General

ISIS: da Stato a mafia

13 Giugno 2017

Come l’economia del Califfato reagisce alla perdita di territori

L’ISIS perde terreno, perde statualità e cambia pelle anche dal punto di vista finanziario oltre che militare. Insomma, l’ISIS si reinventa. Una composita analisi di come cambia l’economia dell’oramai ex Stato Islamico, pronto a tornare essere ‘semplicemente’ ISIS, è stata condotta da Renad Mansour, analista del centro studi Chatham House.

Già dal luglio 2014, pochi giorno dopo la proclamazione -il 29 giugno, da parte di Abu Bakr Al Baghdad, della creazione dello Stato islamico dell’Iraq-  era chiara la potenza economica dell’organizzazione, e che su questa potenza economica  -derivata anche dall’accesso ai fondi della banca centrale dell’Iraq- avrebbe fatto la differenza rispetto a un qualsiasi altro banale gruppo terroristico.

Nel periodo d’oro, il business più importante era il petrolio. Il traffico degli idrocarburi, secondo gli analisti, faceva guadagnare allo Stato Islamico fino a 1,5 milioni di dollari al giorno -500 milioni di euro all’anno-, per una produzione giornaliera tra 34.000 e 40.000 barili di greggio. Il petrolio era prodotto e venduto soprattutto in Iraq e in Siria, e una parte, attraverso la Turchia, arrivava in Europa.