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Asia ‘bollente’: Corea del Nord pronta a colpire Guam da metà agosto

10 Agosto 2017


La Corea del Nord torna torna ad alzare la cresta, dopo l’intervento del capo del Pentagono James Mattis che ha invitato Pyongyang a smetterla con «azioni che potrebbero portare a una fine del suo regime e alla distruzione della sua gente». L’esercito infatti ha annunciato che il piano per l’attacco alle acque di Guam a metà agosto andrà avanti. E anche se Mattis ha assicurato che gli Usa stanno comunque lavorando a una soluzione diplomatica convinti che Pyongyang perderebbe ogni tipo di guerra, la Corea del Nord non sembra avere intenzione di abbassare i toni.

La Corea del Nord ha ribadito non solo il proposito di sferrare un attacco contro Guam, ma ha anche affermato che sta seriamente valutando l’uso di 4 missili a raggio intermedio Hwasong-12 per colpire gli obiettivi Usa. Un piano preparato dal generale Kim Rak-gyom, a capo dell’unità balistica speciale, che sarà completo per metà agosto, con l’esecuzione in ogni momento su ordine del leader Kim Jong-un.

Ad intervenire anche la Corea del Sud, che parla di ‘forte e risoluta reazione’ agli attacchi del Nord insieme agli alleati, Usa in testa. Il colonnello Roh Jae-cheon, portavoce del Comando di stato maggiore congiunto, ha affermato che «siamo assolutamente pronti a reagire con decisione a ogni provocazione del Nord». Seul chiede inoltre con forza a Pyongyang di interrompere le provocazioni e tornare al tavolo negoziale. Gli scenari nella penisola «stanno diventando seri per le ripetute provocazioni e minacce del Nord», ha detto Park Soo-hyun, portavoce dell’Ufficio presidenziale.

Attivo anche il Giappone, che ha ribadito di essere in condizione di intercettare e abbattere i missili che la Corea del Nord dice di voler lanciare contro il territorio Usa di Guam. Tokyo, ha assicurato il portavoce del governo Yoshihide Suga, terrà la massima vigilanza sulla vicenda perché «non possiamo tollerare un così chiaro atto provocatorio per la sicurezza della regione e della comunità internazionale, incluso il nostro Paese».

Negli Usa molti collaboratori di Donald Trump sono rimasti stupiti dalle ultime parole di fuoco del presidente e ora si cerca di rimediare in un qualche modo. A lanciare messaggi ad entrambe le parti la Cina, che ha ribadito: «Ci auguriamo che tutte le parti rilevanti parlino con cautela e si muovano con prudenza, evitando di provocarsi a vicenda e un’ulteriore escalation della tensione, battendosi per il ritorno quanto prima possibile al corretto binario del dialogo e dei negoziati». Mentre il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha continuato a invitare Pyongyang a considerare l’offerta americana esposta da Tillerson.

In Europa domina la questione migranti. A decine sono sbarcati in mezzo ad una spiaggia vicino a Cadice fra lo stupore dei bagnanti. In generale il flusso di migranti irregolari per lo più subsahariani in arrivo dalle sponde del Nord dell’Africa sulle coste dellì’Andalusia è in continuo aumento, come pure nelle enclave spagnole in territorio marocchino, Ceuta e Melilla. Solo stamani a Ceuta in 700 hanno cercato di scavalcare il muro che divide l’enclave dal Marocco. E davanti alla crescente pressione migratoria degli ultimi giorni, la Spagna ha deciso ieri d’accordo con la autorità del Marocco di chiudere per una settimana al traffico merci il valico di frontiera Tarajal per concentrare le forze di sicurezza lungo il ‘muro’ che circonda la città.

Torniamo in Kenya, perché a Nairobi dopo il voto delle presidenziali di martedì ci sono stati nuovi scontri, mentre nel resto del Paese sembra essere tornata la calma. Secondo ‘Associated Press‘, la polizia ha aperto il fuoco contro un gruppo di dimostranti a Kawangare, un quartiere povero della capitale. Amnesty International ha chiesto alla polizia di non usare la forza quando non necessaria nel controllo delle proteste.

