più che raddoppiati passando da 2 milioni 402 mila 157 a 5 milioni 14 mila 437. Per ciò che concerne le denunce verso non italiani con autore noto, si assiste persino a una diminuzione: erano il 32,3% nel 2004 (229.243 su un totale di 709.614), contro il 31,4% del 2014 (307.978 su un totale di 980.854).
DIFFERENZE GEOGRAFICHE. I numeri del rapporto di Idos iniziano a rispondere ad alcune domande poste in precedenza se si ordinano le denunce secondo criteri geografici. Si scopre, così, che al Nord Ovest il valore quasi triplica rispetto al Sud Italia: su 100 denunce, quelle a carico di stranieri sono il 42,3% contro il 15% del Mezzogiorno. Nel Nord Est gli immigrati che delinquono sono il 42% del totale e nel Centro il 39%.
SITUAZIONE RECORD A PRATO. Insomma, a causa di una errata ripartizione dei migranti, in alcune zone gli episodi di criminalità straniera e locale quasi si eguagliano. In Lombardia, per esempio, su 140 mila denunce, 65 mila sono a carico di extracomunitari. In Veneto, su 65 mila reati, circa 27 mila porterebbero la firma di uno straniero. Situazione insostenibile a Prato, dove il 58% delle querele è a carico di cittadini di origine straniera (è presente una folta comunità di cinesi).
Italiani angosciati dalla sicurezza: viene anche prima del lavoro
Insomma, i dati del Viminale dicono che i crimini sono in costante calo. Quelli del rapporto decennale Idos confermano che, in media, il trend dei reati contestati agli extracomunitari non solo non desta particolare preoccupazione, ma potrebbe persino essere considerato “positivo”, anche se ciò non vale per le zone che subiscono una presenza di immigrati più considerevole.
L’ISTAT FOTOGRAFA LE PAURE. Perché allora aumentano gli episodi di insofferenza? Una prima risposta potrebbe arrivare dall’Istat. Scrivono gli analisti nel loro report annuale (2016): «Il rischio criminalità si conferma uno dei problemi maggiormente sentiti dai cittadini. Nel 2015 la quota di famiglie italiane che percepiscono un elevato rischio di criminalità nella zona in cui vivono sale significativamente (41,1% dal 30,0% del 2014) riprendendo il trend di crescita interrotto l’anno precedente».
MA PER I NUMERI NON C’È ALLARME. Gli italiani hanno talmente paura che il problema sicurezza spesso li ossessiona più di quello di trovare un lavoro. Con la differenza, però, che la disoccupazione ha assunto contorni allarmanti, mentre tutti i numeri concordano nell’affermare che non esista un allarme sociale legato alla criminalità, tanto meno straniera.
Gli anziani del Sud i più preoccupati: si temono i furti in casa
Scrivono gli analisti Istat: «Sono più insicuri gli anziani, mentre i giovani e gli adulti percepiscono un maggiore livello di sicurezza, fatta eccezione per le ragazze tra i 14 e i 19 anni». Quello della criminalità percepita è il solo dato in continua crescita nei rapporti sulla sicurezza e ha toccato il suo massimo nel 2007 e nel 2011.
AL NORD PICCOLE ISOLE FELICI. Il 29% degli italiani teme di subire un furto in casa: è il tipo di reato che, in modo trasversale nella comparazione decennale, genera maggiore inquietudine tra quelli che rientrano nella cosiddetta micro-criminalità. Stabile nel confronto con il 2016, aumenta di 6 punti se rapportato al dato del 2007. Sempre prendendo in considerazione gli ultimi 10 anni, si scopre che maggiore insicurezza è avvertita nel Centro Sud, in particolare in Puglia, Campania, Lazio e in Umbria, mentre nel Nord si preferisce non uscire di casa da soli la sera se si vive nelle grandi città, meno nelle aree rurali. Piccole isole felici, invece, Valle D’Aosta, Trento e Bolzano, Liguria e Friuli.
