Cristian Luca Andrulli – mediazione culturale e poesia
Di
Milena Rampoldi, ProMosaik. Oggi vorrei presentarvi la mia intervista con il
mediatore culturale e poeta Cristian Luca Andrulli, italiano residente a
Berlino ove ha tra l’altro lavorato in progetti di inclusione con persone
diversamente abili. Vorrei ringraziare Cristian per la sua disponibilità di
rispondere alle nostre domande.
Milena Rampoldi, ProMosaik. Oggi vorrei presentarvi la mia intervista con il
mediatore culturale e poeta Cristian Luca Andrulli, italiano residente a
Berlino ove ha tra l’altro lavorato in progetti di inclusione con persone
diversamente abili. Vorrei ringraziare Cristian per la sua disponibilità di
rispondere alle nostre domande.
Abbiamo parlato di poesia, di arte e vita e del bisogno di un approccio inclusivo per le persone diversamente abili.
Che
cosa significa per te il lavoro come mediatore culturale?
cosa significa per te il lavoro come mediatore culturale?
Quando ho
iniziato a fare mediazione o meglio quando mi sono specializzato in questo
settore ho pensato all’idea che nella vita se non si è mediatori di se stessi
non si è in grado di risolvere i problemi quotidiani. Vorrei precisare che la
mediazione altro non è che il giusto compromesso tra le parti e tra un servizio
svolto a tre. Mediare e negoziare con gli assistiti e con le istituzioni per
cui il mediatore svolge una duplice funzione, “si trova nel mezzo di un
servizio”, mi piace definire così la mediazione. Molti quando si parla di “mediatore
culturale” non sanno cosa significhi “fare mediazione” e non riescono a
comprenderne il suo ruolo. Il mediatore culturale nasce come esigenza tra i
nativi di una popolazione, di una cultura che non riuscendo a capire la lingua
di un altro Paese, ipotizziamo la lingua italiana si rivolgono appunto a un
mediatore culturale – naturale integrato nella comunità in cui vive quindi si
preferisce un conterraneo per intenderci che può parlare anche italiano. I
migranti spesso si rivolgono a un mediatore – naturale perché non sanno come
inserirsi nel posto in cui vivono e soprattutto per servizi di natura
burocratica, legale e assistenziale se pensiamo ai clandestini in Italia. Col
tempo ci sono state varie scuole di pensiero che hanno portato a una definizione
più ampia di “mediazione – linguistico culturale – naturale” e di “mediazione
sociale – culturale”. Questo significa che il mediatore non è solo il
madrelingua che svolge un servizio di traduzione ma è anche la persona
specializzata nell’ambito interculturale di una popolazione o che ha fatto
studi antropologici e sociologici. Per questo motivo anche chi è italiano
madrelingua, se ipotizziamo il nostro servizio di mediazione in Italia per i
migranti provenienti dall’Africa o da altri posti nel mondo può svolgere la
funzione di mediatore culturale. Nel mio caso sono un mediatore culturale
italiano con una predilezione per la lingua e la cultura ispanica, ho studiato
spagnolo in Spagna a Madrid e mi sono poi specializzato in “mediazione dei
conflitti sociali e culturali”, non sono di madrelingua spagnolo o inglese ma
ho svolto la professione di mediatore in entrambe le lingue in Italia e
all’estero stabilendo proprio delle connessioni non esclusivamente linguistiche
ma soprattutto antropologiche, psicologiche e culturali. Spesso i migranti con
cui si lavora conoscono già la lingua di un altro Paese per cui non hanno
bisogno necessariamente di traduzioni, dipende sempre dal servizio per cui si viene chiamati a lavorare, mediare.
