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Libia: Macron cerca credibilità

24 Luglio 2017

L’intervista a Arturo Varvelli, ricercatore dell’ISPI e esperto di Libia

Domani il Presidente francese Emmanuel Macron incontrerà a Parigi il Presidente del Consiglio di Presidenza libica, Fayez al-Sarraj, e il comandante dell’esercito nazionale, il generale Khalifa Hafter. In un comunicato, l’Eliseo ha sottolineato che la Francia intende, con questa iniziativa, contribuire alla risoluzione della crisi, facilitare un accordo politico tra il Presidente del Consiglio libico e il Comandante della Forze armate libiche. All’incontro parteciperà il nuovo inviato dell’Onu per la Siria, Ghassam Salamé.

La notizia, anticipata venerdi dal quotidiano panarabo ‘Asharq Al-Awsat’ e dai media francesi, è stata confermata stamattina dall’Eliseo.

L’incontro, il cui annuncio venerdì avrebbe colto di sorpresa l’Italia, rappresenta il tentativo della Francia di riprendere il controllo della situazione in Libia dopo che per mano francese la crisi era scoppiata, quando l’Eliseo aveva deciso che era ora di sbarazzarsi dell’ingombrante Colonnello Muammar Gheddafi. Altresì, si esplicita una nuova fase della guerra ‘segreta’ tra Francia e Italia per il controllo delle risorse petrolifere libiche. Oggi, come allora, dietro l’attivismo dell’Eliseo, il petrolio, né mai la Francia è davvero uscita di scena, è sempre stata sul terreno, ufficialmente sostenendo al-Sarraj, di fatto, e neanche troppo segretamente, tifando per Hafter, insieme a Egitto, Emirati Arabi e Russia. In tarda mattinata una fonte anonima dell’Eliseo citata da ‘Ansa‘ ha sostenuto: «I nostri amici e partner italiani sono strettamente coinvolti in questa iniziativa».

Sarraj e Haftar si sono incontrati solo due volte dalla nomina di Sarraj a Primo ministro, nel dicembre 2015: il primo incontro si tenne nel gennaio 2016 nel quartier generale di Haftar, a Est di Bengasi, mentre il secondo risale allo scorso maggio. Si tenne ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi Uniti, dopo che a febbraio il generale libico si era rifiutato di incontrare Sarraj al Cairo.

Sabato scorso Sarraj ha illustrato al popolo libico una roadmap per uscire dalla crisi in cui versa il Paese dal 2011, che prevede elezioni presidenziali e parlamentari nel marzo 2018. Proposta subito respinta dal Parlamento di Tobruk, che sostiene Haftar, anche se proprio sulle elezioni da tenersi entro il marzo del 2018 i due leader si erano detti d’accordo dopo l’incontro negli Emirati.
Il generale libico, che ha vissuto per anni negli Stati Uniti prima di rientrare in Libia dopo la caduta di Muammar Gheddafi, ha incontrato il 9 luglio scorso ad Amman, in Giordania, l’Ambasciatore americano William Bodde. L’incontro è stato reso noto dall’Ambasciata Usa, due giorni dopo la notizia diffusa dalla ‘Cnn’, secondo cui l’Amministrazione di Donald Trump sarebbe pronta a rafforzare la propria presenza diplomatica e militare in Libia. Bodde aveva già incontrato Sarraj il 23 maggio scorso a Tripoli.

Abbiamo intervistato Arturo Varvelli, ricercatore dell’ISPI ed esperto sulla questione libica, per analizzare l’incontro di domani alla luce della risoluzione del conflitto libico e della questione petrolifera relativa al Paese.

Quali sono gli obiettivi francesi dietro l’invito di Macron rivolto a Haftar e Al-Sarraj?

Io penso che gli obiettivi francesi dell’incontro di domani non siano di certo la risoluzione della cisi libica, la quale è difficilmente risolvibile con una sorta di vertice preparato in poche settimane. A recente elezione di Macron lascia immaginare che la diplomazia francese non abbia lavorato in profondità sul dossier libico. Si può, quindi, affermare che gli obiettivi vanno cercati in altri campi. Il primo concerne una maggior visibilità di Macron quale attore internazionale di mediazione all’interno di una crisi alquanto importante soprattutto per l’Europa. In secondo luogo, l’incontro di domani mira a segnare il ritorno della Francia su di uno scenario importante, indicando quindi alla Comunità Internazionale, all’Italia, al nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, che la Francia è tornata ad occuparsi di questo capitolo, oltre poi alla sua capacità di convocare e in qualche modo riunire intorno a un tavolo due attori importanti. Da questo punto di vista, l’incontro di domani mira a dare un messaggio alla Comunità Internazionale, anziché ai libici. Parlo di un ritorno francese, in quanto la Francia nell’ultimo anno è stata piuttosto assente nella crisi libica – da quando più o meno un anno fà, tre uomini dei servizi segreti francesi furono uccisi in Libia mentre stavano dando supporto al Generale Haftar- . Hollande sospese di fatto ogni attività pubblica politica nel Paese e la Francia è stata a lungo silenziosa sulla Libia. Io credo, quindi, che l’iniziativa di domani sia più di ‘facciata’, e che gli obiettivi e gli impegni francesi in questo momento in Libia siano poco realistici.

