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Bruxelles, così la città si è abituata al terrorismo

21 Giugno 2017

L’intervento dei militari ha evitato una strage. Eppure a pochi km dalla zona rossa la vita continua come sempre. Segno che la Capitale d’Europa ormai si è adattata alla tensione.

Nugoli di persone con le valigie in mano, costrette a rinunciare a un viaggio, a un appuntamento di lavoro, i più sfortunati alla partenza per le vacanze. Marciano in gruppi con trolley al seguito spiegando con l’aria di chi ha avuto un disguido da sciopero: «La stazione è chiusa, c’è stato un attentato, non sappiamo niente di più». Poi, nella strada blindata a qualche centinaio di metri dal luogo dell’attacco, si trovano i parenti di chi nei corridoi della Gare Centrale ha rischiato di rimanere ferito o ucciso. «Mio figlio era lì, vicino all’esplosione. Sta bene, sono stato in contatto con lui: ora è in un albergo con la polizia», racconta un uomo sulla sessantina originario di Gand, in paziente attesa.

UNA CITTÀ ORMAI ABITUATA AL TERRORE. Pochi metri e si arriva alla zona rossa, un’area di pochi chilometri quadrati attorno alla stazione dove, in uno dei corridoi interrati che portano ai binari, Bruxelles ha rischiato un’altra strage: con il grido «Allah Akbar», una valigia esplosa che fortunamente non ha provocato alcun ferito e con un attentatore subito neutralizzato da uno dei militari presenti sul posto. La scena è dominata da uomini con il mitra, posti di blocco, sirene lampeggianti. Ma in questi mesi qualcosa sembra essere cambiato. E non solo nel risultato: l’attentato sventato, nessuna vittima, il terrorista ucciso. Bruxelles, nonostante la paura, sembra essere preparata, abituata.