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Lavoro

31 Maggio 2017

“Intorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale. Quando non si lavora, o si lavora male, si lavora poco o si lavora troppo, è la democrazia che entra in crisi, è tutto il patto sociale. È anche questo il senso dell’articolo 1 della Costituzione italiana, che è molto bello: ‘L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro’. In base a questo possiamo dire che togliere il lavoro alla gente o sfruttare la gente con lavoro indegno o malpagato è anticostituzionale. Se non fosse fondata sul lavoro, la repubblica italiana non sarebbe una democrazia. (…) L’impresa è prima di tutto cooperazione, mutua assistenza, reciprocità. Quando un’impresa crea scientificamente un sistema di incentivi individuali che mettono i lavoratori in competizione tra loro, magari nel breve periodo può ottenere qualche vantaggio, ma finisce presto per minare quel tessuto di fiducia che è l’anima di ogni organizzazione. Bisogna dire con forza che questa cultura competitiva tra i lavoratori dentro l’impresa è un errore. Un altro valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata ‘meritocrazia’. La meritocrazia affascina molto perché usa una parola bella: il ‘merito’; ma siccome la strumentalizza e la usa in modo ideologico, la snatura e la perverte. La meritocrazia, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione etica della disuguaglianza. Tramite la meritocrazia, il nuovo capitalismo dà una veste morale alla disuguaglianza. (…) Una seconda conseguenza della cosiddetta ‘meritocrazia’ è il cambiamento della cultura della povertà. Il povero è considerato un demeritevole e quindi un colpevole. E se la povertà è colpa del povero, i ricchi sono esonerati dal fare qualcosa”. –Jorge Mario Bergoglio, stabilimento Ilva di Genova, 27 maggio 2017