Sfiducia nell’Europa e affermazione dei partiti xenofobi: lì germina la paura
Insomma, in Italia non esiste alcun problema sicurezza. C’è, semmai, un problema insicurezza in quanto gli italiani si sentono minacciati, senza motivo, dalla criminalità. Perché?
SI ALZANO MURI E FRONTIERE. Lo spiega l’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, nel suo ultimo rapporto annuale (2016). Scrive Ilvo Diamanti nella prefazione al documento: «Nel racconto dei media è cresciuto lo spazio dedicato alla Ue. Ma ha cambiato di segno, ha assunto una declinazione negativa, collegata all’immigrazione. Mentre muri e frontiere sono divenuti metodi di separazione, una soluzione e una risposta semplicista – più che semplice – alle “minacce” che arrivano da fuori. Argomenti agitati da “imprenditori politici della paura”, che, non per caso, si oppongono all’Unione europea. E, insieme, amplificano la paura degli immigrati. Degli “stranieri”».
LEGHISTI “SENSIBILI” AL CRIMINE. Si legge nel documento della Fondazione Unipolis: «Il 78% degli intervistati continua a ritenere che la criminalità in Italia sia cresciuta rispetto a cinque anni fa. Sotto il profilo politico, la massima concentrazione di questo orientamento si osserva tra gli elettori della Lega Nord (91%)».
I media ingrandiscono la questione: perché fanno audience
Un ruolo importante nella percezione errata della sicurezza nell’opinione pubblica può essere giocato dai media. Anche in questo caso, è utile prendere in considerazione l’ultimo decennio. In 10 anni le notizie potenzialmente ansiogene calano di 8 punti (dal 28% al 20%): una media di 6 notizie nel 2007, di 4 nel 2017.
PROCESSI IN TIVÙ E PLASTICI. I crimini, tuttavia, continuano a fare audience e spingono i giornalisti a dedicare interi approfondimenti, imbastirci sopra processi mediatici con tanto di plastici, criminologi e avvocati. Le vicende di cronaca nera sono seguite dall’opinione pubblica con passione, alla stregua di telenovela. Nel 2017, però, risulta diminuito lo spazio del racconto ansiogeno della criminalità: 15% in meno rispetto al 2007. Nonostante questo, si assiste a un aumento dell’intolleranza verso gli immigrati. Nel 2007 l’immigrazione era in cima alla rappresentazione ansiogena per la – presunta – propensione a delinquere, dieci anni dopo migranti, profughi e rifugiati preoccupano anche “solo” per il passaggio nel nostro territorio e perché ritenuti “troppo numerosi”.
NARRAZIONE GENERA MOSTRI. Scrivono gli analisti dell’Osservatorio: «[Nella narrazione mediatica italiana] si è assistito a tre fasi. Nel periodo a cavallo tra il 2007-2008 la bolla dell’emergenza criminalità in cui si è “costruito” uno stretto legame tra immigrazione e reati; tra il 2011 e il 2012 è stata la passione criminale a infarcire telegiornali (e trasmissioni di tutti i tipi) di casi clamorosi (Avetrana, caso di Yara, Garlasco) e infine, dal secondo semestre 2014 a tutto il 2015, è la “normalità” della cronaca nera in tutte le sue manifestazioni a caratterizzare la congiuntura. Il 2016 conferma tale la tendenza».
Chi enfatizza di più la cronaca nera? Studio Aperto e Tg4
Sempre nel documento, si legge: «Si evidenziano tre coppie di telegiornali per lo spazio dedicato ai reati. Studio Aperto e Tg4, in cui la pagina di cronaca nera è nettamente il primo tema dell’agenda. Tg1 e Tg5, si “specchiano” nelle strategie di cattura di target simili. Tg3 e Tg2 hanno in media meno di una notizia al giorno di criminalità, un’attenzione quindi diluita e decisamente meno ansiogena delle altre testate giornalistiche».
