General

Palestina, accordi Hamas-Al Fatah voluti da potenze straniere?

25 Luglio 2017

I dettagli dell’incontro tra Mahmud Dahlan, ex-leader politico palestinese di Al-Fatah, e Yahya Sinwar, attuale leader di Hamas

L’Associated Press ha pubblicato alcuni dettagli stabiliti relativi a un accordo raggiunto solo pochi mesi fa tra Mahmud Dahlan, ex-leader politico palestinese di Al-Fatah, e Yahya Sinwar, attuale leader di Hamas. Si tratta di un’alleanza che sta pian piano prendendo forma e che solo pochi anni fa sarebbe stata impensabile. Per la prima volta l’ex-leader di Al-Fatah ha discusso il 23 luglio scorso i dettagli di un piano atto alla realizzazione di un accordo con lo storico rivale, quale Hamas. Da un lato abbiamo l’ex-leader di Al-Fatah, dall’altro l’attuale leader di Hamas, entrambi nati nel campo profughi Khan Yunis nella Striscia di Gaza, i quali però hanno intrapreso poi delle strade politiche divergenti.

Mohammed Dahlan, o Kunya Abu Fadi, è un politico palestinese, ex-leader di Al-Fatah nella Striscia di Gaza. Fautore del movimento giovanile del Fatah, Fath Shabiba, fu rinchiuso nelle prigioni israeliane numerose volte, accusato di terrorismo contro lo Stato di Israele. Dahlan è l’eterno nemico dell’attuale Presidente dell’ANP, Abu Mazen, e secondo alcuni suoi sostenitori la sua condanna a 3 anni di reclusione da un Tribunale di Ramallah nel novembre del 2016 rientrò nel piano strategico di Mazen per eliminarlo dalla scena politica. Oggi, Dahlan si trova in esilio negli Emirati Arabi Uniti, dopo esser stato accusato di tradimento e corruzione dallo stesso Mazen.

Yahya Sinwar, attuale leader di Hamas, appartenente all’ala militare, ha scontato più di 20 anni nelle carceri israeliane e venne liberato nel 2011 insieme ad altri 1047 palestinesi prigionieri, in cambio della liberazione del soldato israeliano, Gilad Shalit, rapito nel 2006 durante un raid al confine.

L’accordo raggiunto e i dettagli stabiliti mirano sostanzialmente a sbloccare il confine della Striscia di Gaza con l’Egitto, e prevedrebbero inoltre il ritorno di numerosi esuli sostenitori di Mohammed Dahlan e la costruzione di una centrale elettrica al confine meridionale della Striscia di Gaza con l’Egitto, arginando quindi l’attuale black out energetico ed elettrico che Gaza si trova a dover affrontare ultimamente. Lo scorso 19 giugno, infatti, Israele aveva ridotto l’erogazione della sua quota di corrente elettrica alla Striscia da 120 a 100 Megawatt, una decisione presa in risposta all’annuncio del presidente dell’ANP palestinese, Abu Mazen, di non avere più intenzione di pagare l’intera bolletta energetica di Gaza. Il Presidente Mazen, con questa mossa, è infatti convinto che gli abitanti di Gaza, con l’inevitabile peggioramento delle condizioni di vita quotidiana, si ribelleranno contro gli islamisti al potere, ma forse i dettagliati piani stabiliti tra Dahlan e Sinwar rischiano forse di deluderlo.

Ciò non toglie, comunque, che il taglio delle risorse elettriche, la riduzione del 30% degli stipendi e delle pensioni per gli ex dipendenti dell’Anp, le pressioni saudite e americane sul Qatar – affinché cessi il sostegno ad Hamas e ai Fratelli musulmani -, sembrano essere tutti fattori che stanno creando un momento forse propizio per questa nuova alleanza Dahlan-Sinwar. Secondo quanto ha riportato l’agenzia Middle East Eye, gli Emirati Arabi Uniti, Paese che attualmente ospita in esilio Dahlan – dal 2012 -, avrebbero garantito un finanziamento pari a 100 milioni di dollari per la costruzione della centrale elettrica accordata questa domenica tra Dahlan e Sinwar. Questo implicherebbe che dietro l’incontro tra i due leader si nasconde un nuovo asse composto da Dahlan, Hamas (parzialmente), il Cairo e Doha, la cui realizzazione comprometterebbe non solo il panorama politico di Gaza, ma la stessa figura politica di Abu Mazen, attuale Presidente dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), inglobata nel 2013 nello Stato di Palestina.