iniziato a fare mediazione o meglio quando mi sono specializzato in questo
settore ho pensato all’idea che nella vita se non si è mediatori di se stessi
non si è in grado di risolvere i problemi quotidiani. Vorrei precisare che la
mediazione altro non è che il giusto compromesso tra le parti e tra un servizio
svolto a tre. Mediare e negoziare con gli assistiti e con le istituzioni per
cui il mediatore svolge una duplice funzione, “si trova nel mezzo di un
servizio”, mi piace definire così la mediazione. Molti quando si parla di “mediatore
culturale” non sanno cosa significhi “fare mediazione” e non riescono a
comprenderne il suo ruolo. Il mediatore culturale nasce come esigenza tra i
nativi di una popolazione, di una cultura che non riuscendo a capire la lingua
di un altro Paese, ipotizziamo la lingua italiana si rivolgono appunto a un
mediatore culturale – naturale integrato nella comunità in cui vive quindi si
preferisce un conterraneo per intenderci che può parlare anche italiano. I
migranti spesso si rivolgono a un mediatore – naturale perché non sanno come
inserirsi nel posto in cui vivono e soprattutto per servizi di natura
burocratica, legale e assistenziale se pensiamo ai clandestini in Italia. Col
tempo ci sono state varie scuole di pensiero che hanno portato a una definizione
più ampia di “mediazione – linguistico culturale – naturale” e di “mediazione
sociale – culturale”. Questo significa che il mediatore non è solo il
madrelingua che svolge un servizio di traduzione ma è anche la persona
specializzata nell’ambito interculturale di una popolazione o che ha fatto
studi antropologici e sociologici. Per questo motivo anche chi è italiano
madrelingua, se ipotizziamo il nostro servizio di mediazione in Italia per i
migranti provenienti dall’Africa o da altri posti nel mondo può svolgere la
funzione di mediatore culturale. Nel mio caso sono un mediatore culturale
italiano con una predilezione per la lingua e la cultura ispanica, ho studiato
spagnolo in Spagna a Madrid e mi sono poi specializzato in “mediazione dei
conflitti sociali e culturali”, non sono di madrelingua spagnolo o inglese ma
ho svolto la professione di mediatore in entrambe le lingue in Italia e
all’estero stabilendo proprio delle connessioni non esclusivamente linguistiche
ma soprattutto antropologiche, psicologiche e culturali. Spesso i migranti con
cui si lavora conoscono già la lingua di un altro Paese per cui non hanno
bisogno necessariamente di traduzioni, dipende sempre dal servizio per cui si viene chiamati a lavorare, mediare.
Che cosa possiamo apprendere dalle persone
con la sindrome Down?
con la sindrome Down?
Quando ho
iniziato a sviluppare le mie conoscenze nei confronti di quest’aspetto della
vita che potrebbe coinvolgere tutti e quando ho cercato di capire meglio il
mondo legato alla trisomia 21, mi sono chiesto se effettivamente risultassero
essere diversamente abili come molti li considerano o se davvero non fossero
invece un potenziale creativo per chi oltre a capire la sindrome di Down
effettua ricerche sulla creatività di questi ragazzi. Ho scoperto intanto un
amore incondizionato che va oltre tutto e tutti. Sono affettuosi, liberi e si
legano molto ma sanno anche essere imprevedibili, sono dei perfetti artisti e
mi piace dire dopo alcune esperienze che molti hanno una creatività innata. Ho
scoperto diversi scrittori, poeti, ballerini, stilisti e amanti del teatro. Credo
che mediare e lavorare in ambito artistico possa sviluppare e favorire una
abilità che molti hanno dalla nascita. Nel mio servizio a un bambino con la
trisomia 21 ho scoperto che il suo punto di forza è la musica e la cucina,
dovevo provare a inventarmi storie per farmi voler bene da lui o dovevo proprio
nel vero senso della parola, “farlo volare”, giocavamo a volare insieme, ho
provato a spiegargli che noi possiamo volare con la fantasia e che possiamo
farlo sempre nella nostra vita anche quando ci dicono che le persone normali
non volano. Mi piace definire così la sindrome di Down perché probabilmente chi
si definisce normale non sa o non ha mai visto che la condizione di normalità è
un miraggio agli occhi di chi ti vuole in un certo modo. Nessuno sarà davvero
normale se non l’idea che gli individui ti impongono sul concetto di normalità
apparente.
