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UE: vicino l’accordo sui migranti

Francesco Snoriguzzi, Lindro
3 Luglio 2017

Trump tra polemiche e social-network: nuovo attacco ai media
Ieri, a Parigi, si è svolta la riunione dei Ministri degli Interni di Francia, Germania ed Italia.
Il vertice a tre, proposto dall’italiano Marco Minniti e cha ha visto anche la partecipazione del Commissario Europea per gli Affari Interni, Dimitris Avramopoulos, ha visto tutti d’accordo nel giudicare positivamente il lavoro svolto fin’ora dall’Italia e nel considerare insufficienti le strategie adottate fin qui dall’Unione Europea. I tre Paesi hanno siglato una proposta di azione che dovrà essere discussa giovedì a Tallin, in Estonia, al vertice informale del Consiglio dell’Unione: la proposta prevede una stretta sulle regole di comportamento per le Organizzazioni Non Governative (ONG), la gestione di tutti i salvataggio, in modo diretto o indiretto, da parte delle Guardie Costiere, il sostegno (anche economico) alla Guardi Costiera libica perché possa impedire più efficacemente le partenze, l’avvio effettivo dei ricollocamenti da parte degli altri Paesi UE e l’invio di commissari internazionali che, sotto l’egida delle Nazioni Unite, possano garantire condizioni dignitose nei campi profughi in territorio libico.
Domani, invece, si riunirà il Collegio dei Commissari che analizzerà il documento uscito dal vertice bilaterale di Parigi e tenterà di trovare soluzioni pratiche per alleggerire l’Italia dal pesante fardello della quasi totale gestione della crisi migratoria. Bisognerà vedere se quei Paesi che, all’interno dell’Unione, si sono espressi contro i ricollocamenti e la condivisione della gestione della crisi migratoria cederanno di fronte al sostegno franco-tedesco all’Italia.
A margine della questione dei migranti, c’è quella dei rapporti con la Turchia: allo stato attuale, è molto probabile che il Parlamento Europeo voti la sospensione della procedura di ingresso di Ankara nell’Unione Europea. La decisione è legata al referendum costituzionale, voluto dal Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che rivede al ribasso lo stato di diritto nel Paese. In caso la procedura di adesione della Turchia dovesse cadere una volta per tutte, bisognerà vedere come la cosa influirà sugli accordi per il blocco dei migranti sulle coste dell’Anatolia.

Sempre a Parigi, si è svolto il primo discorso del nuovo Presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, davanti al Congresso.
Macron ha sottolineato l’importanza di questo mandato e la responsabilità che gli elettori, dandogli questa grande maggioranza, gli hanno affidato. Tra gli obbiettivi del Presidente ci sono una riforma elettorale in senso parzialmente proporzionale, una riforma del Consiglio Economico, Sociale e del Lavoro e, in sostanza, il riavvicinamento delle istituzioni ai problemi dei cittadini. Macron sa di non poter sbagliare: il mandato degli elettori francesi è stato così netto che non sono ammessi errori.
In Francia, però, c’è anche ci non gradisce l’operato del Presidente: un giovane di ventitré anni è stato arrestato perché stava progettando di sparare al Presidente della Repubblica durante la parata del 14 luglio. Il giovani si è definito un nazionalista e ha dichiarato di voler colpire anche immigrati, ebrei ed omosessuali.
Oltre alle questioni interne, va registrato l’impegno della Francia nel sostegno alla forza internazionale richiesta dai rappresentanti di Mali, Ciad, Mauritania, Niger e Burkina Faso per lottare contro le numerose formazioni islamiste attive nella regione. Il comando di questa forza internazionale, secondo quanto si augura il Governo francese, dovrebbe essere operativo già in autunno.

In Irlanda del Nord, di fronte all’incapacità di trovare un accordo per la formazione di un Governo da parte dei due principali partiti locali, il Sinn Fein (partito indipendentista che rappresenta la maggior parte dei cattolici) e il Democrati Unionist Party (DUP, partito di estrema destra che rappresenta la maggior parte dei protestanti), da Londra è arrivato un nuovo ultimatum.
Il Ministro inglese per l’Irlanda del Nord, James Brokenshire, ha presentato un suo piano per superare questa fase di impasse. Se i colloqui dovessero fallire nuovamente, dunque, sembra probabile la sospensione dell’autonomia e il ritorno al controllo diretto da parte del Governo di Londra, cosa che non dovrebbe dispiacere al DUP, ma che potrebbe provocare la forte reazione del Sinn Fein.

