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Bulgaria, viaggio nella Cenerentola dell’Ue

9 Luglio 2017


Palazzi fatiscenti e miseria ancora diffusa accanto a casinò, movida e grand hotel. Viaggio nella capitale del Paese più povero della comunità europea. Ostaggio prima della Russia poi di multinazionali e finanziarie straniere.

Le file di palazzi dalle facciate cadenti e incrostate di smog della capitale Sofia si alternano al reticolo di vie e piazze ben tenute attorno al boulevard centrale Vitosha, denso di locali per gli aperitivi sempre traboccanti di gente di ogni età. Cenano e pranzano spesso fuori i bulgari, anche se in media vivono con poco più di 700 leva (circa 400 euro) al mese: non amano cucinare e i ritmi di lavoro restano blandi anche nella metropoli di oltre un milione e 300 mila abitanti, l’unica della Bulgaria. Preferiscono godersi il poco che la vita li offre da sempre, non c’è generazione vivente di bulgari che abbia davvero conosciuto il benessere.

FATISCENZA E PROGRESSO. Gli edifici fatiscenti che attorniano i lounge bar e ai sushi del centro sono speculari alla nuova e splendente metropolitana, collegata a dei trasporti di superficie ancora da Paese in via di sviluppo. La rete ferroviaria dello Stato nell’Ue dal 2007, con un tasso di povertà che resta superiore al 41% (dati Eurostat del 2015), è quella dei vecchi treni espressi, arrugginiti come le stazioni di era sovietica mai smantellate. Gran parte dei bus e tram pubblici in circolazione nella capitale è stata immatricolata decenni fa. Anche per questo, fuori dalle grandi città in Bulgaria ci si sposta soprattutto con le compagnie private di autobus e i voli low cost.Se la vicina e creativa Plovdiv ha cambiato radicalmente pelle e il turismo ha reso anche le città costiere più agiate, le contrapposizioni stridenti della capitale sono lo specchio delle sofferenze incancrenite di un Paese mai risollevato dalla fine, nel 1989, dell’Unione sovietica. Da allora il reddito medio pro capite dei bulgari è quasi raddoppiato (con un 30% di aumento del costo della vita dall’entrata nell’Ue) ma resta di poco più di 6 mila euro l’anno, anche se l’economia cresce costante del 3%. «In Bulgaria né io e né mio marito abbiamo portato a casa più di 800 leva», racconta a Lettera43.it Mina, ex infermiera 60enne, badante per 10 anni in Italia fino alla pensione, «il nostro Paese è così, è sempre stato così. Politici pessimi e stipendi di 300, al massimo dei vostri 400 euro al mese».

AFFARISTI ITALIANI. Depredata delle sue ricchezze nazionali da una nomenclatura socialista riciclatasi in oligarchia turbo-capitalista, da colonia russa la Bulgaria si presenta oggi come la colonia più povera da sfruttare per le economie forti dell’Ue. All’aeroporto di Sofia svetta l’hangar con il quartier generale di Lufthansa. Nei grattaceli in costruzione della cintura metropolitana brillano le insegne di Raiffaisen e di altri colossi finanziari austriaci e tedeschi. All’uscita del lussuoso Sheraton Sofia Hotel Balkan, nel quadrilatero amministrativo che schiaccia visivamente la bella e piccola chiesa paleocristiana di San Giorgio, un affarista rampante dice al telefono, in un fluente italiano e con fare concitato, di «tornare da Ginevra e Lugano».

Non lontano ci sono i casinò e gli striptease di cosiddetto livello. Altri finanzieri incravattati, divisi tra la «city di Londra e Milano», pianificano di assumere «giovani praticanti per lavori di amministrazione e per seguire le procedure dei bandi». «Mandare a quel paese la gente», esclamano gradassi, «è compito nostro». Si parlano tante lingue straniere a Sofia, anche tanto italiano. Questi e altri squali in trasferta non sono i piccoli e medi imprenditori venuti – come pure ce ne sono – a investire nell’economia reale per portare sviluppo in Bulgaria, approfittando del costo minimo degli immobili e della manodopera. Ma manager e intermediari di gruppi finanziari che aprono società o sedi legali di comodo in un Paese con la tassazione sugli utili fissa al 10%. Non l’unico grosso vantaggio per chi viene da fuori.

SOCIETÀ ANONIME. Anche senza la residenza, in Bulgaria si possono istituire società con azioni al portatore al 100%, cioè anonime e facilmente trasferibili: un unicum nel mercato unico europeo, per far sparire legalmente e indisturbati milioni di bigliettoni non servono prestanome o faccendieri e neanche scatole cinesi. Il capitale minimo per fondare l’equivalente di una spa è di circa 25mila euro (il 25% alla costituzione) e per l’equivalente di una srl basta meno di 1 euro. Ma, anche senza gli incentivi degli ultimi governi agli investimenti stranieri, gli ampi margini di mobilità, potenzialmente fino al riciclaggio, consentiti per beni e denaro favoriscono dagli anni ’90 le speculazioni in Bulgaria di società estere con grossa liquidità.

L’immobiliare è, con la compravendita di auto, il settore al momento più espansivo di una bolla che prima o poi deflagrerà: nei tessuti urbani e anche nelle baie sul mare edificate selvaggiamente, accanto agli hotel e ai resort dei grandi gruppi spuntano regolarmente gli scheletri di enormi complessi incompiuti che si sommano agli scheletri dei capannoni sovietici nelle campagne. L’importante comparto industriale dell’Urss sulla riva occidentale del Mar Nero è stato smantellato, ma come gli europei e altri investitori danarosi dal mondo, anche i russi (con Gazprom e vari colossi pubblici e privati) hanno continuato a fare i loro grossi grassi affari in Bulgaria.

STESSI SOLDI, MENO TUTELE. Le catene straniere e internazionali però nelle tasche dei bulgari non fanno entrare che pochi leva. Mina, un nome bulgaro che esibisce orgogliosa perché sin da ragazza ama «Gianni Morandi, il migliore, ma tutte le canzoni italiane sono belle, le uniche ad andare al cuore», ci spiega che sotto il comunismo tutti guadagnavano «lo stesso poco, dal marito ispettore sanitario, al professore, allo spazzino». Che le case monotone dei bloc, tuttora l’80% dei quartieri residenziali, alla fine erano diventate loro, «perché con le banche di allora tutti potevano prendere dei mutui agevolati per riscattarle». Con la «demokratija di Gobarciov invece gli stipendi sono rimasti bassi e le banche ora le case te le portano via, in tanti non ce la fanno con le rate di oggi».

Non è un “si stava meglio quando si stava peggio”. Allora «si era sotto chiave, non si poteva uscire», Mina sorride sincera perché «in Bulgaria adesso c’è la libertà». Anche per questa sete di vedere il mondo, da adulte migliaia di badanti dell’Est hanno preso come lei a girare l’Europa. Per soldi, certo: assistendo una «calorosa famiglia napoletana» Mina ha potuto comprare un «appartamento di valore a Plovdiv, in centro, e arredarlo come si deve». Nello Stato Cenerentola dell’Ue, l’unica via per mettere da parte «buoni risparmi e contribuiti per la pensione» è ancora emigrare dopo una vita di lavoro indegnamente gratuito. Mentre nella Sofia dei palazzi cadenti, con un ufficio e una cassetta della posta tanti ricchi stranieri, anche dell’Ue, aprono società e sedi sostanzialmente farlocche.