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L’economia di guerra Usa e le sue pericolose implicazioni

14 Giugno 2017

Cresce l’influenza dell’industria bellica americana sugli equilibri mondiali

Nel settembre 2016, il governo Usa guidato da Barack Obama e l’esecutivo israeliano hanno siglato un memorandum d’intesa in base al quale il governo di Washington si è impegnato a fornire qualcosa come 38 miliardi di dollari di finanziamenti a Tel Aviv entro la finestra temporale che va dal 2019 al 2029, vincolati all’acquisto di armamenti fabbricati dal complesso militar-industriale statunitense. Si tratta del più imponente pacchetto di aiuti militari mai concesso dagli Usa ad un altro Paese, da considerare come il prezzo pagato da Washington per l’accordo sul nucleare iraniano. Lo ha ricordato il segretario alla Difesa Ashton Carter in occasione della visita in Israele del dicembre 2016, durante la quale è stata celebrata la consegna all’aeronautica militare dello Stato ebraico dei primi due caccia F-35.

Sebbene, come denunciato dai portavoce dell’industria bellica israeliana, una parte sostanziosa di quei 38 miliardi di dollari che assicurano allo Stato ebraico di mantenere la supremazia militare nel quadrante mediorientale andrà a foraggiare la concorrenza statunitense a scapito dei produttori interni, d’altro canto è pur sempre vero che l’accordo consentirà a Israele di affilare le armi in vista di un nuovo conflitto contro Hezbollah (dato per scontato da più di un addetto ai lavori) e liberare risorse da impiegare in altri settori, come ad esempio la moltiplicazione degli insediamenti nei territori occupati e il potenziamento delle infrastrutture che proteggono i coloni.