Nuovo scontro tra il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e i media.
Su Twitter, il Presidente ha postato un breve video in cui finge di colpire e mandare a terra un uomo il cui volto è stato coperto dal simbolo dell’emittente CNN. Nel commento al video, Trump si è scagliato contro i media accusandoli di diffondere false notizie.
La reazione è stata pressoché unanime: oltre agli esponenti della comunicazione, che hanno espresso tristezza alla vista di un Presidente che incoraggia alla violenza contro i giornalisti anziché prepararsi per il prossimo G20 in Europa, critiche sono venute sia dal campo democratico che da quello repubblicano. Le reazioni di media e politici, però, non sembrano aver mai interessato Trump che, grazie ai social network, può comunicare direttamente con la pancia dello zoccolo duro dei suoi elettori, senza più bisogno di quadri intermedi o di altro tipo di mediazione.
In campo internazionale, intanto, Trump ha avuto dei colloqui telefonici con il Presidente cinese, Xi Jinping, e con il Primo Ministro giapponense, Shinzō Abe, sulla crescente minaccia che la Corea della Nord rappresenta per la stabilità dell’area. Se sulla questione è stata espressa una certa sintonia di intenti, ci sono altre questioni che rendono più spinosi i rapporti tra Cina e USA: prima tra tutte la questione di Taiwan. L’ambiguità tenuta da Trump nei confronti del principio del’“Unica Cina” (ovvero il riconoscimento del Governo di Pechino come unico rappresentante legittimo del popolo cinese), è un fattore pesante per il Presidente della Repubblica Popolare. Inoltre, c’è la questione di alcune isole contese: l’ultimo incidente diplomatico si è avuto il 2 luglio, quando un cacciatorpediniere statunitense è passato nelle acque delle isole Paracel, attualmente rivendicate sia dalla Cina che dal Vietnam. Il Governo cinese ha definito l’accaduto una grave provocazione.

Nel frattempo, il Presidente cinese Xi Jinping è arrivato in Russia.
Domani incontrerà il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ed è probabile che, oltre che di accordi economici, i due discutano privatamente anche del rapporto con gli USA: in effetti, dopo l’espulsione dei diplomatici russi dagli Stati di Maryland e New York, i rapporti diplomatici tra Mosca e Washington si sono deteriorati ulteriormente. Non si escludono ritorsioni diplomatiche da parte della Russia.
In quest’ottica va visto anche l’avvicinamento tra Russia e Bielorussia, con il Presidente di Minsk, Aleksandr Lukašenka, che ha accusato gli USA di rafforzare il proprio arsenale nucleare al confine bielorusso per poi affermare che le Forze Armate del suo Paese sono pronte a respingere qualsiasi aggressione. A queste dichiarazioni sono seguite le felicitazioni di Putin.

In Iraq, le Forze Armate governative hanno liberato altri quartieri di Mosul dai miliziani del cosiddetto califfato islamico.
In Siria, invece, subiscono una battuta di arresto i colloqui di pace di Astana: domani si sarebbe dovuta avere un’altra riunione, ma alcuni gruppi dell’opposizione del sud del Paese, hanno annunciato di voler boicottare l’incontro in quanto i Paesi garanti non si sarebbero dimostrati all’altezza del compito di arrestare il conflitto armato.

Slitta di due giorni la scadenza dell’ultimatum dettato al Qatar da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. La proroga è stata ottenuta grazie all’intervento dell’Emiro del Kwait in attesa dell’incontro con il Ministro degli Esteri di Doha. Per domani è previsto, invece, un incontro tra i quattro Paesi coalizzati contro il Qatar.
Nel frattempo, in Egitto, le autorità hanno arrestato la figlia del predicatore Yusuf al-Qaradawi e il marito di lei con l’accusa di finanziamento di gruppi terroristici. Qaradawi, predicatore egiziano vicino ai Fratelli Mussulmani e residente in Qatar, è una delle cinquantanove persone accusate di finanziare gruppi terroristici: la consegna o l’espulsione di questi soggetti dai confini del Qatar è una delle condizioni per la fine del boicottaggio contro Doha.
Da segnalare che, a causa della crisi incorso, il re dell’Arabia Saudita, Salam al-Saud, non parteciperà al G20 di Amburgo del 7 e 8 luglio.

In Giappone, dopo la pesante sconfitta alle elezioni amministrative di Tokyo, il Primo Ministro Shinzō Abe ha invitato il proprio partito, lo Jiyū-Minshutō (Partito Liberal-Democratico), a riflettere bene sulla perdita di voti.
Il Partito del Primo Ministro ha perso più della metà dei seggi ed è stato sconfitto da Yuriko Koike, già Ministro del precedente Governo Abe, che ha proposto un superamento a destra della politica liberale del suo vecchio partito.

In Venezuela, in vista delle prossime elezioni per l’Assemblea Costituente, il Governo di Nicolas Madura ha deciso di aumentare del 50% lo stipendio minimo dei lavoratori pubblici. È la terza volta in un anno che il Governo interviene con misure simili ma, con un’inflazione al 700% (la più alta al mondo), le misure non sembrano sufficienti a fermare l’impoverimento della popolazione. Bisognerà vedere le questo intervento ammorbidirà le proteste di piazza che da mesi stanno squassando il Paese e avvantaggeranno il Governo di Caracas nelle elezioni.

Elezioni primarie in Chile per il movimento di centro-destra Chile Vamos (Andiamo, Chile; Su, Chile).
Il vincitore, e quindi futuro candidato alle elezioni presidenziali del prossimo novembre, è stato l’ex-Presidente Sebastián Piñera Echenique. La sua sfidante alle presidenziali sarà la candidata Beatriz Sanchez, per la coalizione di sinistra Fronte Ampio.