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Libano, è Arsal il nuovo fronte caldo della guerra all’Isis

29 Luglio 2017

La città del Nord-Est è divenuta teatro di una feroce battaglia, scatenata da Hezbollah contro i miliziani. Con l’obiettivo di circondarli, proteggendo le spalle ad Assad. E dare scacco agli jihadisti in fuga da Raqqa.

Arsal, nel Nord-Est del Libano vicino al confine con la Siria, da alcuni giorni è il teatro di una battaglia feroce. Le milizie del partito sciita Hezbollah hanno lanciato la scorsa settimana una grande offensiva per scacciare da quella piccola area gli uomini di Jabhat Fatah al-Sham, già noto come Fronte al-Nusra, dell’Isis e di altre formazioni estremistiche attive nella guerra civile siriana. Qualche migliaio di uomini armati che in questi anni avevano trovato rifugio in questa regione del Paese dei Cedri. «Qualcuno temeva questa battaglia, qualcun altro la desiderava, ma tutti sapevamo che sarebbe iniziata», dice Rami Khouri, giornalista libanese. «Da come si sta sviluppando ora sappiamo anche che dovrebbe durare poco sul piano militare. Quello che bisogna cercare di comprendere è perché è iniziata proprio ora e che effetti avrà sugli equilibri del Libano e della Regione».

VIA DI TRANSITO PER I MILIZIANI. Divisa dalla Siria solo dalla catena montuosa del Qalamoun, Arsal è un’enclave sunnita in una regione a maggioranza sciita. Quando esplose la guerra civile in Siria i ribelli sunniti presero immediatamente il controllo di quella parte del confine. Per quasi tre anni quella frontiera è stata la principale via di transito per i miliziani e i loro approvvigionamenti. La cittadina libanese era diventata una base per le formazioni islamiste impegnate nei combattimenti, ma anche un rifugio per decine di migliaia di civili in fuga. In pochissimo tempo un numero stimato tra i 35 e i 40 mila siriani si è riversato ad Arsal, contro una popolazione libanese di 35 mila persone. Tutto questo fino a quando, nel 2015, l’esercito siriano appoggiato da Hezbollah ha lanciato una campagna per la riconquista della zona di confine. Dopo mesi di battaglie feroci combattute sulle montagne del Qalamoun la frontiera è stata sigillata, anche grazie alle operazioni militare dell’esercito libanese sul proprio versante della montagna.

Arsal e i suoi miliziani da allora sono bloccati. Circondati dal lato siriano dall’esercito e da Hezbollah, mentre le forze armate libanesi hanno mantenuto un cordone di sicurezza intorno alla città, per impedire ai terroristi di disperdersi nel Paese. «Hezbollah è presente sui monti Qalamoun dal 2013 e da almeno due anni ha un buon controllo dell’area», dice ancora Khouri, «eppure il partito libanese ha aspettato fino ad ora per affrontare la minaccia». L’attacco non è stato certo inatteso, ma l’avanzata è stata da guerra lampo. In quattro giorni gli uomini di Hezbollah hanno conquistato le roccaforti più importanti di Jabhat Fatah al-Sham e, secondo la loro agenzia stampa, circa l’80% del territorio di Arsal. La tempistica dell’offensiva è stata dettata dagli sviluppi militari e politici della guerra in Siria. «Militarmente Hezbollah era impegnato a combattere su tre o quattro fronti in Siria», dice Khouri. «Ora Assad e i suoi alleati hanno completamente ribaltato la situazione sul campo e Hezbollah ha potuto impegnarsi ad Arsal. Inoltre, in questo modo si è chiuso un possibile punto di approdo per gli uomini dell’Isis che tra poco fuggiranno da Raqqa sotto attacco».

L’ISOLAMENTO DEL QATAR (E DI AL NUSRA). La paura di ritrovarsi nel Paese una centrale dell’Isis è uno degli elementi chiave che ha permesso a Hezbollah di lanciare il suo attacco senza un vero e proprio dissenso delle altre forze politiche libanesi. «All’interno della scena politica del nostro Paese, molti non erano d’accordo con questa azione», spiega Khouri. «Ora non tutti la appoggiano, ma nessuno la critica, neppure chi aveva sognato una presenza, magari controllata, dell’Isis nella regione Mediorientale. Infine, l’isolamento del Qatar da parte di tutti i Paesi del Golfo ha portato con sé l’isolamento, anche militare, della sua creazione terroristica: Jabhat Fatah al-Sham». Hezbollah e gli altri attori coinvolti si stanno muovendo al ritmo delle decisioni internazionali. Molte agende hanno dovuto coincidere prima di dare il via all’offensiva.

Il rifugiato siriano che dipinge gli orrori dell’Isis
«La presenza di Hezbollah su entrambi i lati del confine siriano-libanese sarà a lungo termine, per non dire permanente, per proteggere le spalle del governo siriano e continuare ad affermare con forza il suo ruolo politico e militare in Libano», continua Khouri. «Anche se la Russia e gli Usa non vogliono che Hezbollah si stabilisca in Siria, specie in zone come Deraa o le alture del Golan, la sua presenza alla periferia di Arsal per ora sembra essere accettata». Il conflitto in Siria sta entrando in una nuova fase. Probabilmente si sta avvicinando alla sua conclusione ed è il momento in cui si stanno disegnando zone d’influenza divise tra i vari vincitori.

L’ESODO DEI CIVILI. «Gli alleati principali degli Stati Uniti in Siria sono i gruppi curdi nel Nord del Paese, mentre l’alleato più importante della Russia è l’Iran», dice ancora Rami Khouri. «Due assi scomodi perché le superpotenze vogliono impedire che gli alleati conquistino un ruolo da protagonisti nel futuro della Siria e, di conseguenza, della regione». Intanto, la guerra continua e da Arsal arrivano i primi bilanci. Almeno 20 uomini di Hezbollah sono morti e le vittime tra i miliziani sono più di 200. È iniziato anche l’esodo della popolazione civile, un centinaio di famiglie in fuga sono state accolte dall’esercito libanese e dalla Croce Rossa in campi profughi improvvisati fuori dalla città.