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Niente più Farc, molta più coca

23 Aprile 2017

Si pensava che la pace con i ribelli, che controllavano il 70% del mercato, avrebbe ridotto i traffici. Invece altre bande sono nate e la produzione ha toccato un nuovo record. Per almeno tre ragioni.

Quella non è roba da contadini, quella è produzione industriale». Stringe il mitra americano, l’agente. La sua voce si perde nel frastuono dell’elicottero della polizia, anch’esso gentile dono dei gringos. Ma quel che indica la sua mano parla da sé: chiazze verdi lussureggianti quasi senza soluzione di continuità spiccano nella fitta vegetazione sotto di noi. Chiazze enormi, le sorvoliamo per chilometri, decine di ettari: coltivazioni di coca.

LA CAPITALE DELLA COCAINA. Eccolo, il fronte più caldo della guerra al narcotraffico. Tumaco, il municipio che grazie al vicino confine con l’Ecuador e all’affaccio sul Pacifico è quello con la più alta presenza di coca della Colombia. Oltre 19 mila ettari, quasi quanti ne ha la Bolivia intera. E questa è una guerra quanto mai urgente. Con buona pace degli Usa, che in Colombia hanno speso 10 miliardi di dollari contro il traffico della polvere bianca, le stime di Washington a marzo certificavano che nel Paese latino nel 2016 c’erano 188 mila ettari di coca (+18% dal 2015) e una produzione di cocaina stimata in 700 tonnellate. Un record storico. Le cifre Onu, sempre di marzo, sono ben inferiori: gli ettari di coca sarebbero passati da 69 mila a 96 mila in due anni. Sia come sia, entrambe le stime indicano un aumento preoccupante. E la Colombia resta il primo produttore ed esportatore di cocaina al mondo.