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No Tap, la lunga storia dell’opposizione al gasdotto pugliese

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23 Aprile 2017

Non solo gli ulivi da difendere. Dal 2011 presìdi, battaglie, tribunali, 18 mila pagine di progetto scandagliate. Genesi e ragioni del Comitato anti-pipeline raccontate dal suo portavoce Gianluca Maggiore.

Le nostre ragioni vanno oltre gli ulivi da difendere. Per noi il Tap è un’opera inutile e lo diciamo da un punto di vista tecnico: anche se li espiantassero, la fattibilità del progetto è ancora tutta da dimostrare». Gianluca Maggiore è il portavoce del Comitato No Tap. Di formazione perito meccanico, dal 2011 si è studiato oltre 18 mila pagine di documenti sulla Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto di 878 chilometri che dalla Grecia dovrebbe raggiungere la spiaggia di San Foca, in Puglia, nel 2019.

«NON CI SIAMO SVEGLIATI ORA». Almeno questo è ciò che desiderano la Commissione europea, il governo e la società Tap Ag, con sede a Baar, in Svizzera. Al contrario, Maggiore, insieme con i sindaci salentini e il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, pensa ancora di poter fermare le macchine. Ormai, dice, migliaia di persone gravitano intorno al movimento No Tap. «Quello che più mi infastidisce», racconta, «è leggere articoli che ci dipingono come gente che si è svegliata adesso, come se fossimo soli. Questa non è solo la battaglia del Comitato No Tap, ma della popolazione». Secondo il portavoce dei contrari al gasdotto, l’opera non è stata pensata per funzionare.