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L’utopia di una Siria senza armi chimiche

10 Aprile 2017

Sono reperibili sul mercato nero e dagli alleati. E diversi materiali industriali possono diventare gas tossici. Gismondo, direttrice del laboratorio italiano contro il bioterrorismo: «Attacco in Europa? Ipotesi concreta».


Se l’elevato numero dei morti (dai quasi 300 agli oltre 1.700, secondo le stime delle diverse fonti) e l’uso dell’arma di distruzione di massa del gas sarin sono tra le poche certezze del primo e devastante chimico in Siria, a Ghouta, periferia di Damasco in mano ai ribelli, del 21 agosto 2013, sul secondo grande attacco del 4 aprile 2017 che ha fatto 74 vittime nel governatorato di Idlib, roccaforte degli insorti a nord di Aleppo, le certezze sono davvero pochissime.

DISARMO CHIMICO FALLITO. Al di là di una, molto grave: il disarmo chimico svolto dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), sotto la supervisione dell’Onu e concordato tra Russia, Stati Uniti e il regime siriano di Bashar al Assad, è fallito. Decine di attacchi al cloro, dopo la tragedia di Ghouta, sono stati compiuti da allora in Siria. A Idlib dalle prime testimonianze, anche mediche e super partes, si ipotizzano effetti minori – seppur massicci – di quelli di quasi 4 anni fa: il bombardamento chimico potrebbe essere stato un mix tra il sarin e il più leggero cloro.