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“Il poeta saharawi ha sempre accompagnato tutti i processi di liberazione che la nostra storia ha conosciuto”: Intervista a Bahia Awah

di Milena Rampoldi, ProMosaik. Traduzione italiana di Lidia Ciavarella, Tlaxcala, 06 luglio 2017.




Bahia Uld Mahmoud Uld Awah è saharawi, è nato nel 1960 da una famiglia nomade nel Tiris, dalle parti di Aousserd, nel Rio de Oro, e deve il nome di Bahia a suo zio, il poeta saharawi Bahia Uld Awah. Ha compiuto i suoi studi tra il Sahara Occidentale – all’epoca colonia spagnola – e l’Algeria, e poi tra L’Avana e Madrid, specializzandosi in Telecomunicazioni, Scienza della traduzione e Antropologia. Ha lavorato per la Radio nazionale saharawi presso il dipartimento di diffusioni in lingua spagnola. Dal 1999 vive in Spagna. Nel luglio 2005 ha partecipato alla formazione del gruppo di scrittori saharawi”Generación de la Amistad” (generazione dell’amicizia). Di seguito, l’intervista che gli abbiamo fatto. Stiamo preparando la pubblicazione di un libro multilingue delle sue poesie.
Milena Rampoldi: Secondo te che ruolo ha la poesia nella difesa dei diritti umani?
Bahia Uld Awah: Basta leggere e riflettere su questi versi del poeta classico saharawi Rueiyil Uld Emboric per rendersi conto della consacrazione alla difesa dei diritti umani della poesia saharawi:

Il popolo saharawi
esodato e depredato
tentano di opprimere,
ma esso non s’arrende.

Il bestiame caprino viene oppresso
la gente viene oppressa,
e pur vengono oppressi
i suoi cammelli.

Credo che la nostra letteratura abbia il potere di difendere i diritti inalienabili degli individui, della libertà d’espressione e di pensiero politico, religioso o ideologico. Appartengo a una generazione che ha conosciuto e vissuto l’esodo forzato, il rifugio e l’esilio in Europa. Una situazione perpetrata dall’invasione marocchina della nostra terra; un’ingiustizia interiorizzata che abbiamo voluto combattere, denunciandola con i nostri versi in hassania e in spagnolo, le due lingue che parliamo e con le quali ci identifichiamo come cultura e come popolo afro-arabo-senhaya. Oggi sono già più di quarant’anni che continuiamo a rivendicare a gran voce, grazie alla nostra poesia e al suo potere di diffusione nel mondo occidentale e latinoamericano. Il poeta palestinese Mahmud Darwich diceva che “(…) la poesia cristallizza le posizioni politiche mediante versi che, memorizzati da vecchi e da giovani, rafforzano la resistenza popolare e offrono slogan comuni”. E il poeta basco Gabriel Celaya disse che “La poesia è un’arma carica di futuro”. Crediamo nel suo potere pacifico di lotta e resistenza.

Quali sono i simboli fondamentali dalla poesia saharawi?
La poesia di Antonio Machado aveva tre simboli fondamentali: il fiume, la fonte e il mare. La mia poesia, scritta in spagnolo e articolata sulle principali fonti da cui si è abbeverata la mia educazione saharawi, ha diversi simboli, come i fiumi secchi, con il loro particolare vigore, le piogge, la bellezza magica dei contorni delle dune del deserto, i leggendari poeti anticolonialisti e gli studiosi saharawi dei secoli passati.  E nella mia poesia non manca il compromesso con la bellezza delle donne beduine saharawi, la fauna, la flora e l’orografia del territorio. Credo siano caratteristiche ed espedienti letterari che tutti i poeti saharawi hanno sempre consacrato nei loro versi, sia in hassania che in spagnolo. Dedico questa poesia ad un monte nella regione del Tiris chiamato Taziualet.

Sei bella, Taziualet[1], raggiante
galassia del firmamento,
con la melhfa di Nilo
e la bianca gonna di sabbia,
suggestiva donzella di Tiris.

Seducente, vestita da sera,
poggiata su bianche dune
di seta.

Gambe svelte,
tinte d’azzurro,
e piedi scuri, fiore d’henné.

A est anela accarezzarla Azafal[2],
a sud-ovest la pretende Auadi[3]
e a nord-est, incanto di beduina 
che infrange cuori.

Galb El Arui, cuore di capra selvatica,
GalbEgteitira, cuore di cascate,
GalbEljail, cuore d’un destriero.


Come pensi che i poeti e gli intellettuali possano contribuire alla lotta di liberazione del popolo saharawi?
Nelle mie conversazioni e conferenze universitarie, nei forum internazionali di poesia, in ambiti accademici e culturali, quando mi occupo del tema della resistenza pacifica contro l’invasore della nostra terra, sottolineo che “anche il politico e il diplomatico possono contribuire, rispettivamente dirigendo e analizzando, tanto quanto il militare che agisce sul fronte. Allo stesso modo il poeta e l’intellettuale possiedono l’arma più efficace e umana, cioè i versi impegnati” e la produzione del pensiero intellettuale con cui possono affiancare il politico. Dal XI secolo, il poeta saharawi è sempre stato presente per incitare alla lotta contro il colonialismo di ogni forma e provenienza. Il poeta saharawi ha affiancato e continua ad affiancare tutti i processi di liberazione che la nostra storia ha conosciuto, dal periodo precoloniale, al coloniale e postcoloniale. A testimonianza di ciò, questi versi che ho scritto tempo fa cantando il ruolo storico del poeta saharawi.