Mahmud Abbas- o Abu Mazen – non è infatti in ottimi rapporti né con Dahlan – lo costrinse infatti all’esilio nel 2012, accusandolo di corruzione, tradimento e di un complotto per la sua deposizione -, né con Hamas. Secondo Al-Jazeera, infatti, l’accordo raggiunto tra i due leader potrebbe debilitare le aspirazioni – già deboli di per sè – per la creazione di un mini-Stato unitario a Gaza. Nonostante ciò, secondo quanto dichiarato da Dahlan in un’intervista all’AP, l’accordo raggiunto con Sinwar non minerebbe affatto la creazione di un mini-Stato unitario, né nasconderebbe una sua aspirazione a prendere il posto dell’attuale Presidente dell’ANP, Mazen. Le forse dubbie dichiarazioni di Dahlan lasciano gli analisti perplessi e indicano un momento di incertezza strutturale relativa alla gestione politica della Striscia di Gaza.

Questa alleanza e l’incontro di domenica, oltre alla perplessità, lascia anche qualche dubbio sul futuro politico di Gaza, in quanto comporterebbe numerose difficoltà politiche interne e regionali.

Yahya Sinwar sembra, infatti, aver incontrato e stabilito i dettagli con Dahlan senza previa consultazione dei colleghi membri di Hamas, cosa alquanto insolita, dal momento che Hamas è noto per prendere determinate decisioni solo dopo una previa consultazione collettiva interna. Il passo compiuto da Sinwar potrebbe quindi creare delle divergenze interne.

A questo punto è lecito chiedersi a chi farebbe comodo un Hamas diviso, e quindi debole. Secondo quanto riportato da Middle East Eye, alcune sue fonti anonime sostengono che dietro l’alleanza tra Dahlan e Sinwar si nasconde l’interesse degli Emirati Arabi Uniti nell’escludere il Qatar e la Turchia da Gaza, un obiettivo realizzabile destabilizzando e dividendo Hamas, e se si riflette bene, l’accordo tra Dahlan e Sinwar potrebbe effettivamente causare una divisone interna ad Hamas. Sempre secondo quanto riporta Middle East Eye, gli analisti rimangono dubbiosi riguardo quanto potrebbe comportare un avvicinamento di Gaza, Hamas e Dahlan sia agli Emirati Arabi Uniti, sia all’Egitto per le attuali relazioni tra Gaza e il Qatar. Quest’ultimo ha speso oltre 5 milioni di dollari negli ultimi mesi per supportare e migliorare le infrastrutture e le cliniche ospedaliere nella Striscia di Gaza. Oltre ciò, le Autorità Palestinesi hanno supportato Gaza con circa 1,2 miliardi dollari. E’ quindi evidente che l’alleanza che sta prendendo forma tra i due leader un tempo rivali ha delle inevitabili conseguenze geopolitiche regionali non indifferenti.

Dietro l’accordo tra Dahlan e Sinwar si nasconde un’alleanza tra il Cairo e Abu Dhabi contro il Qatar, accusato di fomentare e sostenere gruppi terroristici e di avere dei legami con l’Iran. L’obiettivo delle due potenze sopracitate è quindi quello di costruire e potenziare una coalizione sunnita-araba in contrapposizione al Qatar, sfruttando la criticità di uno scenario decisamente complesso e difficile come Gaza.

In conclusione, Gaza è uno scenario critico dove, come al solito, delle potenze esterne stanno cercando di perseguire i propri obiettivi e interessi, sfruttando le divergenze interne e costruendo alleanze strategiche. Così facendo, le forze politiche locali, in questo caso di Gaza, rischiano di perdere d’occhio i loro obiettivi, lasciando così terreno fertile e il via libera a chi invece di Gaza non si interessa affatto.

L’accordo raggiunto e i nuovi dettagli stabiliti da Dahlan e Sinwar sono una difficile alleanza, la cui costruzione non è affatto semplice, ma allo stesso tempo il futuro di quanto stanno costruendo i due leader sembra essere fondamentale per il futuro di Gaza stessa.

Occorre, in fine, interrogarsi sul momento particolare in cui Dahlan e Sinwar hanno deciso di affrontare nel dettaglio l’alleanza raggiunta qualche mese fa. Un accordo tra i due già si vociferava nel lontano 2014, se non prima. Perché solo pochi mesi fa è stato raggiunto? Perché solo qualche giorno fa sono stati affrontati i dettagli della presunta coalizione? Si deve forse dedurre che oggi un’alleanza tra l’ex-leader di Al-Fatah e l’attuale leader di Hamas sia un obiettivo più facile da raggiungere e forse più utile alle potenze estere? Non è di certo facile trovare una risposta esaustiva e soprattutto corretta alle domande sopra menzionate, resta però il fatto che la coincidenza di questa coalizione con l’attuale crisi dei Paesi del Golfo lasci qualche dubbio.