PRESE LE DISTANZE DALLA REALTÀ. E si sottolinea: «Gli omicidi sono sempre i reati nettamente più trattati. Quasi la metà dei servizi si occupa sia dei casi più eclatanti sia dei singoli eventi che si esauriscono nello spazio di un’edizione. Il che conferma una scelta dell’informazione italiana di “prendere le distanze dalla realtà”, dando visibilità a crimini, come gli omicidi per esempio, che, secondo le statistiche Istat, sono in costante calo. Seguono, tra i delitti cui viene dato maggior risalto, maltrattamenti e rapine».
IMMIGRATI SOTTO I RIFLETTORI. Sempre l’Osservatorio europeo rileva: «La declinazione delle testate con più criminalità (Studio Aperto e Tg4) spesso accentua il legame tra episodi di violenza e immigrazione. Episodi che vengono quasi sempre ripresi in programmi di approfondimento nelle medesime reti». A questo bisogna aggiungere che, anche nel 2016, il fenomeno migratorio continua a essere un tema centrale nell’agenda dei telegiornali: sono 3.231 le notizie su migranti, profughi e rifugiati. Una media di 9 notizie al giorno.
“IMPRENDITORI DELLA PAURA”. Sul totale delle notizie ansiogene, crescono, dal 2,3% del 2007 al 17% circa del 2017, quelle riconducibili ai temi dell’immigrazione e della paura per la perdita di identità. Si legge nella relazione dell’Osservatorio: «Come avvenuto nel 2007 con il binomio immigrazione-criminalità, 10 anni dopo gli “imprenditori della paura” lavorano per suscitare preoccupazioni. Nel 2017 sono i rischi di infiltrazioni terroristiche sui barconi in arrivo e le presunte colonizzazioni culturali. Le parole e le immagini associate allo sgombero della giungla di Calais, alle proteste nei centri di accoglienza, alle barricate di Goro, alle divisioni in Europa nella ripartizione delle quote possono dunque suscitare – in alcune fasce della popolazione, soprattutto quelle maggiormente esposte al fenomeno – un aumento della preoccupazione nei confronti di migranti e profughi».
Una fissazione tutta italiana: che sproporzione coi telegiornali degli altri Paesi
Ma ciò che più sorprende è la sovraesposizione delle notizie di cronaca nera nei telegiornali italiani rispetto agli altri Paesi europei. Nel 2011, per esempio, su una base di circa 40 mila notizie, il rapporto è di 1173% per il Tg1 a 19% per la tedesca Ard1. La britannica News BBC1 si ferma a 353% e France2 a 316%. Una sproporzione incredibile e ingiustificata che è andata riducendosi negli anni, pur mantenendoci sempre in cima della classifica.
PRIMEGGIA IL TG1. Nel 2015, il Tg1 continuava a primeggiare con una percentuale a quattro cifre, 1098%, seguita dalla spagnola RTVELa1, 1016%, mentre a gran distanza, Gran Bretagna (315%), la Francia ferma a 79% e la Germania in coda col 25% , nonostante fossero Paesi interessati da molteplici attentati terroristici. Solo nel 2016 il telegiornale dell’emittente ammiraglia spagnola ha superato il Tg1 827 a 743. Dietro la Bbc1 (317), France2 (112) e la tedesca ARD1 a chiudere con 65%.
Insomma non siamo razzisti, ma…
Concludendo, non è possibile affermare che l’Italia sia diventata razzista, anche se aumentano i casi di intolleranza (il fatto che siano concentrati nelle ultime settimane può distorcere la percezione del fenomeno). È invece possibile sostenere che esista un problema di insicurezza percepita che non ha alcun fondamento logico. Allo stesso modo, esiste un fenomeno mediatico che porta alla sovraesposizione delle notizie ansiogene e che spesso induce l’opinione pubblica a creare collegamenti errati tra immigrazione e criminalità.
FENOMENO DA CONTROLLARE. Questi due aspetti potrebbero essere collegati e, se non controllati, generare nel futuro episodi di intolleranza sempre maggiori, rappresentando un ostacolo all’accettazione dei cambiamenti di una società in rapida trasformazione e multietnica.