Tiris[4],
fremono sul tuo splendido volto
effemeridi,
epopee del passato.

Percorsi sul tuo ventre
vene di versi di UldTolba[5]
penne di ChejElmami[6],
tracce di Ali UldMeyara[7]
canto di Edjil e Buseif[8].

Tiris, la vivente leggenda dove
nacque il verso di UldEmreizig[9].

Tiris,
le mie orme di bambino
ti solcarono a sud
e si smarrirono
nell’oltre
del tuo inconsueto nord.

L’esodo,
il confino,
il rifugio,
l’esilio e la guerra,
sconosciuti geroglifici
dei tempi in cui insieme,
tu ed io, ci confrontiamo ancora.


La poesia continua a essere popolare tra i Saharawi?
Si, certo, perché fa parte dell’educazione trasmessa dalla famiglia in forma orale, di generazione in generazione. Fa parte dei primi valori morali che vengono inculcati ai bambini in tenera età. Insegna la buona oralità e la padronanza della parola hassania.
Cosa puoi dirci della poesia femminile saharawi?
Non posso che parlar bene delle poetesse saharawi che scrivono in hassania e in spagnolo. E qui varrebbe la pena di citare Zahra Hasanui, un’amica che risiede in Spagna e scrive in spagnolo. Si tratta di un punto di riferimento nell’ambito della poesia femminista saharawi. O ancora, la decana poetessa Ljadra Mint Mabruc, che compone versi in hassania ed è uno dei punti di riferimenti più importanti della poesia femminile saharawi. Entrambe hanno contributo al processo di produzione letteraria, e godono di riconoscimento e prestigio sociale.
Che importanza ha la lotta di liberazione nella tua poesia e perché?
Ho sempre detto che senza il processo di liberazione e decolonizzazione che ho vissuto da bambino nel Sahara occidentale e l’educazione che mi ha trasmesso, come minimo non sarei diventato un poeta. È per questo che sono uno scrittore, poeta e antropologo, impegnato con la mia poesia e con il mio contributo intellettuale alla causa e alla storia della nostra patria saharawi. Porto avanti il pensiero intellettuale del pensatore rivoluzionario algerino-martinichese Frantz Fanon, quando diceva “Ogni generazione nella sua relativa opacità deve scoprire la propria missione, compierla o tradirla”.
Quali sono le strategie più appropriate per sensibilizzare la gente di tutto il mondo al problema del colonialismo marocchino nel Sahara occidentale?
Credo che la miglior strategia per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale, e soprattutto quella occidentale, sia saper spiegare, dire che il problema del Sahara occidentale è molto semplice da capire. Un caso di decolonizzazione registrato dal Comitato di decolonizzazione delle Nazioni Unite tra i 17 territori non autonomi che mancano per porre fine al colonialismo. Per questo è necessario arrivare al cuore della gente attraverso il fronte culturale, la poesia, la prosa, le leggende orali di tradizione saharawi, da cui il lettore trarrà e dedurrà le proprie conclusioni su quale sia la realtà della lotta del sofferente e pacifico popolo saharawi. I saharawi sono portatori di una cultura dalle profonde radici afro-arabo-senhaya, influenzata fortemente dalla convivenza, durata un secolo, con la cultura ispanica. Grazie a questa caratteristica può essere accolta da tutte e tre le culture, specialmente da quella africana e da quella ispanica in generale.
Note
[1] Maestoso monte della geografia saharawi situato nella regione del Tiris.
[2] Catena di dune nella regione del Tiris di cui si parla molto nella poesia saharawi epica e lirica.
[3] Monte e sorgente d’acqua dolce nella regione del Tiris.
[4]Regione nel sud del Sahara occidentale conosciuta come patria della poesia e culla dei poeti e degli studiosi anticolonialisti saharawi”.
[5] Grande poeta e studioso del XIX secolo che consacrò la sua poesia e il suo pensiero alla regione del Tiris.
[6] Saggio e poeta Saharawi del XIX secolo noto per la sua opera Kitab Albadi, un trattato sociologico che definisce lo Stato saharawi precoloniale e le sue particolarità.
[7] Illustre guerriero e figura anticolonialista saharawi del XX secolo che lottò contro il colonialismo francese durante i suoi tentativi di incursione coloniale nel Sahara occidentale.
[8] Due grandi poeti e guerrieri saharawi del XX secolo conosciuti per le loro poesie a sostegno dell’anticolonialismo.
[9] Il primo poeta saharawi del XI secolo a cui sono state attribuite le prime poesie composte in hassania, in cui definiva e dichiarava l’appartenenza della sua patria al Sahara occidentale.