Che ruolo gioca, invece, nell’incontro di domani il petrolio?

Il petrolio in Libia ha sempre un ruolo importante. Non è probabilmente l’obiettivo primario di ogni azione politica e/o diplomatica. Sappiamo che la Francia in Libia ha degli interessi forti, come l’Italia e altri attori importanti. Parigi riserva i propri interessi nella regione della Cirenaica (questo fa riflettere naturalmente al suo appoggio al Generale Haftar, in qualche maniera funzionale), mentre Roma riserva i propri interessi in Tripolitania. La Francia un po’ si ostina dal 2011 a pensare di poter ottenere qualcosa dalla Libia. Bisogna anche ricordare che Macron si pone in una linea politica di non continuità con quella del suo predecessore in Libia, e acquisisce così una nuova posizione all’interno della crisi libica. L’iniziativa di domani dimostra che Macron sta cercando di riposizionarsi come attore credibile per un dialogo tra le parti libiche.

Secondo lei, cosa conseguirà il premier francese dall’incontro di domani?

Sarebbe sorprendente aspettarsi un accordo duraturo. Dall’incontro di domani possiamo aspettarci delle dichiarazioni sull’impegno a mantenere una fase di dialogo da ambo le parti, si rilancerà inoltre il ruolo delle Nazioni Unite nel Paese con il suo nuovo inviato Ghassan Salamè, direttore della Scuola di politica internazionale di Science Po, a Parigi, il quale  potrà anche misurarsi con il caso tenendo quindi conto di una prospettiva francese. Dall’incontro di domani non ci si può aspettare la risoluzione della crisi libica, anche perché secondo le ultime indiscrezioni giornalistiche sembra che Al-Sarraj prenderà parte all’incontro, perché convocato dal Governo francese al quale non si può dire di no, ma che non intavolerà una vera mediazione con Haftar. Da questo punto di vista, l’iniziativa francese sembra nascere già morta.

Dietro la caduta di Gheddafi si nascondeva un cambio di equilibri petroliferi tra l’Italia e la Francia in Libia. Cosa è cambiato, invece, oggi nell’equilibrio Italia Francia nella disputa petrolifera in Libia?

Non è cambiato nulla. Gli equilibri petroliferi sono sempre gli stessi. L’Eni è un attore che opera in Libia per conto del Governo libico, bisogna infatti ricordare che l’Eni operante in Libia è al 50% proprietà dei libici. L’azienda italiana viene, quindi, percepita come attore libico. Soppiantare l’Eni in Libia, sarebbe come soppiantare l’ente nazionale locale. Questa è la forza della nostra compagnia nazionale, la quale possiede una capacità di operare a livello locale come l’Italia ha avuto in questi ultimi due anni una notevole capacità di operare a livello locale. Ad esempio, il Ministro Minniti si è recentemente recato nel sud della Libia per relazionarsi prima con le tribù, poi con i rappresentanti locali e con i sindaci del posto. Questo non vuol dire che l’Italia possieda la capacità di risolvere la crisi libica, nessun Paese la possiede singolarmente. La crisi libica è il risultato di forti tensioni centrifughe in questo momento, è infatti data dalle azioni di attori locali e di attori esterni, i quali continuano a far sì che le dinamiche libiche rimangano in qualche modo disgreganti.

La Russia in tutto questo come reagirà?

La Russia è naturalmente un attore sempre più coinvolto in Libia nell’ultimo anno, ma non credo che dovremo aspettarci una sua particolare reazione in merito all’incontro di domani. Dovremo invece aspettarci un’azione da parte di vari attori internazionali che continuerà a veicolare l’idea di una Libia certo unita, certo stabile, ma sempre vicina alla propria idea di Libia. I vari attori presenti in Libia esercitano una sorta di influenza, e pensano ciascuno a una Libia sì, unitaria, ma a proprio favore. Ed è proprio questo l’errore maggiore che sta continuando a veicolare le divergenze nel Paese nord africano.

Quali sono i risvolti dell’incontro sulla disputa petrolifera tra Italia e Francia nella Libia?

Io non penso che ci sia una diretta connessione tra l’incontro di domani e le dispute energetiche tra Italia e Francia, anche perché nè Al-Sarraj, nè Haftar hanno capacità diretta di prendere decisioni in ambito energetico.

La frattura politica interna libica potrebbe in qualche modo ostacolare il raggiungimento di un accordo per la Francia?

Si certamente, sarebbe alquanto sorprendente pensare che domani i due leader arrivino e si stringano le mani, risolvendo la crisi nel Paese. La strada per una risoluzione della crisi libica è ancora lunga, purtroppo.