iniziato a sviluppare le mie conoscenze nei confronti di quest’aspetto della
vita che potrebbe coinvolgere tutti e quando ho cercato di capire meglio il
mondo legato alla trisomia 21, mi sono chiesto se effettivamente risultassero
essere diversamente abili come molti li considerano o se davvero non fossero
invece un potenziale creativo per chi oltre a capire la sindrome di Down
effettua ricerche sulla creatività di questi ragazzi. Ho scoperto intanto un
amore incondizionato che va oltre tutto e tutti. Sono affettuosi, liberi e si
legano molto ma sanno anche essere imprevedibili, sono dei perfetti artisti e
mi piace dire dopo alcune esperienze che molti hanno una creatività innata. Ho
scoperto diversi scrittori, poeti, ballerini, stilisti e amanti del teatro. Credo
che mediare e lavorare in ambito artistico possa sviluppare e favorire una
abilità che molti hanno dalla nascita. Nel mio servizio a un bambino con la
trisomia 21 ho scoperto che il suo punto di forza è la musica e la cucina,
dovevo provare a inventarmi storie per farmi voler bene da lui o dovevo proprio
nel vero senso della parola, “farlo volare”, giocavamo a volare insieme, ho
provato a spiegargli che noi possiamo volare con la fantasia e che possiamo
farlo sempre nella nostra vita anche quando ci dicono che le persone normali
non volano. Mi piace definire così la sindrome di Down perché probabilmente chi
si definisce normale non sa o non ha mai visto che la condizione di normalità è
un miraggio agli occhi di chi ti vuole in un certo modo. Nessuno sarà davvero
normale se non l’idea che gli individui ti impongono sul concetto di normalità
apparente.
Che cosa significa per te una vera
inclusione delle persone diversamente abili?
inclusione delle persone diversamente abili?
Da mediatore
culturale e poeta parto sempre dal presupposto che “inclusione” non è solo la
sfera linguistica o riuscire a essere bravi a scuola in un posto che non si
conosce o che non si è abituati a definire. La vera inclusione parte da
semplici gesti quotidiani e dal buon funzionamento dei servizi che sono
indispensabili in alcuni casi. Dalle mie esperienze ho capito che bisogna
entrare in punta di piedi in un mondo che ci è ignoto, un mondo che ha dei
sentimenti e che non può essere lasciato al caso, per cui credo che la vera
inclusione sia proprio lasciare del tempo a chi cerca ogni giorno di combattere
una sua condizione e di riuscire in maniera ludico – creativa ad approcciarsi
ai singoli. Non ho mai lavorato in altri contesti legati alla disabilità mi
sono focalizzato solo sull’aspetto legato alla sindrome di Down. Credo che in
altri contesti legati alla disabilità potrei avere delle difficoltà ma penso
pure che il miglior modo per avvicinarsi sia la creatività, cercare di essere
creativi, “volare alto con la fantasia
anche quando ci dicono che gli esseri umani non volano”. Solo chi davvero
riesce ad andare oltre un disagio, una condizione può essere all’altezza di una
vera inclusione in tutti gli ambiti della vita, ma è un processo non è di certo
facile e non avviene nell’immediato, a volte ci vuole tempo, altre volte ci vogliono
anni e altre volte ancora non succede, lo stesso vale per la mediazione che in
alcuni casi non si riesce a portare a termine. Un caso di mediazione non sempre
si riesce a concludere nel migliore dei modi perché non sussiste una diagnosi
precisa, “bisogna solo pensare di aver
raggiunto degli obiettivi”.
culturale e poeta parto sempre dal presupposto che “inclusione” non è solo la
sfera linguistica o riuscire a essere bravi a scuola in un posto che non si
conosce o che non si è abituati a definire. La vera inclusione parte da
semplici gesti quotidiani e dal buon funzionamento dei servizi che sono
indispensabili in alcuni casi. Dalle mie esperienze ho capito che bisogna
entrare in punta di piedi in un mondo che ci è ignoto, un mondo che ha dei
sentimenti e che non può essere lasciato al caso, per cui credo che la vera
inclusione sia proprio lasciare del tempo a chi cerca ogni giorno di combattere
una sua condizione e di riuscire in maniera ludico – creativa ad approcciarsi
ai singoli. Non ho mai lavorato in altri contesti legati alla disabilità mi
sono focalizzato solo sull’aspetto legato alla sindrome di Down. Credo che in
altri contesti legati alla disabilità potrei avere delle difficoltà ma penso
pure che il miglior modo per avvicinarsi sia la creatività, cercare di essere
creativi, “volare alto con la fantasia
anche quando ci dicono che gli esseri umani non volano”. Solo chi davvero
riesce ad andare oltre un disagio, una condizione può essere all’altezza di una
vera inclusione in tutti gli ambiti della vita, ma è un processo non è di certo
facile e non avviene nell’immediato, a volte ci vuole tempo, altre volte ci vogliono
anni e altre volte ancora non succede, lo stesso vale per la mediazione che in
alcuni casi non si riesce a portare a termine. Un caso di mediazione non sempre
si riesce a concludere nel migliore dei modi perché non sussiste una diagnosi
precisa, “bisogna solo pensare di aver
raggiunto degli obiettivi”.