Nelle Filippine sette persone, di cui due soldati e cinque militanti, sono morte in uno scontro a fuoco tra militari e membri di Abu Sayyaf durante un tentativo dell’esercito di liberare 23 ostaggi sequestrati dal gruppo. La battaglia, avvenuta all’alba nel sud della provincia di Sulu dove il gruppo affiliato all’ISIS ha la sua roccaforte, è scoppiata poche ore prima di un ultimatum del gruppo terroristico, che minacciava di decapitare quattro ostaggi se non avesse ricevuto un riscatto di 3 milioni di pesos (50mila euro). Al momento non si sa che fine abbiano fatto gli ostaggi.

Andiamo in Francia, dove è ancora ricoverato in condizioni gravi all’ospedale di Lille il trentaseienne sospettato di aver travolto ieri sei militari dell’operazione antiterrorismo Sentinelle a Levallois-Perret, alle porte di Parigi. Per questo non è ancora possibile interrogarlo. L’individuo di origini algerine ma regolarmente residente in Francia non sarebbe in pericolo di vita. Era ignoto agli 007. Dalle perquisizioni effettuate presso la sua casa di Sartrouville e in altri luoghi a lui legati non sono emersi elementi di radicalizzazione. Ma è polemica nel Paese per il taglio ai fondi per la Difesa.

Botta e risposta fra Diego Armando Maradona e il leader dell’opposizione venezuelana Henrique Capriles, che ha criticato duramente il fuoriclasse argentino per il suo appoggio al governo di Nicolas Maduro. Caprile ha invitato Maradona a venire  a Caracas e «non per rinchiudersi in un albergo a cinque stelle o nel palazzo presidenziale, io lo porto nei ‘barrios’ dove la gente vive con 15 dollari al mese». Immediata la replica dell’ex calciatore: «Non venire a fare la vittima con me, Capriles, io so cosa vuol dire vivere con 7 fratelli e non avere da mangiare.La differenza fra me e te è che io sono mi sono mai venduto. Viva Maduro!».

Intanto a Maduro è arrivato il messaggi odi sostegno da Cuba di Raul Castro: «Ogni azione del terrore rafforza il morale del popolo, ogni aggressione lo rende più forte, ogni colpo rafforza l’unità. Sicuramente ci saranno giorni di forte lotta, di assedio internazionale… ma anche di creazione e lavoro per i rivoluzionari e il popolo venezuelano, che non sarà solo e avrà i cubani in prima fila nella solidarietà militante».

In Turchia nuovi mandati di arresto nei confronti di 35 giornalisti e dipendenti del settore dei media sospettati di avere legami con Fethullah Gulen, l’imam rifugiato negli Usa e accusato di essere la mente del fallito golpe dell’anno scorso.

In Germania è tempo di sondaggi e per Angela Merkel sono guai: secondo ‘ARD-DeutschlandTrends‘, la cancelliera in un mese ha perso 10 punti di consenso, passando dal 69% al 59%. Anche il candidato dell’opposizione Martin Schulz (Spd) perde 4 punti, arrivando al 33%. Per la Merkel cala anche il dato del gradimento del governo, che passa al 47%, ovvero 8 punti in meno del mese precedente.

Chiudiamo con gli Usa, perché l’Fbi a luglio, secondo il ‘Washington Post‘, ha perquisito la casa di Paul Manafort, l’ex presidente della campagna di Donald Trump nell’ambito dell’inchiesta Russiagate. Gli agenti federali si sono presentati a casa di Manafort senza preavviso il 26 luglio, il giorno dopo l’incontro di Manafort con la commissione di Intelligence del Senato.

Intanto il procuratore speciale per le indagini, Robert Mueller, sta aumentando la pressione su Manafort, con l‘entourage dell’ex presidente della campagna elettorale del presidente che teme che Mueller possa costruire un caso nella speranza che Manafort ceda alle pressioni e fornisca informazioni su Trump. Nel frattempo Donald Trump Jr., il figlio maggiore del presidente, ha consegnato oltre 250 pagine di documenti alla commissione giustizia del Senato americano che indaga sul Russiagate.