La poesia che funzione svolge nella tua
vita?
vita?
Da premettere
che per anni non riuscivo a capire l’importanza di scrivere versi, scrivere
parole e poi trovare la giusta melodia, col tempo mi sono appassionato e ho
iniziato a fare poesia urbana, il mio stile è urbano, prendo spunto dal
quotidiano e dalle città che vivo. Sin da piccolo avevo delle velleità artistiche, strimpellavo il
pianoforte ma soprattutto cantavo in ogni luogo pubblico. “A volte cammino di
notte da solo pensando ai tanti modi di sentirci noi stessi in un luogo, si
proprio così, noi stessi in un fluttuare di pensieri e parole che si incrociano
in diversi quartieri e al bivio di diverse strade nella nostra memoria”. Ho poi
letto diversi autori, poeti classici francesi soprattutto da Verlaine, Rimbaud
a Baudelaire per poi arrivare alla poesia americana e alla beat – generation
che ha influenzato il mio modo di scrivere. Dopo aver letto un libro italiano, attuale
di Donatella Bisutti ho compreso che la poesia ha un suo perché. Il titolo di
questo libro è: “La poesia salva la vita”
– Feltrinelli Editore. La poesia riesce a colmare alcuni vuoti, non è
necessario essere laureati per scrivere poesie o non bisogna pensare che chi fa
poesia ha una preparazione diversa dagli altri, ognuno potrebbe a modo suo
riuscire a scrivere poesie, col tempo si diventa specialisti se davvero ci si
rende conto di avere del talento e si comprende che non si può vivere senza
poesia. Mi verrebbe da dire che “non
posso evitare di fare poesia”, così come non potevo fare a meno della mia
voce molto tempo fa. Il canto e la poesia credo siano due espressioni
artistiche di cui non ci si può separare facilmente. Per adesso mi limito a
fare poesia con la consapevolezza che un giorno riprenderò a cantare. La poesia
mi ha salvato la vita così come la
musica e non credo ci sia una spiegazione reale nel capire cosa ci piace o
meno, arriva tutto o si insinua piano piano nelle nostre vite, l’arte è proprio
questo, se l’apprezzi impari anche ad amarla e a rispettarla economicamente.
che per anni non riuscivo a capire l’importanza di scrivere versi, scrivere
parole e poi trovare la giusta melodia, col tempo mi sono appassionato e ho
iniziato a fare poesia urbana, il mio stile è urbano, prendo spunto dal
quotidiano e dalle città che vivo. Sin da piccolo avevo delle velleità artistiche, strimpellavo il
pianoforte ma soprattutto cantavo in ogni luogo pubblico. “A volte cammino di
notte da solo pensando ai tanti modi di sentirci noi stessi in un luogo, si
proprio così, noi stessi in un fluttuare di pensieri e parole che si incrociano
in diversi quartieri e al bivio di diverse strade nella nostra memoria”. Ho poi
letto diversi autori, poeti classici francesi soprattutto da Verlaine, Rimbaud
a Baudelaire per poi arrivare alla poesia americana e alla beat – generation
che ha influenzato il mio modo di scrivere. Dopo aver letto un libro italiano, attuale
di Donatella Bisutti ho compreso che la poesia ha un suo perché. Il titolo di
questo libro è: “La poesia salva la vita”
– Feltrinelli Editore. La poesia riesce a colmare alcuni vuoti, non è
necessario essere laureati per scrivere poesie o non bisogna pensare che chi fa
poesia ha una preparazione diversa dagli altri, ognuno potrebbe a modo suo
riuscire a scrivere poesie, col tempo si diventa specialisti se davvero ci si
rende conto di avere del talento e si comprende che non si può vivere senza
poesia. Mi verrebbe da dire che “non
posso evitare di fare poesia”, così come non potevo fare a meno della mia
voce molto tempo fa. Il canto e la poesia credo siano due espressioni
artistiche di cui non ci si può separare facilmente. Per adesso mi limito a
fare poesia con la consapevolezza che un giorno riprenderò a cantare. La poesia
mi ha salvato la vita così come la
musica e non credo ci sia una spiegazione reale nel capire cosa ci piace o
meno, arriva tutto o si insinua piano piano nelle nostre vite, l’arte è proprio
questo, se l’apprezzi impari anche ad amarla e a rispettarla economicamente.
Come favorire il dialogo tra le culture con
la poesia?
la poesia?
Da quando
faccio poesia mi sono sempre detto che l’obiettivo più difficile per un poeta
sarebbe riuscire a fare poesia per unire il mondo, pensare di arrivare e
soprattutto apprendere nuovi linguaggi poetici sparsi per il mondo. Il dialogo
tra le culture diverse avviene spesso lasciando dei messaggi che uniscono la
maggior parte degli artisti, sono messaggi di pace e un dialogo di poesia tra
le varie culture dovrebbe proprio stabilire questi punti in comune. Per me
denunciare quando scrivo è una catarsi che non ha dei rivali, credo invece che una consapevolezza da parte di chi scrive senza
blocchi, potrebbe raggiungere un linguaggio poetico oltreconfine e portare a
una contaminazione culturale.
faccio poesia mi sono sempre detto che l’obiettivo più difficile per un poeta
sarebbe riuscire a fare poesia per unire il mondo, pensare di arrivare e
soprattutto apprendere nuovi linguaggi poetici sparsi per il mondo. Il dialogo
tra le culture diverse avviene spesso lasciando dei messaggi che uniscono la
maggior parte degli artisti, sono messaggi di pace e un dialogo di poesia tra
le varie culture dovrebbe proprio stabilire questi punti in comune. Per me
denunciare quando scrivo è una catarsi che non ha dei rivali, credo invece che una consapevolezza da parte di chi scrive senza
blocchi, potrebbe raggiungere un linguaggio poetico oltreconfine e portare a
una contaminazione culturale.
Perché sono importanti le traduzioni delle
poesie anche se la poesia sembra intraducibile?
poesie anche se la poesia sembra intraducibile?
La poesia non
può essere sempre tradotta, può invece
essere tradotta se il fine è arrivare al resto del mondo. Quello che mi
preme dire è che se esistono dei “poeti
traduttori”, si potrebbe creare il giusto compromesso con chi fa solo
traduzioni e chi svolge l’attività di poeta. Come in tutti gli ambiti chi
diventa uno specialista di poesia, può diventare anche un bravo traduttore di
poesie. Il linguaggio poetico non si limita a una semplice traduzione, non è la
semplice traduzione letterale ma è una interpretazione di un linguaggio spesso
difficile da decodificare e chi non ha mai scritto poesie sicuramente non può
entrare davvero nel cuore di un poeta. Ovvio che nulla è impossibile ma una
buona traduzione di poesie altro non è che una “fusion” visivo, cognitiva,
melodica e di immagini di un testo scritto non tradotto. Una volta tradotto il
testo non sappiamo se si riuscirà a capire quanto in lingua originale. Credo
cambi in alcuni casi la melodia dei versi, potrebbe essere un modo sperimentale
di fare poesia. In futuro mi piacerebbe tradurre le mie opere e credo pure che
i linguaggi possano essere diversi ma non incomprensibili se l’obiettivo comune
è la diffusione.
può essere sempre tradotta, può invece
essere tradotta se il fine è arrivare al resto del mondo. Quello che mi
preme dire è che se esistono dei “poeti
traduttori”, si potrebbe creare il giusto compromesso con chi fa solo
traduzioni e chi svolge l’attività di poeta. Come in tutti gli ambiti chi
diventa uno specialista di poesia, può diventare anche un bravo traduttore di
poesie. Il linguaggio poetico non si limita a una semplice traduzione, non è la
semplice traduzione letterale ma è una interpretazione di un linguaggio spesso
difficile da decodificare e chi non ha mai scritto poesie sicuramente non può
entrare davvero nel cuore di un poeta. Ovvio che nulla è impossibile ma una
buona traduzione di poesie altro non è che una “fusion” visivo, cognitiva,
melodica e di immagini di un testo scritto non tradotto. Una volta tradotto il
testo non sappiamo se si riuscirà a capire quanto in lingua originale. Credo
cambi in alcuni casi la melodia dei versi, potrebbe essere un modo sperimentale
di fare poesia. In futuro mi piacerebbe tradurre le mie opere e credo pure che
i linguaggi possano essere diversi ma non incomprensibili se l’obiettivo comune
è la diffusione.